Qualcosa non torna nell'8x1000

Un sistema che non funziona. Non fosse altro per il fatto che le scelte dei contribuenti italiani, in buona parte, semplicemente non vengono rispettate. Eppure da anni nessuno osa toccare il sistema dell’8x1000. «Parliamoci chiaro» rivela un commercialista a mezza bocca. «Parliamo di una truffa legalizzata e nessuno dice nulla». Se, forse, la parola «truffa» è evidentemente esagerata, certamente più di qualcosa non torna. A cominciare da una parte dai soldi che ogni anno vengono «regalati» al Vaticano e alle altre confessioni religiose, e dall’altra da quelli che invece semplicemente lo Stato non utilizza o utilizza male.Ma facciamo un passo indietro. Con l’8x1000, lo sappiamo bene, parliamo della quota di imposta che ogni contribuente può destinare a una delle diverse confessioni religiose ormai riconosciute, la Chiesa ovviamente in cima a tutte, oppure in alternativa allo Stato. Basta esprimere la scelta compilando un piccolo modulo al momento della dichiarazione dei redditi. Fin qui, si direbbe, tutto chiaro, tutto lineare. Peccato che all’articolo 47 della legge del 1985 (governo Craxi) con cui si sono modificati i Patti Lateranensi, ci sia una clausola che non tutti conoscono: «In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse». Un po’ di numeri per capire meglio. Panorama ha consultato i dati più recenti pubblicati dal ministero dell’Economia, relativi ai redditi 2020 (ripartiti nel 2024): a scegliere al momento della dichiarazione dei redditi una confessione religiosa o lo Stato sono stati circa 16,7 milioni di contribuenti, il 41 per cento del totale. È ovvio che in un Paese a trazione cattolica la maggioranza di costoro abbia deciso di destinare il suo 8x1000 alla Chiesa cattolica: parliamo di circa 11,8 milioni di persone, il 70,3 per cento di chi ha barrato una casella. Ed ecco l’inghippo: la maggioranza degli italiani - il 59 per cento, 20 milioni di cittadini circa - non ha espresso alcuna scelta, verosimilmente (la logica vorrebbe questo) pensando che così facendo i soldi sarebbero stati destinati allo Stato o che sarebbero rimasti quantomeno nelle casse dell’Erario. E invece no: il 70,3 per cento dell’8x1000 «non espresso» viene automaticamente versato nelle casse della Chiesa. Il risultato è che, se si contassero solo le scelte espresse, il Vaticano avrebbe dovuto ricevere 409.461.916 euro (cioè il 70,3 per cento di quel 41 per cento che ha barrato la casella «Chiesa cattolica»). E invece con la dichiarazione dei redditi 2020 ha incassato 990.953.330 euro. Due terzi dell’intera torta. E questo accade ormai da anni: sia nel 2022 che nel 2023, tanto per dire, al Vaticano sono stati versati oltre un miliardo di euro, quando in entrambi i casi le scelte espresse avrebbero assicurato poco più di 400 milioni di euro.E questo vale, ovviamente, per tutte le confessioni religiose. I valdesi, per esempio, se si contassero solo le scelte espresse, avrebbero dovuto ricevere 16 milioni e rotti, e invece ne ricevono 40. Gli ultimi arrivati della Soka Gakkai (una sorta di Buddismo su cui, secondo alcuni «fuoriusciti» tante ombre ci sarebbero) avrebbero dovuto ricevere, stando sempre alle scelte esplicitamente espresse, due milioni e invece ne prendono sei.Un problema, questo, a più riprese segnalato dalla Corte dei conti che anche in una recente relazione parla di «discusso meccanismo di ripartizione delle quote del gettito» che «amplifica la scorretta ripartizione del flusso finanziario ai vari beneficiari». Ecco, allora, che allo Stato restano solo le briciole. E, paradosso dei paradossi, poi neanche vengono utilizzate come i contribuenti si aspetterebbero. Forse pochi lo sanno, ma a seconda di determinati parametri e delle domande che vengono presentate da associazioni, Ong o Comuni, lo Stato destina le quote dell’8x1000 che gli sono state assegnate per progetti relativi a calamità naturali, edilizia scolastica, fame nel mondo, assistenza ai rifugiati o beni culturali. La domanda nasce spontanea: questi soldi vengono realmente utilizzati? Per rispondere bisogna consultare l’ultima relazione che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha presentato in Parlamento, relativa per l’appunto alla «erogazione della quota dell’8x1000 a diretta gestione statale» e alla «verifica dei risultati ottenuti» negli anni passati. I dati più recenti, in questo caso, sono i fondi relativi alla dichiarazione dei redditi 2018, ripartiti nel 2022. A barrare la casella «Stato» sono stati 2.695.735, il 15,65 per cento. Ciò avrebbe dovuto assicurare un versamento per i vari progetti pari a 237.121.752 euro. E invece? E invece nulla. Come si legge nella relazione, buona parte di questi fondi è destinata «ad altre attività da interventi normativi». Eh, già. Da anni ormai lo Stato «sfrutta» i soldi dei contribuenti per finanziare capitoli di spesa che altrimenti resterebbero sguarniti. In questo caso parliamo di 133.792.450 euro, il

