Indicazioni sul potere di autotutela e il silenzio rigetto in ambito edilizio

lentepubblica.it Focus dell’Avvocato Maurizio Lucca su un argomento importante e interessante per il mondo della PA: il potere di autotutela e il silenzio rigetto in ambito edilizio. In via generale, ai sensi del comma 1, dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990, il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio (atto di secondo grado o di […] The post Indicazioni sul potere di autotutela e il silenzio rigetto in ambito edilizio appeared first on lentepubblica.it.

Feb 4, 2025 - 14:09
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Indicazioni sul potere di autotutela e il silenzio rigetto in ambito edilizio

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Focus dell’Avvocato Maurizio Lucca su un argomento importante e interessante per il mondo della PA: il potere di autotutela e il silenzio rigetto in ambito edilizio.


In via generale, ai sensi del comma 1, dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990, il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio (atto di secondo grado o di ritiro, con effetti ex tunc, della PA nell’esercizio della discrezionalità non dell’obbligatorietà):

  • sussistendone le ragioni di interesse pubblico;
  • entro un termine ragionevole [1], comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione (si sostanzia nella rimozione di un limite all’esercizio di facoltà giuridiche già incluse) o di attribuzione di vantaggi economici (attribuzione di vantaggi finanziari in grado di impegnare pro futuro la programmazione dell’attività/sfera giuridica del beneficiario), inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato il silenzio assenso (ex 20 della cit. legge, ad es. i titoli edilizi che si formano implicitamente) [2], con possibilità di superare il termine a fronte di “irregolarità/falsità insanabili” (comma 2 bis) non potendo il privato responsabile vantare alcun legittimo affidamento nell’eventualità che questi abbia violato consapevolmente o per negligenza il dovere di correttezza (presentando documenti/stati/fatti non veritieri)[3];
  • tenendo conto degli interessi dei destinatari (soggetti direttamente incisi) e dei controinteressati (bilanciamento dei soggetti che trovandosi in una contrapposta posizione consolidata, mira al suo mantenimento);
  • dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge (dotato di competenza).
  • fatta salva (facoltà) la possibilità di convalida sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole (comma 2).

Natura del potere

L’esercizio del potere di autotutela è espressione di una rilevante discrezionalità che non esime l’Amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei menzionati presupposti: l’ambito di motivazione esigibile è integrato non soltanto dall’allegazione del vizio ma anche dalla spiegazione del particolare atteggiarsi dell’interesse pubblico sotteso all’annullamento, il quale può certamente essere prevalente rispetto al contrapposto interesse del privato, purché ne venga dato adeguato conto, ex art. 3 della legge n. 241/1990 [4].

Giusto corollario di tale natura porta a ritenere che non possa contestarsi una eventuale inerzia della PA nel mancato esercizio del potere di autotutela (compulsando inutilmente l’azione amministrativa), specie a fronte di puntuali richieste del privato: il silenzio della PA non determina un vuoto di tutela costituzionalmente illegittimo, non potendo il privato pretendere l’attivazione di un procedimento discrezionale, sostituendosi nella “comparazione/graduazione” dell’interesse pubblico, neppure il GA potrà esercitare un potere ad esso non attribuito (non è sindacabile) [5]: l’inerzia non viene connotata dalla legge come inadempimento [6].

Ambito edilizio

Pare giusto chiarire che l’eccezione al termine ragionevole decorre solo dal momento in cui l’Amministrazione ha appreso della richiamata non veridicità, nel caso di rilascio di titoli abilitativi sulla base di dichiarazioni oggettivamente non veritiere (e a prescindere dagli eventuali risvolti di ordine penale), laddove la fallace prospettazione abbia sortito un effetto rilevante ai fini del rilascio del titolo (una deroga in presenza della lesione della bona fides) [7].

Di contro, una volta superato il termine dei dodici mesi, per l’esercizio del potere di controllo postumo sulla validità dei titoli edilizi, si è consumato il potere di intervenire in autotutela, ove sia dimostrata la colpa grave del Comune per non avere esercitato, nei termini di legge, i poteri di intervento ed avendo così fatto sorgere un legittimo affidamento del terzo acquirente di buona fede, estraneo alle vicende scoperte a distanza di anni e imputabili unicamente al diverso proprietario del tempo [8].

