Come Trump & C. stanno smantellando le reti pro-clima e ambiente

Le azioni più recenti dell’amministrazione Trump stanno rivoluzionando il panorama delle politiche ambientali e climatiche negli Stati Uniti. Tagli ai finanziamenti internazionali e pressioni su organismi scientifici federali sono alcuni dei passi intrapresi per realizzare la visione del presidente Usa, che sembra poter contare anche sul coinvolgimento volontario di un colosso tecnologico come Amazon. Queste […] The post Come Trump & C. stanno smantellando le reti pro-clima e ambiente first appeared on QualEnergia.it.

Feb 7, 2025 - 13:09
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Come Trump & C. stanno smantellando le reti pro-clima e ambiente

Le azioni più recenti dell’amministrazione Trump stanno rivoluzionando il panorama delle politiche ambientali e climatiche negli Stati Uniti.

Tagli ai finanziamenti internazionali e pressioni su organismi scientifici federali sono alcuni dei passi intrapresi per realizzare la visione del presidente Usa, che sembra poter contare anche sul coinvolgimento volontario di un colosso tecnologico come Amazon.

Queste iniziative stanno avendo un impatto concreto sia sulle organizzazioni impegnate nella lotta al cambiamento climatico, sia sulla diffusione di informazioni cruciali per la ricerca e la salvaguardia dell’ambiente, nonché sulle sorti dell’Ucraina nello scacchiere geopolitico internazionale.

Amazon e la Science Based Targets initiative

Una prima vicenda che riflette l’attuale raffreddamento dei rapporti fra società tecnologiche e movimento pro-clima riguarda Jeff Bezos, fondatore di Amazon, e la sua organizzazione filantropica per il contrasto al riscaldamento globale, il Bezos Earth Fund.

Secondo indiscrezioni del Financial Times, il fondo da 10 miliardi di dollari di Bezos ha deciso di interrompere il sostegno allo Science Based Targets initiative (SBTi), un’organizzazione che stabilisce standard di riferimento globali per le aziende che puntano ad azzerare le proprie emissioni, il cosiddetto obiettivo “net zero”.

Fonti vicine al Bezos Earth Fund hanno riferito che lo stop ai finanziamenti sarebbe legato alla necessità di “non irritare” il presidente Trump, che ha definito il cambiamento climatico una “bufala”.

“Una volta un miliardario tech ha iniziato a finanziare regolarmente iniziative sul clima, ma ora non riesco a immaginare che qualcuno, con qualcosa da perdere, voglia davvero esporsi sul cambiamento climatico negli Stati Uniti”, ha detto al Financial Times una fonte del quotidiano britannico, che ha chiesto l’anonimato.

Il taglio ai fondi per il clima e il ritiro dal Green Climate Fund

Sul fronte della partecipazione Usa agli impegni internazionali per la lotta al cambiamento climatico, oltre ad abbondonare l’Accordo di Parigi, negli ultimi giorni l’amministrazione Trump ha compiuto un secondo drastico passo: la cancellazione di 4 miliardi di dollari di finanziamenti precedentemente destinati al Green Climate Fund (Gcf) delle Nazioni Unite.

“Il governo degli Stati Uniti ritira tutte le promesse di finanziamento al Green Climate Fund”, ha detto il segretario di Stato Marco Rubio in una nota.

Il Gcf ha l’obiettivo di aiutare oltre 100 Paesi in via di sviluppo ad affrontare gli effetti del riscaldamento globale e promuovere progetti di transizione energetica pulita. “La capacità di supportare le ambizioni climatiche delle nazioni in via di sviluppo sarà inevitabilmente ridotta”, ha commentato l’organizzazione.

La conseguenza principale di questo dietrofront su promesse già fatte sarà, dunque, l’impossibilità, per molti Paesi, di accedere ai fondi con cui avrebbero potuto realizzare interventi fondamentali per l’adattamento ai cambiamenti climatici.

Il ritiro totale dai contributi statunitensi per il Gcf non è un fatto inedito nelle politiche di Trump, ma quest’ultima decisione va un passo oltre rispetto al passato. Già durante la sua precedente amministrazione, infatti, il presidente Usa aveva interrotto i versamenti, pur senza procedere all’annullamento formale di quelle promesse di finanziamento. Ora, invece, la scelta è diventata ufficiale, lasciando un vuoto di 4 miliardi di dollari sugli impegni totali.

L’intervento del Doge sulla Noaa

Un altro segnale dell’approccio negazionista sulla crisi climatica dell’amministrazione Trump è l’azione del “Department of Government Efficiency” (Doge), incaricato di ridurre i costi nel settore pubblico.

Secondo indiscrezioni di CBS News, il Doge, diretto dal miliardario Elon Musk in qualità di “special government employee” (dipendente governativo speciale), ha iniziato un’ispezione interna alla National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), dove si prospetta una riduzione del 50% del personale e tagli di bilancio del 30%, hanno detto all’emittente americana delle fonti interne (Dazi Usa del 920% sugli anodi cinesi? Rischio caro-batterie).

