Guerra in Congo, le cause, cosa c’è dietro?
Non esiste un’unica causa precisa del conflitto in Congo, ma di certo le ingenti ricchezze minerarie di cui dispone il Paese attraggono vari gruppi di potere come oro e cobalto indispensabile per l'auto elettrica L'articolo Guerra in Congo, le cause, cosa c’è dietro? proviene da newsauto.it.
Cosa c’entra la guerra in Congo con un portale d’informazione automotive? La Repubblica Democratica congolese è un forziere vivente di materie prime, fra cui cobalto, grafite, litio, neodimio, niobio, praseodimio, terre rare, preziose per le vetture elettriche. Le ricchezze minerarie davvero ingenti di cui dispone il Paese – specie la regione del Nord Kivu – attraggono gruppi di potere disposti a tutto pur di entrare in qualche modo nel business di questo “cassetto prezioso”.
Una nuova sanguinosa corsa dell’oro alla conquista dei minerali per batterie e i componenti delle full electric. Senza contare gli accumulatori di smartphone, tablet, computer e altro hi-tech. Di qui l’escalation dei combattimenti tra le Forze armate congolesi (Fardc) e i ribelli del Movimento 23 marzo (M23) nell’est del Congo. Con antichi contrasti riaccesisi in seguito al genocidio del Ruanda del 1994. I ribelli M23, sostenuti dal Ruanda, puntano al controllo della città strategica di Goma, capoluogo del Nord Kivu. E stiamo parlando solo di una fra le oltre 100 fazioni armate che lottano per un punto d’appoggio nella zona.
Il Cobalto che arriva quasi tutto dal Congo
Basti dire che il 70% del cobalto mondiale, anima delle auto elettriche, giunge dal Congo. Nel complesso, le risorse minerarie del Paese hanno un valore stimato in 24mila miliardi di dollari. Siamo nel Far West, dove tutti avanzano per scoprire il filone di metallo prezioso da divorare. Ecco perché le due grandi superpotenze globali, Stati Uniti e Cina, guardano con la massima attenzione a tutto quanto avviene nella regione. Col Dragone che pare in vantaggio su Washington: la maggior parte delle miniere di cobalto è nelle mani di enormi società del Celeste Impero. Così che il “South China Morning Post” descrive la nazione come “l’epicentro degli investimenti cinesi in Africa”. Colossi tipo Chengtun Mining, China Molybdenum, China Nonferrous e Huayou Cobalt. Stando all’Istituto di studi strategici dello Us Army War College, imprese statali e banche del Dragone controllano l’80% della produzione di cobalto congolese. Nel mentre, gli Usa spingono per il corridoio di Lobito: linea ferroviaria di 1.600 km per collegare Zambia e Angola sull’Atlantico.
L’Africa è una magnifica torta da spartire
“L’Africa è una magnifica torta da spartire”, ebbe a dire re Leopoldo II del Belgio, potenza conquistatrice del Congo, al Congresso di Berlino del 1876 tra le potenze coloniali. Frase tanto infelice quanto attuale: il conflitto in Congo va inserito nel più ampio scenario di crisi della Regione dei Grandi Laghi che s’interseca con quelle di Ruanda e Burundi, con un comune denominatore: la ricchezza mineraria dell’Africa che si trasforma in macchine elettriche, più uranio, oro, diamanti, coltan (columbite e tantalite) indispensabile per il funzionamento di telefonini gsm, computer nonché per la componentistica aeronautica. Un saccheggio costante sfrenato accanto regolari società minerarie che fanno a gara per aggiudicarsi terreni da sfruttare. La domanda di metalli per lo sviluppo delle tecnologie pulite è stellare.
Normative non rispettate
Al di là delle attività (relativamente) controllate dei big nel settore minerario, i quali insistono nel replicare che le normative vengono rispettate, esiste una miriade di sub fornitori che genera situazioni di sfruttamento e violazione di diritti umani, inquinando l’ambiente e portando le comunità locali a livelli di esposizione a metalli tossici. Intrecciando la propria azione con una meschina politica di lobbying nei meandri più corrotti della politica locale.
L'articolo Guerra in Congo, le cause, cosa c’è dietro? proviene da newsauto.it.