Emanuela Orlandi, la rivelazione dell’amico della sorella: “L’ex agente del Sisde trovò la Bmw ma fu sgridato, per lui era tratta delle bianche”
A parlare è Marino Vulpiani, ascoltato davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori L'articolo Emanuela Orlandi, la rivelazione dell’amico della sorella: “L’ex agente del Sisde trovò la Bmw ma fu sgridato, per lui era tratta delle bianche” proviene da Il Fatto Quotidiano.
“Dopo la scomparsa di Emanuela l’ex agente del Sisde Giulio Gangi mi cercò e mi disse ‘accompagnami’ alla casa della famiglia Orlandi”: lo dichiara Marino Vulpiani, ascoltato davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori. Vulpiani è stato convocato dalla commissione in quanto “conoscente di Federica Orlandi”, la sorella di Emanuela ma era anche molto amico di Giulio Gangi. Quest’ultimo, lo ricordiamo, era un giovanissimo agente del Sisde, i servizi segreti civili, che tre giorni dopo la scomparsa di Emanuela si presentò a casa della famiglia Orlandi perché intenzionato a rendersi utile per il ritrovamento della cittadina vaticana. Vulpiani e Gangi si conoscevano perché abitavano uno di fronte l’altro, a Roma. Gangi conosceva il cugino di Emanuela, Pietro Meneguzzi (che lavorava alla Camera) e forse per questo si impegnò subito nelle ricerche. È venuto a mancare nel novembre del 2022. Vulpiani ricorda quel giorno in cui era in compagnia di Gangi, aggiungendo di ricordare di averlo accompagnato “fuori ma non si parcheggiava. Non mi ricordo se l’ho accompagnato all’interno, potrebbe anche essere. L’ho accompagnato, può darsi anche che io sia entrato, l’ho presentato e sono andato via”, ha detto, sottolineando di non ricordare esattamente la dinamica. Vulpiani ricorda che questa conversazione risale ai giorni immediatamente successivi alla scomparsa, che avvenne il 22 giugno del 1983. “Io mi ricordo solo la mia 126 bianca e che non trovavo posto. Io a 20 anni non conoscevo il Vaticano, sapevo San Pietro ma per il resto non sapevo neanche dove stava”.
Dopo essere andato a casa degli Orlandi, Gangi non portò via nulla con sé, almeno “visibilmente no”, ha dichiarato Vulpiani che ha descritto Gangi come “una persona molto intelligente, simpatica, esuberante”. Su quanto si dicevano i due sulla scomparsa di Emanuela, “Gangi diceva che secondo lui si trattava di tratta delle bianche – ha detto Vulpiani – ma era un’ipotesi sua, io ho pensato fosse una stupidaggine, brancolava nel buio alla grandissima, non ha mai saputo nulla sul caso di Emanuela. Con il suo partner facevano indagini su indagini ma non venivano a capo di nulla“. Ai commissari della commissione che hanno chiesto a Vulpiani quale fosse la sua idea su quanto accaduto ad Emanuela Orlandi, l’uomo ha risposto: “Il Vaticano, c’è stato qualcosa lì, ma la mia idea ce l’ho dalle fiction e non riesco ad avere altre idee”.
L’uomo ha anche confessato di non essersi mai interessato della vicenda “perché ero impaurito da quella situazione”, ha detto. Più volte Vulpiani ha dovuto smentire di essere stato anche lui un agente del Sisde, come emerso dai media negli anni. “A furia di stargli vicino qualche giornalista ha fatto due più due ma io non c’entravo niente col Sisde, anzi neanche ho fatto il militare, sono stato riformato. Purtroppo – ha detto Vulpiani, oggi biologo – il giornalismo investigativo fa questo, negli anni ’90 ho denunciato persino la Rai perché non era vero” che fosse un agente segreto. Secondo Vulpiani invece, sarebbe stato confuso con il partner di Gangi nei Servizi, tale Martocci. “Loro lavoravano sempre in coppia – ha detto – stavano sempre a casa degli Orlandi tanto che la famiglia non li sopportava più, era infastidita”. Di Emanuela Orlandi, Vulpiani ha “un ricordo vago, solo l’immagine di lei che mangiava un gelato, non ci frequentavamo, io ero in un altro gruppo a Torano”, in riferimento al luogo di villeggiatura delle famiglie. Poi ha spiegato quale sarebbe, a suo avviso, il collegamento tra Gangi e il caso Orlandi. “Lì a Torano c’era una certa Monica Meneguzzi (cugina degli Orlandi, sorella di Pietro, ndr)- ha detto -, io non ci ho mai parlato, il caso voleva che Gangi fosse venuto a Torano da me, conosce Monica che era una ragazza bellissima in verità, l’ha conosciuta prima del fatto, anche se Gangi aveva lavorato anche alla Camera prima e Meneguzzi probabilmente lo conosceva perché lui pure lavorava alla Camera. Insomma, Gangi era innamorato di questa Monica. Lei zero, quando successe la cosa di Emanuela lui non gli pareva vero per farsi notare da Monica. Io non la frequentavo – anche perché era più piccola e a me non stava simpaticissima ma non mi aveva fatto niente, lui stando lì aveva preso tutto un altro giro, questa Monica era il suo sogno proibito. Tanto che molto prima, quando ebbe un incarico alla Camera dei deputati presso il segretario di Spadolini, mi diceva, voglio invitare Monica che ho un ufficio bellissimo, poi poco dopo entrò al Sisde”.
Vulpiani ha dichiarato di conoscere solo Federica Orlandi, “Con cui ogni tanto mi vedo, le vacanze le facevamo tutti insieme a Torano, i miei sono di Torano”. L’unico dettaglio significativo dell’audizione di Vulpiani sembra essere l’episodio della Bmw che Gangi rintracciò. Si tratta dello stesso modello di auto che fu segnalato nella sua testimonianza da un vigile urbano, Alfredo Sambuco, che quel giorno era in servizio al Senato, alle spalle della scuola di musica di Sant’Apollinare da cui si persero le tracce di Emanuela. Il vigile raccontò che quel giorno vide una ragazza che corrispondeva alle caratteristiche di Emanuela Orlandi, parlare con un uomo di circa trentacinque anni, ben vestito e leggermente stempiato che aveva parcheggiato la sua Bmw sul marciapiede davanti Palazzo Madama, tant’è che il vigile gli chiese di spostarla da lì.
“Mi raccontò che c’era questa Bmw modello Touring – ha detto Vulpiani -, disse che era stato sgridato dai superiori ed è la stessa cosa che poi ho riletto su un articolo, lui aveva individuato quest’auto, io ho pensato che lui nel suo essere esaltato magari ci aveva preso. Parlò con un vigile e questo vigile disse di aver visto una Bmw Touring, Gangi indagò sull’auto ma come ritornò in sede, un macello, non si doveva permettere di parlare con queste persone che loro conoscevano bene, lo sgridarono e lui era arrabbiato per questo”. Giulio Gangi, una decina d’anni dopo, fu messo ai margini del servizio segreto civile per “indagini inopportune”. (fonte: Corriere della Sera).
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