Al riguardo, va ribadito che anche nel caso di rappresentazioni non veritiere la PA nell’esercizio dei propri poteri di autotutela gode di discrezionalità in quanto l’asserito “mendacio” (o dichiarazioni non veritiere) non obbliga l’Amministrazione all’esercizio dei poteri inibitori e repressivi invocati, che, presupponendo la non conformità dell’atto alle vigenti norme edilizie e urbanistiche, richiede anche la ricorrenza dell’ulteriore presupposto dell’interesse pubblico al ritiro dell’atto, valutato tenendo anche conto degli interessi privati in gioco [9].

Si può condurre ad un orientamento secondo il quale, nel bilanciamento tra l’interesse pubblico alla rimozione dell’atto illegittimo e la tutela dell’affidamento dei destinatari circa la certezza e la stabilità degli effetti giuridici prodotti dal provvedimento, la ricerca del giusto equilibrio induce a dare maggiore rilevanza all’interesse del privato alla stabilità del bene della vita con esso acquisito, tutte le volte in cui v’è stato un comportamento gravemente colposo dell’Amministrazione, la quale non ha correttamente assolto all’obbligo di collaborazione e buona fede, attivandosi in presenza delle condizioni legittimanti (la percezione dell’illegittimità) [10].

Il bilanciamento

Condizioni indicative dell’inesauribilità del potere amministrativo di autotutela (non coercibile) [11] che – fuori dei casi contingentati dalla legge – non può essere assoggettato ad un rigido limite temporale preclusivo, ove si considera la rilevanza dell’interesse pubblico sotteso all’azione dell’Amministrazione: le c.d. prevalenti ragioni di interesse pubblico concrete e attuali, diverse da quelle al mero ripristino della legalità violata, tenuto conto delle posizioni giuridiche coinvolte, dovendo effettuare (in questo senso) un motivato bilanciamento fra:

  • l’interesse pubblico al ripristino della legalità violata;
  • e l’interesse dei destinatari al mantenimento dello status quo ante;
  • interesse rafforzato dal legittimo affidamento, determinato dall’adozione dell’atto e dal decorso del tempo.

Ciò posto, l’esercizio del potere di autotutela, anche in materia di governo del territorio, è espressione di una rilevante discrezionalità che non esime l’Amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei menzionati presupposti: il potere di autotutela deve essere esercitato entro un termine ragionevole, tanto più quando il privato, in ragione del tempo trascorso, ha riposto, con la realizzazione del progetto, un ragionevole affidamento sulla regolarità dell’autorizzazione edilizia [12].

Pronunciamento

La sez. VII, del Consiglio di Stato, con la sentenza 29 gennaio 2025, n. 688 (Est. Tulumello), consolida l’orientamento sul potere dell’Amministrazione di esercitare l’annullamento d’ufficio – a distanza di tempo – in un procedimento di condono, ove la stessa (successivamente) venga a conoscenza di irregolarità, rilevando, allo stesso tempo, che il mancato riscontro (il silenzio) alla richiesta di conformità edilizia, ex art. 36, Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità, del DPR n. 380/2001, equivale a rigetto pur in presenza di un’istruttoria.

La regolarità urbanistica – edilizia (certificato di agibilità)

Non vi è dubbio che la regolarità urbanistico edilizia sia oggetto della specifica funzione del titolo edilizio, sebbene ciò non incida sul fatto che – in ogni caso – il rilascio del certificato di agibilità presupponga la regolarità urbanistico edilizia dell’immobile, che dunque deve essere previamente accertata; ciò perché, ragionando diversamente, si perverrebbe al paradossale effetto di rilasciare certificati di agibilità (alias conformità) per immobili non conformi alla disciplina urbanistica, il che sarebbe espressione di illogicità e contraddittorietà dell’azione amministrativa: l’accertamento della conformità dei manufatti alle norme urbanistico-edilizie costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità, ma anche che ciò è evidente, in quanto, ancor prima della logica giuridica, è la ragionevolezza ad escludere che possa essere utilizzato, per qualsiasi destinazione ed a prescindere dal suo concreto assetto, un fabbricato non conforme alla normativa urbanistico-edilizia e, come tale, potenzialmente in contrasto con la tutela della pluralità d’interessi collettivi alla cui protezione la disciplina è preordinata [13].

