Il grande risiko Dal terzo polo all’assalto a Mediobanca la resa dei conti

Le mire delle grandi famiglie e i piani dei banchieri: la rete da Siena a Piazzetta Cuccia tocca il riassetto della finanza il governo e il fortino Generali I l terremoto sulla finanza italiana è arrivato venerdì scorso con l’annuncio dell’Ops del Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca. Ma le scosse telluriche hanno cominciato […] L'articolo Il grande risiko Dal terzo polo all’assalto a Mediobanca la resa dei conti proviene da Iusletter.

Gen 27, 2025 - 15:29
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Il grande risiko Dal terzo polo all’assalto a Mediobanca la resa dei conti

Le mire delle grandi famiglie e i piani dei banchieri: la rete da Siena a Piazzetta Cuccia tocca il riassetto della finanza il governo e il fortino Generali

I l terremoto sulla finanza italiana è arrivato venerdì scorso con l’annuncio dell’Ops del Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca. Ma le scosse telluriche hanno cominciato a sentirsi da fine settembre quando Andrea Orcel ha tolto Unicredit dal letargo per proiettarlo nel risiko bancario internazionale, prima su Commerzbank e poi su Banco Bpm. La spallata finale è arrivata però da Generali, attraverso l’annuncio della joint venture con i francesi di Natixis che ha fatto infuriare il governo italiano. Ora le partite sono tutte intrecciate e vedono impegnati diversi protagonisti: manager, banchieri, imprenditori e politici. Il fronte d’attacco è composto da due famiglie imprenditoriali miliardarie che fanno capo a Francesco Gaetano Caltagirone e a Francesco Milleri (il manager che investe i denari degli eredi Del Vecchio); un banchiere di lunga esperienza come Luigi Lovaglio; un banchiere internazionale come Andrea Orcel; un banchiere di lungo corso e molto apprezzato dal mercato come Alberto Nagel; veterani della finanza francese come Philippe Donnet e Philippe Brassac; il governo di Giorgia Meloni nelle sue varie sfaccettature. In gioco c’è un profondo riassetto della finanzaitaliana, dei poteri collegati alle banche e alle assicurazioni e il ruolo della politica in tutto ciò.

LA RINASCITA DEL MONTE

La cura da cavallo propinata a Siena dell’ad Luigi Lovaglio, sfruttando un aumento di capitale da 2,5 miliardi sottoscritto in gran parte dal Tesoro, ha rimesso in sesto la banca più antica del mondo, che ora produce utili e ha un capitale in eccesso di 2 miliardi. Il risanamento ha permesso allo Stato di ridurre la propria quota, ora all’ 11,7%, e promuovere un nuovo assetto di controllo coinvolgendo Caltagirone e la Delfin (famiglia Del Vecchio) che insieme hanno quasi il 20% del capitale. L’idea di fondo è che Mps possa diventare il perno attorno a cui costruire un terzo polo bancario italiano attraverso l’aggregazione con Mediobanca e per questa via stabilizzare anche Generali, sottraendola alle mire dei francesi. Lovaglio per portare a termine con successo l’attacco su Piazzetta Cuccia potrà contare sull’apporto del 9,9% di azioni Mediobanca di proprietà di Caltagirone e del 19,7% in mano a Delfin. Il resto, per arrivare al 67,6%, dovrà guadagnarselo sul mercato convincendo i fondi della bontà del suopiano industriale che unisce in un sol blocco l’investment banking, il credito al consumo, la rete di sportelli e la gestione del risparmio.IL FORTINO MEDIOBANCA

Leonardo Del Vecchio comprò le prime azioni Mediobanca nel 2019 in seguito a un dissidio con il management della merchant bank su un’operazione che coinvolgeva lo Ieo (Istituto europeo di Oncologia). Poi la Delfin è salita fino al 19,75% del capitale senza però riuscire a incidere sulla gestione della banca. Il rinnovo del cda di Mediobanca nel settembre 2023 ha sancito il fallimento delle trattative tra Francesco Milleri — il delfino di Del Vecchio nel frattempo scomparso — e Nagel per una lista comune che unisse Mediobanca, Delfin e Caltagirone. Il mercato ha dato il suo verdetto in assemblea schierandosi a fianco dei manager di Piazzetta Cuccia, mostrando di apprezzare la bontà della gestione e la forte distribuzione di dividendi. Delfin è però riuscita a piazzare due consiglieri in cda facendo salire la dialettica interna. Ma l’ostilità è rimasta. E così, già da un paio d’anni i due azionisti si sono messi alla ricerca di una banca disposta a entrare nel capitale di Mediobanca lanciando un’Ops per cambiare il management e influenzare i destini di Generali. Ora l’hanno trovata, è il Monte, risanato nei conti con alle spalle il governo e due imprenditori in sintonia con la maggioranza politica. Ma l’esito finale è ancora incerto.