La Noaa è un’agenzia scientifica sotto il cappello del Dipartimento del Commercio Usa che si occupa di previsioni meteorologiche, monitoraggio delle condizioni oceaniche e atmosferiche, tracciamento dei mari, esplorazioni in acque profonde, pesca e la protezione dei mammiferi marini e delle specie in pericolo nella zona economica esclusiva degli Stati Uniti.

Alcuni esponenti del Partito Democratico hanno espresso forte preoccupazione. “Abbiamo sentito che i collaboratori di Musk stanno prendendo di mira la Noaa, accedendo ai sistemi [informatici] e bloccando i dipendenti”, ha scritto in un post l’ufficio del senatore democratico Chris Van Hollen, che rappresenta il Maryland.

“Erano lì e stavano esaminando i sistemi informatici… Non fanno domande sostanziali su ciò che fa la Noaa e sull’importanza del suo ruolo. Non si tratta di una revisione per capire l’efficienza”, ha denunciato a sua volta Andrew Rosenberg, ex vicedirettore del Noaa, parlando alla CBS del personale del Doge.

Secondo quanto riferito da ex e attuali dipendenti, i possibili tagli di organico e di bilancio potrebbero mettere a rischio la sicurezza pubblica e la capacità dell’agenzia di monitorare il cambiamento climatico.

Il colpo di spugna sui riferimenti al cambiamento climatico

Un ulteriore e significativo atto che evidenzia la linea negazionista dell’amministrazione Trump riguarda il Dipartimento dell’Agricoltura Usa (Usda).

La settimana scorsa, i dipendenti dell’Usda hanno ricevuto l’ordine di cancellare le pagine che parlano di cambiamenti climatici nei siti web dell’agenzia e di fornire maggiore documentazione sui riferimenti ai cambiamenti climatici per un’ulteriore revisione, secondo un’e-mail interna all’Usda, ottenuta dalla testata giornalistica Politico.

Nei giorni successivi, le pagine del sito web del Servizio forestale degli Stati Uniti relative alle risorse chiave, alla ricerca e agli strumenti di adattamento, comprese quelle che forniscono informazioni vitali e valutazioni di vulnerabilità per gli incendi selvatici, si sono svuotate, mostrando un messaggio di errore o una sola frase: “You are not authorized to access this page” (Non sei autorizzato ad accedere a questa pagina).

Alcuni siti, come i “Climate Hubs” dell’Usda, sono ancora online, ma molte risorse, come il “Climate Change Resource Center” del Servizio Forestale, il “Climate Action Tracker” e la “National Roadmap for Responding to Climate Change”, risultano non accessibili.

Dalle comunicazioni interne visionate da Politico emerge che i contenuti non devono essere cancellati definitivamente, bensì archiviati e resi non più consultabili dal pubblico. Per il momento, i link alle pagine restano quindi tecnicamente attivi, ma non è chiaro quando o se il pubblico potrà nuovamente accedere alle informazioni che prima contenevano.

Energia, Usaid e sfera geopolitica

Le politiche restrittive dell’amministrazione Trump non stanno incidendo negativamente solo sugli obiettivi climatici e ambientali. Stanno emergendo infatti possibili forti ripercussioni anche su un fronte geopolitico di primaria importanza come la guerra in Ucraina, tramite il blocco dei finanziamenti alla Usaid.

L’Usaid è un’agenzia del governo Usa, responsabile principalmente della gestione degli aiuti esteri civili e dell’assistenza allo sviluppo. Negli ultimi anni, l’Usaid è stata impegnata anche a sostenere l’indipendenza energetica dell’Ucraina e la ricostruzione delle infrastrutture danneggiate dagli attacchi russi.

La sospensione dei fondi Usaid all’Ucraina minaccia di rallentare la fornitura di trasformatori, generatori e componenti essenziali per ripristinare la rete elettrica del Paese.

Senza l’appoggio e il coordinamento della principale agenzia americana per lo sviluppo, materiali di vitale importanza restano spesso bloccati, aumentando il rischio di nuovi blackout. Tale situazione mette a rischio la resilienza del Paese e ne indebolisce la posizione negoziale nelle trattative che presumibilmente avverranno con Mosca nei prossimi mesi.

Al di là dell’emergenza immediata e dell’indebolimento della posizione negoziale ucraina nel medio termine, il taglio ai progetti di sostegno a lungo termine, come la transizione dai vecchi impianti a carbone sovietici a fonti più pulite e diversificate, riflette la stessa linea negazionista su cui si fondano le politiche interne di Trump verso l’ambiente e il clima.

La mancanza di una prospettiva stabile di finanziamento Usa getta un’ombra anche sulle opportunità per le imprese internazionali, comprese quelle nel settore del gas e delle rinnovabili, frenando gli investimenti e indebolendo ulteriormente Kiev sul piano strategico.

Resta da vedere come risponderanno la società civile americana, i legislatori locali Usa, i politici europei e gli investitori internazionali ad azioni dell’amministrazione Trump che, seppur in modo diverso, toccano tutti in ambiti molto delicati.The post Come Trump & C. stanno smantellando le reti pro-clima e ambiente first appeared on QualEnergia.it.