Open R&D, un modello per aprire la funzione ricerca e sviluppo e portare innovazione in azienda

La Ricerca e Sviluppo, la tradizionale macchina di innovazione delle grandi aziende, è in panne, per diversi motivi. Per rimetterla in marcia deve aprirsi in modo da poter sviluppare soluzioni deep tech e valorizzare la proprietà intellettuale già sviluppata internamente L'articolo Open R&D, un modello per aprire la funzione ricerca e sviluppo e portare innovazione in azienda proviene da Economyup.

Feb 4, 2025 - 14:10
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Open R&D, un modello per aprire la funzione ricerca e sviluppo e portare innovazione in azienda

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Open R&D, un modello per aprire la funzione ricerca e sviluppo e portare innovazione in azienda



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La Ricerca e Sviluppo, la tradizionale macchina di innovazione delle grandi aziende, è in panne, per diversi motivi. Per rimetterla in marcia deve aprirsi in modo da poter sviluppare soluzioni deep tech e valorizzare la proprietà intellettuale già sviluppata internamente

Pubblicato il 4 feb 2025



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Open R&D

La Ricerca e Sviluppo (R&D) negli ultimi anni in molte grandi aziende è diventata una sfida sempre più complessa: il tradizionale motore di innovazione, sembra essere in panne.

  • Da un lato, la velocità del cambiamento tecnologico e la crescente interdisciplinarità/trasversalità delle innovazioni rendono quasi impossibile sviluppare internamente tutte le soluzioni necessarie per restare competitivi. Quindi l’R&D da solo non sembra più in grado di garantire continuità aziendale e crescita.
  • Dall’altro, la Ricerca e Sviluppo (R&D) crea e accumula proprietà intellettuale non monetizzabile (e di costosa manutenzione). Le aziende possiedono portafogli di proprietà intellettuale accumulati nel tempo – spesso composti da migliaia di brevetti per quelle più grandi – che risultano in gran parte non più strategici o ancora lontani dalla commercializzazione.

Open R&D, un nuovo modello di ricerca e sviluppo

La soluzione?

Un nuovo approccio all’innovazione: l’Open R&D. Un modello che prevede l’apertura verso l’esterno sia per sviluppare nuove pipeline di innovazione, sia per monetizzare asset tecnologici non più centrali per il business aziendale.

In questa intervista con Andrea Sguazzi esploreremo il concetto di Open R&D, il lavoro che stiamo portando avanti in Mind the Bridge e i primi risultati concreti ottenuti collaborando con diverse Fortune 500.

Ho conosciuto Andrea tre anni fa, quando è arrivato a San Francisco per guidare l’Innovation Hub di Enel in Silicon Valley. Da allora, abbiamo lavorato fianco a fianco per costruire un ponte tra le esigenze di innovazione di una grande azienda e le opportunità offerte dal mercato.

Questo lavoro congiunto ha portato a due risultati chiave. Da un lato, abbiamo avviato decine di progetti pilota di collaborazione con startup, con una percentuale significativa che è arrivata ad adozione industriale. Dall’altro, ci siamo trovati di fronte a situazioni in cui il modello del Venture Client non offriva una soluzione efficace.

Le sfide per la Ricerca e Sviluppo aziendale

Mi riferisco in particolare a due tipi di sfide:

  • Problemi di natura industriale estremamente specifici, per i quali non esistono soluzioni di mercato. È difficile, infatti, che startup esterne possano individuare opportunità in contesti tecnici così peculiari o, anche se lo facessero, potrebbero non vedere un mercato abbastanza ampio da giustificare la creazione di un’azienda.
  • Sfide deep tech altamente innovative, come quelle su cui lavorano i dipartimenti di R&D delle grandi aziende.

Proprio per rispondere a questa “zona grigia”, abbiamo sviluppato un nuovo format di Open R&D, e abbiamo scelto Andrea Sguazzi per guidarlo. Da quest’anno, infatti, Andrea è diventato Head of Venture Builder and Startup Programs per Mind the Bridge.

Andrea Sguazzi, al centro, Head of Venture Builder and Startup Programs di Mind the Bridge.

Cos’è il modello Open R&D? Come funziona?

L’Open R&D è un modello , e un nuovo servizio di Mind the Bridge, progettato per accelerare lo sviluppo e la commercializzazione di soluzioni innovative. Il modello punta a soddisfare due principali bisogni delle aziende:

  1. lo sviluppo di soluzioni deeptech per affrontare sfide specifiche;
  2. la valorizzazione di proprietà intellettuale (IP) già sviluppata internamente.