La domanda di condono

Giova rammentare che la presentazione della domanda di condono edilizio, se per un verso produce effetti conservativi dello status quo ante rispetto alle attività svolte anteriormente alla presentazione della relativa domanda, non comporta anche effetti ampliativi nella sfera giuridica dell’interessato posto che, prima del rilascio della sanatoria, la mera domanda di condono non integra la sussistenza di un titolo e le opere realizzate sono comunque da considerare abusive in quanto prive di abilitazione.

Ne consegue che il carattere abusivo degli interventi è ostativo ad una eventuale intrapresa o permanenza di qualsiasi attività che abbia, tra i suoi indefettibili presupposti, quello della conformità urbanistico – edilizia dei locali ove l’attività medesima è svolta, per cui è da escludere, ad esempio, che un’attività commerciale possa essere autorizzata in locali interessati dalla domanda di condono prima della favorevole definizione del relativo procedimento [14].

Volendo andare oltre, si riafferma che in materia di edilizia, in presenza di abusi edilizi, la vigente normativa urbanistica non pone alcun obbligo in capo all’Autorità comunale, prima di emanare l’ordinanza di demolizione, di verificarne la sanabilità, ai sensi dell’art. 36, DPR n. 380 del 2001, e tanto si evince chiaramente dagli artt. 27 e 31 del cit. DPR n. 380/2001, che obbligano il responsabile del competente ufficio comunale a reprimere l’abuso, senza alcuna valutazione di sanabilità, nonché dallo stesso art. 36 che rimette all’esclusiva iniziativa della parte interessata l’attivazione del procedimento di accertamento di conformità urbanistica ivi disciplinato [15].

Fatto

Il fatto del caso nasce da un ricorso davanti al TAR contro l’annullamento in autotutela di un permesso di costruire per un fabbricato sito nel territorio comunale, e della conseguente ordinanza di demolizione; in seguito la parte, motivi aggiunti, ha proposto azione avverso il silenzio inadempimento della PA sull’istanza di accertamento di conformità.

Si riteneva applicabile l’eventuale difformità rispetto all’assenza del titolo, inoltre il mancato rispetto del termine di sessanta giorni, disposta dal comma 3, dell’art. 36 del TUE («Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata»), non avrebbe consentito all’Amministrazione di operare, a fronte di una esplicita richiesta, formandosi su quest’ultima non il silenzio rigetto ma silenzio inadempimento, di cui all’art. 2 della legge n. 241/1990 [16].

Merito

In prime cure, veniva accertata la legittimità del provvedimento di annullamento in autotutela in quanto:

  • sufficientemente motivato anche in relazione all’interesse pubblico ad esso sotteso, nonché all’assenza delle dovute autorizzazioni e in difformità a quanto assentito e realizzato;
  • provvedimento adottato entro un termine “ragionevole”, ai sensi dell’art. 21 – nonies della legge n. 241/1990;
  • veniva, inoltre, accertato la formazione del silenzio – rigetto – e non di un mero silenzio inadempimento – rispetto all’istanza di accertamento di conformità, ex 36, DPR n. 380/2001 («riscontrata dall’amministrazione attraverso il solo preavviso di rigetto, da ritenersi non ostativo al perfezionarsi di un silenzio con valore legale tipico di provvedimento di rigetto»).

