Nell’inferno delle foibe: per non dimenticare

Nel suo libro Greta Sclaunich raccoglie testimonianze e ripercorre di persona i tragitti del massacro. Per "spiegarlo ai ragazzi"

Feb 8, 2025 - 08:38
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Nell’inferno delle foibe: per non dimenticare

"Se cadi lì dentro nessuno ti trova più". Erminia ha dodici anni e vive a Santa Domenica di Visinada, sul Carso. La mamma la ammonisce sul buco nero della foiba nella dolina vicino casa. Tre anni dopo, la bimba riuscirà a salvarsi dalla fine oscura fuggendo a Trieste con parte della famiglia braccata dai partigiani di Tito che rincorrevano gli italiani della Venezia Giulia rimasta in territorio jugoslavo dopo l’armistizio del 1943. Una caccia che non risparmiava nessuno, fomentata dall’equazione italiani uguale fascisti ancor peggio se ebrei. Erminia Dionis, classe 1931, è una delle protagoniste di un libro importante eppure delicato se pensiamo che parla di una tragedia che ha visto sparire migliaia di italiani "di là", fino a 11mila secondo alcune fonti, gettati molti ancora vivi in queste grotte carsiche divenute tombe non più di carcasse di animali o di rifiuti, come le usavano i contadini, ma di presunti nemici che avevano l’unico difetto di parlare italiano in Istria e Dalmazia. Le foibe spiegate ai ragazzi (Piemme, 144 pagine, 14,50 euro) è opera di Greta Sclaunich, giovane giornalista goriziana "con un nome tedesco, un cognome slavo, ma completamente italiana".

Ha raccolto, con la collaborazione dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, testimonianze e ricordi, ha consultato lettere e diari, ma soprattutto ha ripercorso sulla propria pelle molti dei tragitti che anche la sua famiglia ha dovuto compiere per rimanere convintamente "di qua". Libro ancora più attuale perché il 10 febbraio è il Giorno del Ricordo per le vittime del massacro delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Lo è solo da venti anni per una storia che ancora deve essere riscritta e accettata. "Se ne sa realmente poco – conferma Greta –, per troppi anni i racconti dei sopravvissuti non sono stati creduti". Storie di un esodo sofferto dove i fortunati sono stati coloro che hanno raggiunto indenni i nostri confini e, grazie a parenti che già vivevano in Italia, ad avere vita e lavoro. In tanti non ce l’hanno fatta e sono finiti nelle foibe. Un’identità di confine che costringeva a scegliere dove stare.

"Sono cresciuta amata, pensando che la vita fosse un gioco – scrive nella prefazione Egea Haffner, nata a Pola il 3 ottobre 1941 –, senza immaginare che la mia, presto, sarebbe cambiata per sempre". Il 4 maggio 1945 gli slavi prelevarono il padre. "Quella fu l’ultima volta che lo vedemmo". Lei è l’"esule giuliana 30001" la cui foto è l’immagine iconica del tempo. Greta Sclaunich ha riunito una serie di storie senza piangersi addosso, proprio perché sono ragazzi quelli che devono conoscere tutto da capo anche i luoghi più nascosti, come quel buco nero "che si chiama Abisso Plutone: lì sono state inghiottite dal terreno almeno una ventina di persone. Ti affacci e al suo interno non vedi niente ma fa impressione e immagini ciò che è stato in quel periodo". 190 metri di profondità sui quali la storia si è chiusa in se stessa per troppi anni. I protagonisti hanno nomi di confine. La famiglia di Italia Giacca ha ottenuto a fine giugno 1948 l’"opzione": lasciare Stridone in Istria per raggiungere Trieste, dove già il padre si è rifugiato, con l’impegno di mai più rivedere la terra natale. Ha sei anni, Italia, e il nome dice tutto. Nel momento concitato della fuga ha una sola cosa da portare con sé e sceglie la teiera rossa della nonna.

Ma è Graziano Udovisi che permea più di tutti il volume di dramma e speranza: lui a 18 anni, nel 1943, in fondo alla foiba di Vines c’è finito, buttato con altri cinque. Aveva schivato i colpi di fucile e da quel buco pieno d’acqua e di resti umani è riuscito a scalare la parete, tornare a casa, rivestirsi e fuggire nei boschi per sessanta chilometri. Ha vissuto fino al 2010, sognando ogni notte l’inferno ma svegliandosi ogni mattina libero. Un eroe, in fondo, che ci dice di non dimenticare.