Mediobanca: la vera posta in gioco sono le Generali
Se l’offerta di acquisto lanciata dal MontePaschi andrà in porto, la coppia Del Vecchio - Caltagirone potrà finalmente conquistare la guida del gruppo delle assicurazioni, dopo la sconfitta nell’assemblea del 2022. Il pieno sostegno del governo all’operazione. Nasce un formidabile blocco di potere politico-finanziario
Come minimo Enrico Cuccia si starà rivoltando nella tomba. Per il fondatore del cosiddetto salotto buono del capitalismo italiano, per 55 anni alfiere (almeno di facciata) del liberismo, sarebbe stato uno shock solo immaginare che la sua creatura sarebbe finita sotto il controllo del Monte dei Paschi di Siena, storicamente una delle banche più condizionate dalla politica, con la fattiva collaborazione del governo.
Se l’operazione andrà in porto, sarà frutto di un sapiente mix fra un capolavoro di ingegneria finanziaria e inedite alleanze economico-politiche. Porterà a un totale riassetto del potere finanziario italiano, considerato che la vera posta in gioco della partita sono le Assicurazioni Generali.
Oggi a Piazza Affari Generali segna un lieve rialzo dell’1% a 29,8 euro. Il titolo è già sopra il target price del consensus degli analisti, pari a 27,7 euro e questa operazione difficilmente aiuterà un’ulteriore crescita delle quotazioni, perché la società diventerà meno contendibile.
Protagonisti dell’operazione sono la famiglia Del Vecchio, ovvero gli eredi del fondatore di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, e il gruppo Caltagirone. Da anni hanno investito svariati miliardi di euro per acquistare peso nelle Generali. Nel 2022 tentarono di assumerne la guida, ma al momento del voto in assemblea gli azionisti, soprattutto i grandi fondi di investimento internazionali, preferirono appoggiare la lista del consiglio di amministrazione uscente, che aveva il sostegno di Mediobanca.
Dal 2022 a oggi i rapporti di forza nella compagine azionaria delle oni Generali non sono cambiati: il primo azionista è Mediobanca con il 13%, seguito da Delfin, la cassaforte dei Del Vecchio con il 9,9%, e da Caltagirone con il 6,9%. Quarto importante azionista è la famiglia Benetton con il 4,8%.
La rivincita della coppia Del Vecchio-Caltagirone è partita da lontano. La prima tappa è stata la costruzione di una solida alleanza con la maggioranza parlamentare che sostiene il governo di Giorgia Meloni. Approvato in via definitiva in Parlamento nel febbraio scorso, il Ddl Capitali modifica, fra le altre cose, le modalità con cui vengono presentate le liste dei candidati ai consigli di amministrazione delle società. La principale di queste modifiche è la costruzione di un assurdo e bizantino percorso a ostacoli che rende molto difficile, se non impossibile, che il consiglio di amministrazione uscente proponga una sua lista, come avviene in quasi tutti i Paesi del capitalismo avanzato. Chiamata dagli addetti ai lavori “emendamento Caltagirone”, questa normativa è stata ampiamente criticata dagli investitori internazionali. Ma intanto è operativa e crea un ostacolo alla conferma dell’attuale Ceo di Generali, Philippe Donnet, all’assemblea che si terrà fra pochi mesi.
Poi è stato scelto il cavallo con cui andare all’attacco di Mediobanca, ovvero l’ex disastrata MontePaschi, che grazie all’ottimo lavoro del Ceo Luigi Lovaglio è tornata a produrre utili. Tutti lo sanno, per decenni il MontePaschi, governato dagli enti locali di Siena (Comune e Provincia), è stata la banca del Pd. Ha rischiato il fallimento, evitato solo perché è intervenuto lo Stato con potenti iniezioni di liquidità.
Oggi il governo di Giorgia Meloni ha quasi completato la privatizzazione, anche se il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) resta il primo azionista con l’11%. La sorpresa è stata pochi mesi fa vedere la coppia Delfin-Caltagirone correre a comprare le azioni di Mps: Delfin oggi è il secondo azionista con il 9,8%, Caltagirone segue con 5% e poi c’è un altro 9% (5% diretto più 4% di Anima) del Banco BPM.
Al prezzo di oggi (6,40 euro, -7,7%), MontePaschi capitalizza 8,1 miliardi di euro. La quota di Delfin vale 810 milioni di euro, quella di Caltagirone 405 milioni. Investimenti modesti per lanciare l’attacco a Mediobanca, che capitalizza 12,7 miliardi di euro.
Ma dentro Mediobanca i principali azionisti sono sempre loro: Delfin e Caltagirone. I Del Vecchio hanno il 19,9%, il costruttore romano il 7,8%. Poi c’è il residuato di altri tempi, il Patto di consultazione, erede per modo di dire del patto di sindacato che con Cuccia imperante governava la banca, anche se poi era Cuccia stesso a governare i suoi azionisti. Nel patto di consultazione di oggi ci sono importanti famiglie imprenditoriali, ma non più gli Agnelli, i Pirelli, gli Orlando degli Anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, quelli che sostenevano Cuccia perché Cuccia a sua volta sosteneva loro.
Oggi il patto di consultazione è un variegato insieme che va da Mediolanum alla famiglia Monge (cibo per animali), mettendo insieme i Gavio, i Ferrero, i Lucchini, i Pecci, nonché la famiglia Seragnoli e altri soci ancora, tutti con quote da “zero virgola”, per un totale dell’11,4%.
Quindi, essendo l’operazione proposta dal MontePaschi uno scambio di azioni, non ci saranno soldi che corrono da una parte all’altra. I soci dovranno decidere se passare da una Mediobanca del Ceo Alberto Nagel, erede della tradizione di Cuccia, a una Mediobanca-Mps, guidata da Lovaglio, con alle spalle il governo di Giorgia Meloni, i Del Vecchio e Caltagirone.
E’ probabile che Nagel si attiverà per cercare sostegni anche al di fuori del suo azionariato, ma è da escludere che trovi l’appoggio dei due big della finanza italiana, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Nessuno dei due vorrà mettersi contro il governo, senza contare che Unicredit è in altre cose affaccendata e Intesa ha detto che il suo interesse non è per acquisizioni bancarie, ma al massimo per soggetti del wealth management.
Nagel potrà contare su aiuti dall’estero? Difficile immaginare banche straniere che si mettono a fare lo sgambetto a un’operazione che ha fra i protagonisti il governo.
Bisognerà vedere se gli investitori istituzionali, proprietari di poco meno del 60% di Mediobanca, accettano lo scambio. E qui entrerà in gioco la bravura di Lovaglio a convincerli che il suo è un progetto interessante per fare crescere il gruppo che si verrà a creare.
Dietro di lui, la coppia Delfin Calgirone aspetterà la conclusione per prendere le redini di Generali. In caso di successo dell’offerta di scambio su Piazzetta Cuccia, l’azionariato del nuovo gruppo che si verrà a costituire vedrebbe Delfin (famiglia Del Vecchio) confermarsi come primo socio con il 16% circa, Caltagirone posizionarsi intorno all’8% e il ministero del Tesoro scendere di poco sotto il 5%
Nel frattempo Delfin e Caltagirone stanno cercando di bloccare l’accordo che il Ceo Donnet ha fatto con la francese Natixis per fare nascere la principale piattaforma europea del risparmio gestito. E se non riusciranno a bloccarlo loro in quanto azionisti,è facile prevedere che ci penserà il governo con il “golden power”.
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