In seconde cure, l’appello viene respinto sulle seguenti considerazioni:

  • non vi sarebbe difetto di motivazione del provvedimento in autotutela sotto il profilo dell’interesse pubblico e della comparazione di quest’ultimo con l’interesse privato «in considerazione del lungo lasso di tempo intercorso dal rilascio del titolo» (ammontante a sei anni e sette mesi): il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consuma il potere di adozione dell’annullamento d’ufficio e che, in ogni caso, il termine ‘ragionevole’ per la sua adozione decorra soltanto dal momento della scoperta, da parte dell’Amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro;
  • in effetti, l’onere motivazionale gravante sull’Amministrazione è stato assolto, osservando che le giustificazioni della PA possono presentarsi attenuate in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati che depongano nel senso dell’esercizio del ius poenitendi, rinvenibile nell’istruttoria effettuata (e richiamata negli atti di sanatoria: le diverse difformità e assenza di requisiti previsti dalla legge, nonché le dovute autorizzazioni non prodotte, l’omesso pagamento degli oneri, la violazione delle altezze, il mancato asservimento trascritto);
  • le conseguenze di simili premesse («la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole») [17] impediscono un legittimo affidamento del privato, risultando corretta la motivazione attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte (termine ragionevole rapportato al momento di conoscenza della PA delle cit. circostanze);
  • pur in presenza di un solo preavviso di rigetto (atto istruttorio interno e strumento di semplificazione) [18] alla domanda di accertamento di conformità, si deve ritenere perfezionato il silenzio rigetto (non, dunque, inadempimento) trascorso il termine previsto espressamente dalla norma: il silenzio della PA, di cui all’art. 36 TU edilizia, ha un valore legale tipico di rigetto, costituisce cioè una ipotesi di silenzio significativo al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego [19];
  • il regime previsto in materia di sanatoria ordinaria di abusi edilizi non preclude un provvedimento tardivo di diniego espresso (che può essere impugnato anche con atto di motivi aggiunti), donde il preavviso di diniego non impedisce l’attribuzione – al maturare di un’inerzia protratta oltre il termine stabilito dalla norma – del valore legale tipico di silenzio provvedimentale (effetto impeditivo che invero può riconoscersi solo al provvedimento espresso, conclusivo del procedimento, ancorché tardivamente adottato, ma non già ad un mero atto endoprocedimentale, cui non può evidentemente conseguire l’invocato effetto di “rinuncia” rispetto ad una conseguenza del decorso del tempo stabilita dalla legge) [20].

Precisazioni

Va detto, sotto questo ultimo aspetto, che l’istanza di accertamento di conformità spesso consegua proprio all’avvenuto avvio di un procedimento sanzionatorio, stante che la sua proposizione è consentita «fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative» (ex art. 36, comma 1, del DPR n. 380/2001), rendendo fisiologico che il relativo procedimento intersechi quello sanzionatorio, che anzi ne costituisce spesso il fattore determinante della decisione, proprio allo scopo di non incorrere nella effettiva demolizione.

In tale prospettiva, pur se risulta coerente la sospensione temporanea dell’esecuzione del provvedimento demolitorio, questo si limita al tempo strettamente necessario alla definizione, anche solo tacita, del procedimento: il mancato accoglimento dell’istanza, non avendo dato seguito al provvedimento dopo il c.d. preavviso di rigetto, non ne impone poi la successiva riadozione trascorso il termine per il formarsi del silenzio rigetto, non potendo consentire al privato, destinatario del provvedimento sanzionatorio, il potere di paralizzare l’iter amministrativo trasformando il silenzio significativo in silenzio inadempimento [21].

Silenzio significativo

Siamo in presenza di un silenzio diniego atteso che con il decorso del tempo «la richiesta si intende rifiutata» (già presente nell’abrogato comma 2 dell’art. 13, Accertamento di conformità, della legge n. 47/1985: «Sulla richiesta di concessione o di autorizzazione in sanatoria il sindaco si pronuncia entro sessanta giorni, trascorsi i quali la richiesta si intende respinta»), ovvero, secondo le diverse sfumature, il silenzio serbato sull’istanza di accertamento di conformità urbanistica ha natura di atto tacito di reiezione dell’istanza, e, quindi di silenzio significativo (un mero fatto) e non di silenzio rifiuto (in modo similare con il comma 4, dell’art. 25, Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi, della legge n. 241/1990: primo periodo «Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta»).