Feb 8, 2025 - 17:15
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Qualcosa non torna nell'8x1000


Un sistema che non funziona. Non fosse altro per il fatto che le scelte dei contribuenti italiani, in buona parte, semplicemente non vengono rispettate. Eppure da anni nessuno osa toccare il sistema dell’8x1000. «Parliamoci chiaro» rivela un commercialista a mezza bocca. «Parliamo di una truffa legalizzata e nessuno dice nulla». Se, forse, la parola «truffa» è evidentemente esagerata, certamente più di qualcosa non torna. A cominciare da una parte dai soldi che ogni anno vengono «regalati» al Vaticano e alle altre confessioni religiose, e dall’altra da quelli che invece semplicemente lo Stato non utilizza o utilizza male.

Ma facciamo un passo indietro. Con l’8x1000, lo sappiamo bene, parliamo della quota di imposta che ogni contribuente può destinare a una delle diverse confessioni religiose ormai riconosciute, la Chiesa ovviamente in cima a tutte, oppure in alternativa allo Stato. Basta esprimere la scelta compilando un piccolo modulo al momento della dichiarazione dei redditi. Fin qui, si direbbe, tutto chiaro, tutto lineare. Peccato che all’articolo 47 della legge del 1985 (governo Craxi) con cui si sono modificati i Patti Lateranensi, ci sia una clausola che non tutti conoscono: «In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse». Un po’ di numeri per capire meglio.

Panorama ha consultato i dati più recenti pubblicati dal ministero dell’Economia, relativi ai redditi 2020 (ripartiti nel 2024): a scegliere al momento della dichiarazione dei redditi una confessione religiosa o lo Stato sono stati circa 16,7 milioni di contribuenti, il 41 per cento del totale. È ovvio che in un Paese a trazione cattolica la maggioranza di costoro abbia deciso di destinare il suo 8x1000 alla Chiesa cattolica: parliamo di circa 11,8 milioni di persone, il 70,3 per cento di chi ha barrato una casella. Ed ecco l’inghippo: la maggioranza degli italiani - il 59 per cento, 20 milioni di cittadini circa - non ha espresso alcuna scelta, verosimilmente (la logica vorrebbe questo) pensando che così facendo i soldi sarebbero stati destinati allo Stato o che sarebbero rimasti quantomeno nelle casse dell’Erario. E invece no: il 70,3 per cento dell’8x1000 «non espresso» viene automaticamente versato nelle casse della Chiesa. Il risultato è che, se si contassero solo le scelte espresse, il Vaticano avrebbe dovuto ricevere 409.461.916 euro (cioè il 70,3 per cento di quel 41 per cento che ha barrato la casella «Chiesa cattolica»). E invece con la dichiarazione dei redditi 2020 ha incassato 990.953.330 euro. Due terzi dell’intera torta. E questo accade ormai da anni: sia nel 2022 che nel 2023, tanto per dire, al Vaticano sono stati versati oltre un miliardo di euro, quando in entrambi i casi le scelte espresse avrebbero assicurato poco più di 400 milioni di euro.

