Fotovoltaico domestico e aumento dei consumi: quando e come potenziare l’impianto
Il fotovoltaico negli ultimi anni si vende come mai prima, anche per l’aumento dei costi dell’energia, per il crollo dei prezzi dei pannelli e, per alcuni, a causa delle preoccupazioni climatiche. C’è però un’altra non trascurabile e meno visibile motivazione: molte famiglie che avevano installato un impianto FV negli anni scorsi, magari con gli incentivi […] The post Fotovoltaico domestico e aumento dei consumi: quando e come potenziare l’impianto first appeared on QualEnergia.it.
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Il fotovoltaico negli ultimi anni si vende come mai prima, anche per l’aumento dei costi dell’energia, per il crollo dei prezzi dei pannelli e, per alcuni, a causa delle preoccupazioni climatiche.
C’è però un’altra non trascurabile e meno visibile motivazione: molte famiglie che avevano installato un impianto FV negli anni scorsi, magari con gli incentivi del Conto energia, stanno sostituendo i pannelli o ne aumentano la potenza, o fanno entrambe le cose insieme.
Potrebbe darsi che i vecchi moduli abbiano perso parte del loro rendimento oppure ci si è accorti che usando pompa di calore, piano a induzione e/o l’auto elettrica, serve avere molta più potenza solare sul tetto.
Per capire come procedere in questi casi, e quali errori evitare, abbiamo chiesto una consulenza a Niccolò Lucherini, dirigente della ND Consulting, installatore di sistemi ad energia rinnovabile in provincia di Arezzo con un’esperienza di oltre 6000 impianti progettati, realizzati e manutenuti.
Lucherini, cominciamo dal caso degli impianti incentivati in Conto Energia, i più vecchi dei quali stanno per compiere i loro 20 anni di incentivazione.
Sì, il primo conto energia è del 2005-2007, quindi da quest’anno i primi impianti incentivati perderanno il sovrapprezzo statale all’energia prodotta, e da qui ai prossimi 8 anni, faranno lo stesso i quasi 18 GW installati fra 2007 e 2013. Via via che scadranno i 20 anni di incentivazione i proprietari dovranno decidere se continuare a usare i vecchi pannelli fino alla loro “morte naturale” oppure sostituirli con altri nuovi, più efficienti, anche aumentandone la potenza originaria.
Diciamo che l’impianto domestico è ancora incentivato… come si può procedere al revamping e all’aumento di potenza?
Se ci sono ancora gli incentivi, l’importante è che la sostituzione con nuovi pannelli non superi del 5% la potenza originaria. Inoltre, attenzione: i moduli da usare per mantenere gli incentivi devono avere tutta una serie di specifiche sulla loro qualità e modalità di produzione, che non hanno tutti quelli in vendita. I moduli per impianti del Quarto Conto Energia devono anche essere prodotti in Europa se vi vuole mantenere l’extraincentivo del 10%. Oltre al revamping si può anche procedere a un aumento di potenza, non incentivata, dell’impianto differenziando la parte oltre quella incentivata con un collegamento alla rete che bypassi il vecchio contatore di misura della produzione. Questo è possibile anche perché i nuovi moduli, a parità di superficie, hanno ormai una potenza di almeno 400-450 watt, contro i circa 200-250 watt dei più vecchi. Quindi la loro sostituzione libera più spazio, che si può utilizzare per fare l’ampliamento.
E quando conviene fare il revamping?
Molti lo fanno se i pannelli hanno perso molti di più dell’1% annuo di produzione considerato normale. Ma lo si può fare anche indipendentemente da questo aspetto. Magari per approfittare dei prezzi molto bassi che ha oggi il fotovoltaico, e che non saranno garantiti in futuro. I grossisti mi hanno già avvertito di un prossimo aumento di circa il 10%. In pratica, chi procede al revamping prima della fine degli incentivi usa quelli che restano per ammortizzare il nuovo impianto.
E come si fa a capire quanta produttività ha perso il proprio impianto, considerando che il meteo fa variare molto la produzione da un anno all’altro?
Il sistema più semplice è vedere il rapporto annuale Gse che specifica, regione per regione, quanti kWh in media abbia prodotto ogni kW di FV quell’anno. Si usa poi la produzione dello stesso anno del proprio impianto, e la si divide per la sua potenza, valutando se il risultato sia in linea con la media regionale. Attenzione, però: prima di buttare via tutto, verificare che non sia una causa esterna, come l’ombra di un albero cresciuto troppo, ad aver fatto calare la produzione. E non va dimenticato che ogni 10 anni circa va comunque cambiato l’inverter.