Se dunque vi è un obbligo generale di provvedere, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241/1990, la cui violazione comporta la formazione del silenzio inadempimento [22], con possibilità di nomina di Commissario ad acta (un soggetto individuato per la sostituzione del soggetto inerte) [23] per l’adempimento, vi sono delle deroghe presenti nell’ordinamento, comportando un determinato valore al silenzio significativo, nelle sue manifestazioni di silenzio assenso e silenzio rigetto, che si contrappongono al silenzio inadempimento dove il paradigma giuridico postula un mancato esercizio di una potestà amministrativa di natura discrezionale (e, pertanto, siamo in presenza dell’inerzia colposa: «Le sentenze passate in giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio inadempimento dell’amministrazione sono trasmesse, in via telematica, alla Corte dei conti», secondo periodo del comma 8, dell’art. 2 della legge n. 241/1990) [24].

Decorso il termine di sessanta giorni si forma un silenzio significativo (silenzio diniego) al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego: il provvedimento, in quanto tacito, è già di per sè privo di motivazione e il diniego derivante dal silenzio è impugnabile non per difetto di motivazione ma per il suo contenuto di rigetto.

Orientamento consolidato

In termini più immediati, la sentenza si allinea ai precedenti arresti giurisprudenziali, sul potere dell’Amministrazione di agire in autotutela, ritenendo, altresì, legittimo, anche senza attendere gli esiti del preavviso di rigetto (che presupporrebbe un atto espresso), la formazione del silenzio rigetto, donde nessuna conseguenza impeditiva alla sua composizione di rifiuto alla sanatoria, pur in presenza di interlocuzioni istruttorie: nessuna legittima aspettativa del privato nel buon esito della pratica in presenza di palesi difformità sia al modello normativo che alle condizioni di fatto.

Se nel passato si è ampiamente disquisito sulla portata della decorrenza infruttuosa di tale termine (quello del terzo comma, dell’art. 36 cit.), sia avuto riguardo ai possibili rimedi accordati alla parte, sia in relazione alla pronuncia negativa tardiva del Comune [25], l’orientamento si consolida in forza del quale il silenzio dell’Amministrazione sulla istanza di accertamento di conformità, di cui all’art. 36 del TU Edilizia [26], ha un valore legale tipico di rigetto e cioè costituisce una ipotesi di silenzio significativo al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego [27].

Note

[1] Risulta del tutto congruo che il termine decorra soltanto dal momento in cui l’Amministrazione è venuta concretamente a conoscenza dei profili di illegittimità dell’atto, Cons. Stato, Ad. Plen., 17 ottobre 2017, n. 8. In effetti, il nostro ordinamento esclude un potere di autotutela temporalmente illimitato, a seguito e per effetto della introduzione, ad opera della legge n. 124 del 2015, del termine di esercizio dell’autotutela nell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990, quantificato nel massimo di diciotto mesi, poi ridotto a dodici, come modificato dall’art. 63, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2021, n. 108.

[2] Affinché il silenzio assenso si possa dire legittimamente formato è necessario che l’istanza presentata sia completa e consenta alla Pubblica Amministrazione una compiuta valutazione, in quanto solo la completezza formale dell’istanza e l’integrale adempimento degli oneri di documentazione relativi alla sussistenza dei requisiti sostanziali, al tempo di ultimazione dei lavori, all’ubicazione, alla consistenza delle opere abusive e ad ogni altro elemento rilevante consentono all’Amministrazione di esercitare utilmente i propri poteri di verifica, TAR Sicilia Catania, sez. IV, 13 dicembre 2024, n. 4089, idem TAR Veneto, sez. II, 29 ottobre 2024, n. 2539.

[3] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 11 novembre 2024, n. 8967.

[4] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 febbraio 2024, n. 1926; sez. VII, 9 gennaio 2024, n. 293; sez. VI, 21 novembre 2023, n. 9962; sez. IV, 7 settembre 2018, n. 5277.

[5] Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2017, n. 611. Cfr. LUCCA, Sollecito di autotutela in ambito edilizio, segretaricomunalivighenzi.it, 27 maggio 2020, ove si chiarisce che il giudizio avverso il silenzio – inadempimento, ai sensi dell’art. 31 cod. proc. amm, presuppone, tra l’altro, che l’Amministrazione abbia violato il dovere di provvedere, ex art. 2 della legge n. 241/1990: nei procedimenti di secondo grado si esclude un obbligo di provvedere laddove l’istanza del privato sia volta a sollecitare il riesame di un atto divenuto inoppugnabile.