Quando si parte da una sfida specifica, il percorso inizia con l’organizzazione di un hackathon, durante il quale coinvolgere ricercatori di alto livello (in genere post-PhD) e imprenditori specializzati nel settore tecnologico di riferimento. Questo momento serve a generare idee, valutarne la fattibilità scientifica e tecnologica e creare un primo concept della soluzione. In seguito, si passa rapidamente a fasi di sviluppo, che comprendono prototipazione e la costruzione di un MVP (minimum viable product). Se i risultati sono promettenti, l’azienda può decidere di procedere con la creazione di uno spin-off, così come internalizzare la soluzione.

Nel caso in cui si parta invece da un IP esistente, il nostro ruolo è trovare team già operativi su soluzioni simili, interessati a sfruttare la tecnologia per sviluppare nuovi prodotti o servizi. Questi team possono combinare la tecnologia con altre soluzioni o adattarla a mercati diversi. In entrambe le situazioni, Mind the Bridge non si limita a identificare i talenti, ma offre competenze di project management e accelerazione per portare rapidamente la soluzione sul mercato.

Questo approccio offre maggiore flessibilità rispetto ai modelli di R&D tradizionali, riducendo rischi e tempi di esecuzione e aumentando la competitività delle aziende sul fronte dell’innovazione.

Perché non bastano le collaborazioni con le università?

Le aziende, in particolare quelle grandi, hanno una vasta ed estesa rete di collaborazioni con università. Tuttavia queste collaborazioni faticano a produrre risultati in tempi brevi per una serie di ragioni:

  • Rigide partnership accademiche: Collaborare con università o dipartimenti di ricerca spesso porta a partenariati poco flessibili, con limitato controllo sugli sviluppi e una difficoltà di collaborazione tra dipartimenti o enti diversi.
  • Limitate competenze interdisciplinari: Lo sviluppo di soluzioni oggi richiede competenze che spaziano dalla scienza applicata allo sviluppo software e alla meccanica. Contrattualizzare una singola università non garantisce l’accesso a tutte le competenze necessarie con lo stesso livello di eccellenza. Spesso poi l e università (in particolare nel Vecchio Continente) soffrono dell’“effetto silo”, con dipartimenti organizzati in modo verticale.
  • Difficile trasferimento tecnologico: È spesso difficile trasformare i risultati della ricerca accademica in soluzioni commerciali, per la rigidità degli enti e la scarsa attitudine imprenditoriale (in particolare in Europa).

Tutti questi fattori rallentano la capacità di innovare, aprendo spazi a modelli più flessibili come Open R&D.

Perché fare Open R&D negli Stati Uniti?

Mind the Bridge ha come missione quella di connettere ecosistemi di innovazione. I nostri clienti hanno già rapporti consolidati con le principali università italiane ed europee; non intendiamo sostituire queste collaborazioni, ma aprire nuove finestre di opportunità facendo leva sulla forza ed unicità dell’ecosistema americano.

La scelta degli Stati Uniti non è tanto legata al talento o alle competenze tecniche (che sono ottime e talvolta anche superiori negli atenei del Vecchio Continente), quanto alla mentalità e scalabilità che si trova oltre oceano:

  • Negli Stati Uniti esiste un sistema consolidato che incentiva la creazione di spin-off.
  • Le università dispongono di Technology Transfer Office strutturati e processi ben rodati per la commercializzazione della ricerca.
  • Gli stessi dottorandi e ricercatori hanno una visione diversa: molti vedono il percorso accademico come propedeutico alla creazione di una startup ad alto contenuto tecnologico, piuttosto che al proseguimento di una carriera accademica.

Questi elementi rendono l’ecosistema americano ideale per il nostro modello di Open R&D senza peraltro dire che non possa trovare applicazione in altre aree geografiche. Ma l’America è il terreno di gran lunga più fertile per partire.

Qual è il rapporto dell’Open R&D con con gli altri strumenti di Open Innovation?

L’Open R&D è uno strumento complementare sia alla funzione di Ricerca e Sviluppo interna che agli strumenti di open innovation e che le aziende già utilizzano. Nello specifico, risponde a necessità tecnologiche troppo specifiche o legate a tecnologie troppo early-stage per essere affrontate da startup esistenti.

E’ inoltre integrabile con programmi aziendali di imprenditorialità, quali l’Intrapreneurship, creando team misti di esperti interni ed esterni per valorizzare e monetizzare proprietà intellettuali esistenti.

L’ Open R&D integra e completa il modello di Venture Client, oggi molto diffuso, e supporta i bisogni di innovazione non core che il team di R&D interno potrebbe non essere in grado di affrontare.

Offre una sinergia con fondi di CVC e Venture Builder aziendali, creando opzioni di investimento o di acquisizione (per integrazione degli sviluppi).

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