Dazi, per L’UE è difficile sostituire la domanda degli USA | L’analisi di George Brown e David Rees di Schroders

“Finora non sono stati annunciati dazi sull’Ue, anche se Trump ha già detto che intende procedere. Per le aziende dell’Ue c’è il rischio che la Cina sconti i suoi prodotti venduti in Europa, viste le tariffe sulle esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti. Nel caso in cui la conversazione si sposti in Europa, è probabile […] L'articolo Dazi, per L’UE è difficile sostituire la domanda degli USA | L’analisi di George Brown e David Rees di Schroders proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.

Feb 7, 2025 - 10:23
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Dazi, per L’UE è difficile sostituire la domanda degli USA | L’analisi di George Brown e David Rees di Schroders

Finora non sono stati annunciati dazi sull’Ue, anche se Trump ha già detto che intende procedere. Per le aziende dell’Ue c’è il rischio che la Cina sconti i suoi prodotti venduti in Europa, viste le tariffe sulle esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti. Nel caso in cui la conversazione si sposti in Europa, è probabile che l’Ue voglia negoziare un accordo prima che i dazi entrino in vigore. L’Europa potrebbe cercare di acquistare più armi e Gnl (gas naturale liquefatto) dagli Stati Uniti. L’Ue ha un surplus esterno (cioè, esporta più di quanto importa) e se dovesse perdere la domanda statunitense a causa dei dazi, sarebbe difficile sostituirla con una domanda proveniente da altri paesi”.

A sottolinearlo in un report sono George Brown, Senior US Economist, e David Rees, Head of Global Economics, Schroders.

Lunedì le azioni globali sono scese e il dollaro è salito in seguito all’intenzione degli Stati Uniti di applicare, a partire da martedì 4 febbraio, dazi alle merci provenienti da Messico, Canada e Cina.

Più tardi, lo stesso giorno, è emersa la notizia che i dazi su Messico e Canada non sarebbero stati applicati secondo il calendario originale, ma sarebbero stati sospesi per un mese, provocando una certa inversione della reazione del mercato.

La Cina ha risposto con tariffe del 10–15% su una serie di beni statunitensi (a partire dal 10 febbraio) e con un’indagine antitrust su Google.

La reazione del mercato – sottolineano gli analisti – dimostra quanto sia difficile per gli investitori valutare politiche come quelle tariffarie. I mercati finanziari non aspettano di scoprire tutti i dettagli prima di prezzare i possibili impatti e questo sta portando a un aumento della volatilità in tutte le asset class

La Casa Bianca, osserva, “ha dichiarato che i dazi hanno lo scopo di fare pressione sui tre Paesi per combattere l’immigrazione illegale e il flusso di droga negli Stati Uniti. Finora sembra essere stato efficace: Messico e Canada hanno accettato di rafforzare la sicurezza delle frontiere in cambio di un ritardo nell’entrata in vigore dei dazi. Uno scenario simile si è verificato a gennaio, quando la Colombia ha rifiutato l’ingresso ai voli militari statunitensi che trasportavano migranti deportati. Gli Stati Uniti hanno minacciato di imporre tariffe commerciali e, per evitarle, la Colombia ha permesso l’ingresso degli aerei. Tuttavia, i dazi su Messico e Canada sono stati sospesi, non eliminati. Il Presidente Trump ha spiegato le politiche tariffarie mostrandosi disposto ad accettare il potenziale impatto economico negativo sul mercato azionario e sui prezzi al consumo per gli statunitensi. Da questo punto di vista, gli investitori non possono pensare che le minacce sui dazi siano solo una tattica negoziale”.

Durante il primo mandato di Trump alla Casa Bianca, la guerra commerciale con la Cina ha avuto un impatto minimo sull’inflazione. I prezzi delle undici categorie interessate dai dazi sono aumentati del 2,5%, aggiungendo solo lo 0,1% circa all’inflazione core CPI (indice dei prezzi al consumo) degli Stati Uniti. Tuttavia, i dazi annunciati su Canada e Messico dovrebbero avere un impatto più sostanziale, se attuati in modo rigoroso come suggerito inizialmente. Uno dei motivi è che il coinvolgimento del Messico e del Canada avrebbe un’incidenza molto più ampia sugli scambi commerciali. Questi Paesi rappresentano il 28,3% delle importazioni totali degli Stati Uniti, contro il 13,6% della Cina”.

I dazi su Messico e Canada sono stati sospesi per un mese, ma, rilevano gli analisti, “l’eventuale implementazione fa presagire un aumento dell’inflazione e una minore crescita per l’economia statunitense. Nelle nostre ultime previsioni economiche abbiamo delineato quello che definiamo uno scenario ‘Trump aggressivo’. Questo scenario prevede l’applicazione di tariffe più ampie di quelle annunciate finora, oltre a consistenti espulsioni di immigrati. Le previsioni per la crescita e l’inflazione si muoverebbero nella direzione ‘stagflazionistica’ delineata in questo scenario, con un indebolimento delle prospettive di crescita degli Stati Uniti accompagnato da un aumento dell’inflazione, e un risultato di crescita più bassa/inflazione più bassa per il resto del mondo. Detto questo, l’economia statunitense è molto più forte oggi rispetto al primo mandato di Trump. Una domanda relativamente forte significa che le aziende saranno maggiormente in grado di trasferire gli aumenti di prezzo. Il dollaro forte e i minori margini di profitto delle imprese subiranno comunque una parte del colpo, ma probabilmente non così tanto come in passato”.

Lunedì il dollaro, osservano gli analisti, “si è nuovamente rafforzato in risposta alla minaccia dei dazi, mentre le altre valute si sono indebolite per compensare la pressione competitiva. Inoltre, la bilancia dei rischi in termini di politica monetaria statunitense si sta orientando verso l’assenza di ulteriori tagli dei tassi quest’anno, mentre altre regioni (Eurozona, Regno Unito) rimangono in modalità allentamento. Tuttavia, il dollaro è più forte di quanto i soli differenziali dei tassi lascino intendere. La discrepanza potrebbe riflettere un ‘premio Trump’ per il dollaro a causa dei dazi e dell’incertezza fiscale”.

Nei prossimi giorni, intanto, Trump dovrebbe incontrare il Presidente Xi Jinping, per cercare di raggiungere un compromesso. “In caso contrario, – osservano gli analisti – è probabile che la Cina svaluti la propria moneta per compensare l’impatto dei dazi, come ha fatto nella prima guerra commerciale. Le autorità saranno consapevoli del rischio che una valuta più debole esasperi il già debole sentiment interno. Ma la rapida imposizione dei dazi aumenta anche la probabilità di un maggiore stimolo fiscale per sostenere la crescita interna”.

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