E questo vale, ovviamente, per tutte le confessioni religiose. I valdesi, per esempio, se si contassero solo le scelte espresse, avrebbero dovuto ricevere 16 milioni e rotti, e invece ne ricevono 40. Gli ultimi arrivati della Soka Gakkai (una sorta di Buddismo su cui, secondo alcuni «fuoriusciti» tante ombre ci sarebbero) avrebbero dovuto ricevere, stando sempre alle scelte esplicitamente espresse, due milioni e invece ne prendono sei.Un problema, questo, a più riprese segnalato dalla Corte dei conti che anche in una recente relazione parla di «discusso meccanismo di ripartizione delle quote del gettito» che «amplifica la scorretta ripartizione del flusso finanziario ai vari beneficiari». Ecco, allora, che allo Stato restano solo le briciole. E, paradosso dei paradossi, poi neanche vengono utilizzate come i contribuenti si aspetterebbero. Forse pochi lo sanno, ma a seconda di determinati parametri e delle domande che vengono presentate da associazioni, Ong o Comuni, lo Stato destina le quote dell’8x1000 che gli sono state assegnate per progetti relativi a calamità naturali, edilizia scolastica, fame nel mondo, assistenza ai rifugiati o beni culturali.

La domanda nasce spontanea: questi soldi vengono realmente utilizzati? Per rispondere bisogna consultare l’ultima relazione che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha presentato in Parlamento, relativa per l’appunto alla «erogazione della quota dell’8x1000 a diretta gestione statale» e alla «verifica dei risultati ottenuti» negli anni passati. I dati più recenti, in questo caso, sono i fondi relativi alla dichiarazione dei redditi 2018, ripartiti nel 2022. A barrare la casella «Stato» sono stati 2.695.735, il 15,65 per cento. Ciò avrebbe dovuto assicurare un versamento per i vari progetti pari a 237.121.752 euro. E invece? E invece nulla. Come si legge nella relazione, buona parte di questi fondi è destinata «ad altre attività da interventi normativi». Eh, già. Da anni ormai lo Stato «sfrutta» i soldi dei contribuenti per finanziare capitoli di spesa che altrimenti resterebbero sguarniti. In questo caso parliamo di 133.792.450 euro, il 56,42 per cento di quei 237 milioni versati dai singoli cittadini con la dichiarazione dei redditi. Ecco che così restano solo 103 milioni e rotti. Meno della metà. Ma non è finita qui: grazie a una legge del 2014 (governo Renzi) il 20 per cento di ciò che resta deve essere versato di default all’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo. Ed ecco allora che l’8x1000 che i cittadini hanno versato allo Stato si riduce ulteriormente rispetto alle scelte effettivamente espresse: 82,6 milioni di euro.

Il punto, però, è che a quanto pare non tutti i progetti presentati per le varie categorie per cui possono essere spesi questi soldi (le ripetiamo: calamità naturali, edilizia scolastica, fame nel mondo, assistenza ai rifugiati, beni culturali) sembra siano ritenuti all’altezza. E così solo alcuni sono ammessi a finanziamento. Risultato? Non tutti i fondi vengono spesi. Leggere per credere: per restaurazione, conservazione o mantenimento dei beni culturali si prevedeva per il 2022 un fondo di 33,4 milioni di euro. Sono state presentate a riguardo 42 istanze e di queste soltanto 20 sono state finanziate. Per finanziamenti complessivi di soli 12,4 milioni di euro. Niente rispetto ai fondi iniziali. E ancora peggio va al capitolo «assistenza ai rifugiati»: dei 16,4 milioni sono stati effettivamente spesi soltanto 4 milioni e rotti. Insomma, tagli su tagli su tagli che alla fine consentono di spendere soltanto briciole. Incuranti delle scelte dei contribuenti che, in questo modo, non vengono rispettate. Le confessioni religiose, Vaticano in testa, sorridono. Mentre lo Stato, lo stesso che ha concepito questa legge contorta e paradossale, piange.

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