Se l’impianto va sostituito, un problema è quello dello smaltimento dei vecchi pannelli?
Per i nuovi sono compresi nel prezzo d’acquisto i diritti RAE per lo smaltimento, e si considerano normali rifiuti elettronici. I vecchi pannelli, invece, spesso non hanno i diritti RAE coperti. Per fortuna il Gse sta considerando una parte degli incentivi dovuti ai proprietari di vecchi impianti, per assicurare uno smaltimento corretto anche per loro. Così anche i vecchi moduli possono essere portati presso centri specializzati nel loro riciclo, oppure anche nelle classiche isole ecologiche. Ma attenzione: fatevi sempre rilasciare una ricevuta che certifichi il loro corretto smaltimento, con la marca e i loro numeri seriale indicati. Servirà per farsi autorizzare il revamping e gli ampliamenti di potenza dal Gse. Altrimenti verrà considerato uno smaltimento illegale, con le relative conseguenze. C’è infine un’altra via legale di smaltimento: conferire i pannelli, se ancora in buone condizioni, a un esportatore che li compra usati per rivenderli in altri paesi, dove avranno una seconda vita. Si trovano diverse offerte su internet.
Ma si può “chiudere” un impianto senza dire niente a nessuno?
Non ci sono molte ragioni per farlo, e non mi è ancora capitato di dover fare una simile pratica. Comunque, anche la dismissione va segnalata ai soliti enti regolatori, perché, anche se gli incentivi sono finiti, restano in piedi altre convenzioni, come il Ritiro Dedicato (RID). In teoria, però, si può lasciare spento l’impianto quanto si vuole, purché resti dov’è.
A proposito questioni legali, pare che ci sia chi fa questi interventi di revamping e ampliamenti, evitando di avvertire Gse, Arera ed Enel…
Sì, mi è capitato che dei clienti mi abbiano chiesto di fare installazioni in nero, soprattutto per evitare di pagare i 600-1000 euro per le pratiche. Mi sono sempre rifiutato, perché è un’idea pessima: che senso ha risparmiare qualche centinaio di euro su impianti che ne costano migliaia, rischiando denunce penali? Il rischio è più basso è se si fa un revamping “clandestino” senza superare la potenza originaria. Ma non è nullo, visto che poi improvvisamente il vecchio impianto produce più della media precedente, cosa rilevabile dalle misure a distanza. Se si supera la potenza certificata per l’impianto il rischio aumenta di molto. Mettiamo infatti che sulla linea ci sia un disservizio dovuto a uno sbalzo di potenza, ed Enel si metta a indagare su chi è collegato a quella linea: se scopre che Tizio, che doveva immettere 3 kW, ogni tanto ne immette 5 o 6, può passare dei guai. E in ogni caso si configura anche una frode allo Stato per immissione di elettricità “di contrabbando”, non prevista e non regolata. Insomma, non ne vale proprio la pena.
E veniamo a chi ha già un impianto, con o senza incentivi, e vuole estenderlo per stare dietro all’aumento dei consumi elettrici.
In genere diamo ai nostri potenziali clienti una guida, “Fotovoltaico senza illusioni”, che li invita a non pretendere l’impossibile da questi impianti, ma effettuare con noi un calcolo realistico di cosa si possa ottenere da essi e a quale costo. Quando realizziamo o ampliamo un impianto valutiamo sempre i consumi annuali e quelli futuri previsti dal cliente. Poi, anche considerando quanto voglia spendere, analizziamo come coprire al massimo quei consumi con l’autoconsumo: in certi casi siamo arrivati a oltre il 90%, con l’uso di una batteria, ma anche invitando il cliente a spostare certi consumi a quando il FV produce.
E ottenete quelle elevate coperture mettendo kW sul tetto e kWh di batterie?
No. A parte che un impianto domestico non può superare i 20 kWp e oltre gli 11 kW richiede un dispositivo di protezione separato dall’inverter. Esagerare con potenza e capacità sarebbero uno spreco di denaro, non recuperabile con i risparmi. E forse non eviterebbe neanche di comprare elettricità dalla rete in alcuni periodi invernali. Se il sole non c’è non c’è. Al contrario d’estate ci si ritroverebbe con una immissione esagerata di energia in rete, scarsamente remunerata. Bisogna, come dicevo, calibrare bene la potenza dell’impianto, e la capacità dell’eventuale batteria, con l’andamento annuale di produzione e consumi, per evitare di buttar via soldi e incorrere in delusioni. In genere montiamo una potenza FV già adeguata per i consumi futuri previsti, così da non dover rifare i costosi lavori sul tetto, mentre per la batteria, che è l’elemento più caro, si procede un modulo alla volta, valutando via via se convenga aggiungerne o meno un altro.