[6] TAR Lazio, Roma, sez. V, 18 settembre 2024, n. 16456.

[7] Cons. Stato, sez. III, 5 novembre 2024, n. 8797.

[8] CGA Sicilia, Ad. sez. riunite, 7 dicembre 2023, n. 472,

[9] Cons. Stato, sez. VI, 18 novembre 2022, n. 10186.

[10] Ciò risponde al dovere delle Amministrazioni pubbliche di comportarsi secondo correttezza e buona fede nei rapporti con i cittadini, aspetto che la legislazione ha assecondato progressivamente, inserendone la previsione nella legge fondamentale sul procedimento amministrativo, n. 241 del 1990, a sottolinearne la strategicità (comma 2 bis dell’art. 1, rubricato Principi generali dell’attività amministrativa”, inserito in sede di conversione del già richiamato decreto legge “semplificazioni”), Cons. Stato, sez. II, 20 novembre 2020, n.7237.

[11] La discrezionalità amministrativa, di cui è titolare – in via esclusiva l’Amministrazione – per la tutela dell’interesse pubblico comporta che non è configurabile un obbligo di provvedere a fronte di istanze di riesame di atti precedentemente emanati, conseguente alla natura officiosa e ampiamente discrezionale, soprattutto nell’an, del potere di autotutela ed al fatto che, rispetto all’esercizio di tale potere, il privato può avanzare solo mere sollecitazioni o segnalazioni prive di valore giuridicamente cogente, Cons. Stato, sez. IV, 21 maggio 2024, n. 4518.

[12] Cons. Stato, sez. VI, 28 febbraio 2023, n. 2022.

[13] Cons. Stato, sez. VI, 18 gennaio 2022, n. 31; sez. II, 22 marzo 2021, n. 2451; sez. V, 14 marzo 2023, n. 2669.

[14] Cfr. TAR Campania, Napoli, sez. III, 1° febbraio 2023, n. 738; 14 giugno 2022, n. 4004, 7 novembre 2017, n. 5215 e 2 novembre 2015, n. 5081.

[15] Tar Campania, Salerno, sez. II, 3 febbraio 2025, n. 230, idem TAR Lazio, Roma, II Stralcio, 4 ottobre 2024, n. 17186.

[16] L’Autorità amministrativa, nel caso in cui riscontri l’eventuale incompletezza della documentazione offerta in comunicazione dal richiedente, prima di adottare l’atto finale, è tenuta ad invitare l’interessato a porvi rimedio, assegnando un congruo termine per ottemperare alla richiesta istruttoria, TAR Sicilia, Palermo, sez. V, 29 gennaio 2025, n. 242.

[17] Cons. Stato, Ad. Plen., 17 ottobre 2017, n. 8.

[18] La doverosa responsabilizzazione del privato esigerebbe la produzione della documentazione in modo completo al fine di consentire al RUP di esaminarla – in senso collaborativo – con tempestività ed unicità di richieste integrative, evitando la reiterazione dei contatti per il semplice tramite di una valutazione iniziale esaustiva e trasparente, anche a tale riguardo, si veda la novella all’art. 20 del TU Edilizia, attuata con il d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, che con riferimento al permesso di costruire ha espressamente previsto che, fermi restando gli effetti comunque prodotti dal silenzio, lo sportello unico per l’edilizia dei Comuni rilasci anche in via telematica, entro quindici giorni dalla richiesta dell’interessato, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento, in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di provvedimenti di diniego, Cons. Stato, sez. II, 6 maggio 2021, n. 3545.

[19] Cons. Stato, sez. VI, 27 giugno 2023, n. 5664.

[20] Occorre precisare che la completezza della domanda, sia nel senso del corredo documentale obbligatorio, che avuto riguardo alle somme dovute, incide sia sulla decorrenza del termine per la formazione del silenzio assenso, sia ai fini della riconosciuta possibilità all’Amministrazione di verificare la congruità dei versamenti effettuati, Cons Stato, sez. II, 12 aprile 2021, n. 2952.