GENERALI, LA CASSAFORTEOltre che su Mps e Mediobanca la morsa di Caltagirone (6,5%) e Milleri (9,9%) si stringe anche su Generali dove sono state costruite partecipazioni importanti. La compagnia di Trieste è considerata da sempre la cassaforte d’Italia con più di 800 miliardi di masse gestite per conto degli assicurati e dei risparmiatori. Il fatto che il ceo Donnet, supportato da Mediobanca, abbia annunciato una joint venture con Natixis, secondo la quale questa massa di risparmio italiano verrà gestita parlando anche con i francesi, ha provocato lo sconcerto dei soci forti e nel mondo politico.La mossa di Mps su Mediobanca può dunque essere interpretata come una reazione all’operazione di Donnet e se avrà successo potrebbe determinare i destini di Generali. Caltagirone e Milleri ritengono infatti che il Leone di Trieste viva all’interno di una bolla costruita ad arte dal primo azionista Mediobanca (13%), che ha interesse a far crescere l’utile e i dividendi ma non le dimensioni dell’azienda rimasta troppo piccola rispetto ai concorrenti europei. Nel primo duro confronto dell’assemblea di aprile 2022, quando Caltagirone presentò una sua lista di maggioranza in contrapposizione a quella del cda uscente, però, il mercato ha sposato la linea di Donnet e Nagel. Ora, passati tre anni e con l’attacco Mps sul primo azionista, l’esito potrebbe essere differente anche se l’assemblea di Generali si svolgerà ai primi di maggio mentre l’Ops del Monte su Mediobanca partirà successivamente.Delfin, comunque, è stata autorizzata dall’Ivass a crescere nell’azionariato Generali sopra il 10% e fino al 20%. Dunque non si può escludere che possa arrotondare la sua quota in tempo per l’assemblea.

IL CROCEVIA BANCO BPM

Snodo importantissimo per i prestiti alle imprese del Nord Italia, Banco Bpm sotto la guida di Giuseppe Castagna ha assorbito la ex Popolare di Verona e la ex Popolare di Lodi, cominciando a macinare utili con il rialzo dei tassi iniziato nel 2022. Sfuggito per ben due volte alle mire dell’Unicredit, attaccato da Oltralpe dal Crédit Agricole, a novembre ha giocato la carta della crescita nel risparmio gestito lanciando l’Opa sulla partecipata Anima. E poco dopo, su invito del governo il Banco è entrato in Mps in ottica terzo polo sotto la guardia attenta di Caltagirone e Delfin.Ma le manovre ostili dei francesi hanno provocato il ritorno di Unicredit che a fine novembre ha lanciato un’Ops sul Banco bloccando tutto. Ora la situazione è in stallo e molto dipende dalla Bce che deve decidere se autorizzare l’Opa su Anima e la salita dell’Agricole fino al 20%. Ma anche dal governo Meloni che, alla luce dell’operazione Mps, potrebbe riconsiderare l’opposizione iniziale vedendo conpiù favore la proposta di aggregazionedi Unicredit.

LE CARTE DI ORCEL

Per i primi tre anni si è dedicato al rilancio di Unicredit arricchendo i suoi azionisti a colpi di dividendi e buy back. Poi, da settembre scorso, si è scatenato prima aggredendo la tedesca Commerzbank e poi lanciando l’Ops sul Banco per toglierla dalle mire dei francesi. Il risultato, fino a questo momento, è stato quello di suscitare le ire di tutti, dai governi italiano e tedesco al tandem Milleri-Caltagirone, alla Bce per il contenzioso in Russia, al mercato che chiede un rialzo sul prezzo dell’Ops. Ma Orcel ha ancora delle carte da giocare, soprattutto dopo l’annuncio dell’operazione Generali-Natixis, che ha fatto infuriare tutto l’arco costituzionale. I bene informati ora riferiscono che Roma potrebbe ostacolare in tutti i modi la nascita del polo Generali- Natixis e parallelamente favorire la presa di Banco Bpm da parte di Unicredit creando intorno ad Anima un grande polo italiano del risparmio gestito che comprenda la stessa Unicredit, Bpm, Mps. Stoppando la crescita dei francesi di Amundi e di Natixis.

LA NUOVA MAPPA

In questo quadro così in movimento si dovrà aspettare almeno sei mesi per conoscere quale sarà il nuovo assetto della finanza italiana. Ci sono tre offerte pubbliche in corso: quella di Banco Bpm su Anima, quella di Unicredit su Banco Bpm e quella di Mps su Mediobanca. Inoltre è stata annunciato un’importante accordo di Generali con Natixis e a maggio l’assemblea degli azionisti della compagnia sarà chiamata a nominare un nuovo cda. A seconda di quale sarà l’esito di queste diverse iniziative incrociate tra loro, si capirà chi ha vinto e chi ha perso e i protagonisti che domineranno la scena nei prossimi anni.

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