Non si potrebbe integrare il FV con un piccolo generatore eolico?
Sarebbe un’ottima idea, in teoria, se si abitasse in una zona ventosa: vento e sole si integrano piuttosto bene. Ma dico “in teoria”, perché purtroppo non ci sono produttori Tier1 per il micro eolico, cioè aziende di grandi dimensioni, con solidità finanziaria e una probabile lunga vita, con assistenza e fornitura di pezzi di ricambio assicurati, ma solo piccoli fabbricanti dall’incerta sopravvivenza. Per cui, in caso di guasto, c’è il rischio di non sapere a chi rivolgersi. Personalmente ho installato piccoli aerogeneratori, e funzionano bene, ma li deve scegliere e acquistare il proprietario dell’abitazione e non chiedermi garanzie in caso di problemi.
Quindi è illusorio pensare di poter coprire tutti i propri fabbisogni con l’autoproduzione?
Al momento quasi sempre è così. Resterà così fino a che non si troverà un modo per spostare in inverno quanto generato d’estate, con l’idrogeno o con altri sistemi. Nel caso di utilizzo delle pompe di calore, il loro consumo è massimo proprio quando funzionano per il riscaldamento e la produzione solare è minima: impossibile coprirne i consumi con solare e batteria con una spesa ragionevole. L’auto elettrica, invece, richiede circa 6-7 kWh per i 50 km della media percorrenza giornaliera, e andrebbe quindi rifornita a casa di giorno con il solare, ma non è sempre possibile. Se la rifornisco di notte, sommandosi agli altri consumi serali ci sono buone possibilità che esaurisca la batteria domestica e peschi poi dalla rete. Bisogna quindi entrare nell’ordine di idee che qualche centinaio di euro ogni anno bisognerà sempre spenderli per l’elettricità prelevata dalla rete, a fronte però delle migliaia che si spenderebbero senza FV e batteria, oppure in benzina per un’auto termica. Inoltre, c’è il RID, la vendita da parte del Gse dell’energia che produciamo in eccesso, che ci assicura qualche centinaio di euro ogni anno, coprendo quindi una o due bollette elettriche invernali.
Quanto possono costare questi interventi?
Ovviamente è difficile dare una cifra esatta prima di valutare tutta la situazione del cliente. Tuttavia, si può dire che per un revamping da 3 kW, si può spendere, da 2000 a 3500 € a secondo della qualità dei moduli. E per uno da 6 kW, da 4800 a 6000 €. L’ampliamento è più caro perché serve un secondo inverter e pratiche e lavoro più costosi, diciamo quindi da 3500 a 6000 € per il 3 kW e da 6000 a 8000 € per il 6 kW. Pratiche e manodopera comprese, escluse eventuali batterie.
Per concludere, per fare revamping e aumenti di potenza, lei quali moduli consiglia?
Prima di tutto assicuratevi che siano prodotti, così come inverter e batterie, da una azienda affidabile, cioè Tier1. Seconda cosa, per i revamping assicuratevi delle certificazioni dette prima, o rischiate di perdere gli incentivi. Terzo, controllate la garanzia: si va da 15 anni per i moduli più economici ai 40 anni per le marche più costose. La differenza la fanno tanti aspetti, ma uno a cui si pensa poco è il rivestimento posteriore del pannello, causa della maggior parte dei guasti. Se è in foglio plastico ed è esposto al calore che si ha sui tetti d’estate, sarà certo meno longevo del vetro posteriore o degli isolanti ad alta resistenza che usano i modelli top di gamma. Secondo me i pannelli sono come i diamanti: se di qualità e ben installati possono durare quanto la casa stessa. E questa tranquillità di lungo periodo, insieme al comfort di un’abitazione a basse emissioni e alla coscienza tranquilla per aver dato una mano a clima e ambiente, dovrebbero essere quegli altri fattori “non monetari” da prendere in considerazione al momento della scelta dell’impianto.The post Fotovoltaico domestico e aumento dei consumi: quando e come potenziare l’impianto first appeared on QualEnergia.it.