Shrinkflation: l’Italia rischia lo scontro con l’Ue sulla legge contro i prodotti sempre più piccoli allo stesso prezzo
Contro la shrinkflation l’Italia s’era mossa, ma male. Forse. Vero è che se, da un lato, dal 1° aprile qui da noi sarà obbligatoria un’etichetta che segnalerà le confezioni colpite dalla oramai tristemente nota “sgrammatura” – la pratica con cui le aziende riducono la quantità di prodotto senza abbassarne il prezzo – dall’altro proprio questa...
Contro la shrinkflation l’Italia s’era mossa, ma male. Forse. Vero è che se, da un lato, dal 1° aprile qui da noi sarà obbligatoria un’etichetta che segnalerà le confezioni colpite dalla oramai tristemente nota “sgrammatura” – la pratica con cui le aziende riducono la quantità di prodotto senza abbassarne il prezzo – dall’altro proprio questa misura pensata per proteggere i consumatori potrebbe creare problemi con l’Unione Europea.
“Ci siamo mossi subito per contrastare la shrinkflation. L’Italia, insieme alla Francia, è tra i primi Paesi europei ad aver introdotto una normativa specifica”, dichiarò all’epoca Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy. Ma qualcosa è andato storto.
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Se la Francia ha rispettato le regole comunitarie, infatti, Italia rischia adesso una procedura d’infrazione per non aver seguito il corretto iter europeo. Vediamo perché.
Cos’è la shrinkflation e cosa prevede la nuova norma
A molti sarà capitato di acquistare un prodotto che sembrava identico a quello precedente, ma in quantità inferiore e allo stesso prezzo (se non addirittura aumentato). Questa tecnica, nota – e ne parliamo ormai da mesi – ai più come shrinkflation, combina i termini inglesi “shrink” (restringere) e “inflation” (inflazione) e consente ai produttori di affrontare il rialzo dei costi senza ritoccare direttamente il prezzo finale.
Per contrastare questa pratica, il Governo italiano ha introdotto un obbligo nel Codice del consumo: dal 1° aprile, le confezioni che hanno subito una riduzione di quantità senza un adeguamento del packaging dovranno riportare un’etichetta informativa.
Il messaggio dovrà essere chiaramente visibile sulla parte anteriore della confezione o su un adesivo e indicare la dicitura: “Questa confezione contiene un prodotto inferiore di X (unità di misura) rispetto alla precedente quantità”. L’obbligo durerà sei mesi dall’immissione del prodotto sul mercato.
Cosa dicono da Bruxelles
Sebbene il provvedimento sia nato con l’intento di tutelare i consumatori, l’Italia potrebbe trovarsi nei guai con l’Unione europea. La Commissione europea ha infatti sollevato obiezioni alla procedura seguita dall’Italia: la norma non ha rispettato la “procedura TRIS”, che impone di notificare in anticipo le nuove regolamentazioni tecniche che possano influenzare il mercato unico europeo.
Tuttavia, il governo ha proseguito con l’approvazione definitiva della legge lo scorso 12 dicembre, ignorando la sospensione imposta dalle regole europee. Una mossa che potrebbe costare all’Italia una procedura d’infrazione e, nel peggiore dei casi, una multa.
Italia vs Francia: due approcci diversi
Anche la Francia ha introdotto una norma simile, ma con alcune differenze sostanziali. In Francia, l’obbligo di segnalare la shrinkflation spetta ai distributori (non ai produttori) ed è limitato ai punti vendita con una superficie superiore ai 400 metri quadrati. Inoltre, l’informazione può essere comunicata non solo tramite un’etichetta sulla confezione, ma anche con un cartello posizionato accanto al prodotto, riducendo così le potenziali barriere alla libera circolazione delle merci.
Le criticità della legge italiana
Oltre al rischio di infrazione europea, la norma italiana presenta alcune criticità. Alcuni esperti ritengono che l’obbligo di etichettatura sia eccessivamente restrittivo rispetto all’obiettivo di trasparenza. Altre soluzioni, come quelle adottate in Francia, avrebbero potuto garantire la stessa chiarezza senza creare ostacoli per i produttori.
C’è poi un aspetto ambientale spesso trascurato: se il packaging resta invariato mentre il contenuto diminuisce, si generano più rifiuti del necessario. E questo è un impatto negativo che, ci pare, la normativa non affronti in alcun modo.Infine, esiste un potenziale escamotage per aggirare la legge: se un produttore modifica anche solo leggermente la confezione, l’obbligo di segnalare la riduzione della quantità non si applica: ciò potrebbe rendere la norma inefficace nel garantire la trasparenza promessa.
L’Italia ha senza dubbio aperto la strada per contrastare la shrinkflation, finalmente, ma lo ha fatto senza seguire correttamente le regole europee (errori che troppo spesso ci permettiamo di fare). Il rischio di una procedura d’infrazione e le criticità pratiche della norma sollevano dubbi sulla sua efficacia. Intanto, resta da vedere se questa etichetta cambierà davvero il modo in cui acquistiamo i prodotti di uso quotidiano.
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