Sipario sulla Navico. La proprietà ha rifiutato ogni possibile trattativa: "Mai visto niente così"
Confermati i 27 licenziamenti e la delocalizzazione in Messico. Il sindaco Mugnaini: "Studieremo come impedire la chiusura del sito".
Peggio di così non poteva andare. Dopo due ore e mezzo di confronto al tavolo dell’Unità di Crisi regionale, nessun passo indietro per scongiurare il licenziamento collettivo dei 27 dipendenti della Navico Rbu Italia Srl. Sono stati solo "no" quelli pronunciati dall’ad di Brunsvvick Corporation, fondo di investimento proprietario dell’azienda di Montagnana, stabilimento che - a questo punto è ufficiale - chiuderà per spostare la produzione in Messico. No al ritiro della procedura di licenziamento, no alla concessione di ulteriore tempo, prezioso per tentare la strada della reindustrializzazione. Da oggi parte il conto alla rovescia, 60 giorni e, se non sarà intercettato un potenziale acquirente pronto a rilevare sito e dipendenti, i 27 lavoratori perderanno il posto. Una riunione surreale, quella di ieri, finita molto male con una chiusura totale da parte della proprietà, multinazionale svedese leader mondiale nella tecnologia marina rappresentata dall’ad Ton De Winter, accompagnato al tavolo da un pool di avvocati per una trattativa che non è neppure cominciata. La Navico non si salverà "anche perché - ha detto Stefano Angelini di Fiom Cgil - non è pensabile in soli due mesi, individuare aziende estranee al settore in grado di formulare offerte di acquisto. E’una pretesa inaccettabile. Un comportamento irrispettoso dei lavoratori, delle istituzioni e del territorio tutto. Brunswick non solo ha rifiutato la richiesta di ritiro dei licenziamenti ma ha dimostrato una falsa disponibilità a sospendere la stessa procedura, dettando anche le regole del gioco: Navico non sarà venduta alla concorrenza, semmai si dovesse trovare qualcuno interessato a rilevarla". La volontà di spostare il sito pare sia legata esclusivamente alla necessità di aumentare marginalità; in Messico il costo del lavoro è inferiore. Ma, davanti ad una mancata mediazione, dove sta la responsabilità sociale? "Il fatto che si tratti di un sito piccolo e che il capannone non sia di proprietà ci disarma - ha commentato a margine del summit Valerio Fabiani, consigliere delegato all’Unità di Crisi per Eugenio Giani - Non si è potuto neppure parlare di ammortizzatori sociali". Mai vista, garantisce la Regione, una trattativa sindacale simile. Sopratutto perché a chiudere dall’oggi al domani è un’azienda sana, in salute, che fattura.
"Mai successo prima in territorio fiorentino: decidere di portar via la produzione e lasciar solo macerie. La gestione degli esuberi e la tentata industrializzazione sono cose di cui generalmente si parla con l’azienda che chiude". Ma qui non c’è stata la volontà. La Fiom mantiene lo stato di agitazione, farà assemblee coi lavoratori ed è pronta a mettere in campo tutte le iniziative per far cambiare idea all’azienda. Stessa cosa si prepara a fare l’amministrazione comunale con il sindaco Alessio Mugnaini sulle barricate già da stamani. "Cercheremo di rendere al gruppo la vita difficile con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione. Con la limitazione della viabilità per il primo camion che già stamani dovrebbe arrivare all’impianto per iniziare lo sgombero. Stiamo studiando un’ordinanza per ostacolare il traffico e l’ingresso nel piazzale. Mal che vada, la impugneranno davanti al Tar".
Ylenia Cecchetti