[21] La giurisprudenza riconnette alla mancata presentazione dei documenti richiesti nei termini stabiliti l’effetto di rendere l’istanza di condono improcedibile con conseguente diniego, TAR Sicilia, Palermo, sez. V, 19 novembre 2024, n. 3172; Cons. Stato, sez. VI, 5 gennaio 2023, n. 197; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 5 maggio 2023, n. 707.

[22] Potendo aprire la strada al danno da ritardo, ovvero il risarcimento del danno da ritardata conclusione del procedimento amministrativo, conseguenza dannosa del comportamento contra ius della PA, ossia il ritardo colpevole nella definizione del procedimento, la cui cognizione sulla domanda risarcitoria del privato viene rimessa al GA, poiché si risolve nella contestazione circa l’omesso o cattivo (in tempi e modi non congrui) esercizio di un dato potere da parte dell’Amministrazione, donde la posizione giuridica soggettiva del danneggiato è costituita dall’interesse legittimo al corretto esercizio di tale potere, Cass., S.U., sentenze n. 10095/2015 e Cass., S.U., sentenza n. 21678/2021; sussiste, per converso, la giurisdizione del giudice ordinario nell’ipotesi di responsabilità civile della PA per lesione del legittimo affidamento del privato da contatto sociale “qualificato” (Cass., S.U., sentenza n. 1567/2023), ovvero in quella in cui, sebbene l’inerzia della P.A. sia collegata al mancato esercizio di attività provvedimentale, la stessa assuma natura di attività vincolata (Cass., S.U., sentenza n. 7737/2023), Cass. civ, sez. lav., 6 dicembre 2024, n. 4518.

[23] Una sorta di Commissario ad acta, già presente nel giudizio di ottemperanza, per la puntuale verifica dell’esatto adempimento di spettanza dell’Amministrazione: un obbligo di conformarsi al dovere di adempiere (giudicato) per far conseguire concretamente all’interessato l’utilità o il bene della vita disposti dalla legge, ovvero riconosciutogli in sede di cognizione, Cons. Stato, sez. VI, 20 novembre 2017, n. 5339.

[24] Nell’azione avverso il silenzio amministrativo, il giudice amministrativo non può entrare nel merito della domanda laddove sussista discrezionalità amministrativa, a meno che la richiesta non sia radicalmente vincolata, evidenziando così la strumentalità dell’azione, ex artt. 31 e 117 cpa, TAR Puglia, Bari, sez. I, 5 novembre 2024, n. 1148.

[25] TAR Lazio, Roma, sez. II, 8 gennaio 1994, n. 2; TAR Lombardia, Milano, 30 luglio 1996, n. 1257; TAR Molise, 9 dicembre 1994, n. 327, nel senso che il giudice può statuire solo l’obbligo di provvedere; contra, TAR Marche, 18 dicembre 1992, n. 777.

[26] In caso di rigetto dell’istanza, che peraltro sopravviene in caso di inerzia del Comune dopo soli 60 giorni, l’ordine di demolizione riacquista la sua piena efficacia, Cons. Stato, sez. VI, 28 settembre 2020, n. 5669. È noto che la presentazione di un’istanza di sanatoria, ex art. 36 del DPR n. 380/2001, sospende l’efficacia dell’ordine demolitorio, in quanto l’ordine stesso è subordinato all’esito della valutazione dell’istanza di sanatoria, TAR. Campania, Salerno, sez. II, 4 novembre 2024, n. 2076; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 25 ottobre 2024, n. 5699.

[27] Siamo in presenza di un silenzio significativo in senso sfavorevole al richiedente, il c.d. silenzio – diniego (quando la legge lo equipara a diniego), che va impugnato, alla stregua di un provvedimento esplicito di rigetto, entro il termine decadenziale, adducendo, tuttavia, esclusivamente, ragioni di diritto tese a comprovare la sanabilità degli abusi, con esclusione del deficit di motivazione, del quale la fattispecie in questione risulta ope legis strutturalmente carente: il predetto provvedimento, in quanto tacito, è già di per sé privo di motivazione ed è impugnabile non per difetto di motivazione o di istruttoria, bensì per il suo contenuto di rigetto, TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 22 ottobre 2024, n. 5584. Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1° febbraio 2017, n. 410 e 6 giugno 2008, n. 2691.

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