Idrogeno, la strategia italiana per diventare hub europeo: tre step da qui al 2050
Nella Strategia nazionale per l'idrogeno il governo italiano delinea un percorso da qui al 2050: gli obiettivi, la domanda e i settori in cui verrà usato
Nel lungo percorso che dovrebbe accompagnarci verso la transizione energetica, un ruolo piuttosto rilevante è quello che dovrebbe giocare l’idrogeno. Anche l’Italia sta cercando di posizionarsi in questa sfida, tanto che lo scorso 26 novembre il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha presentato la Strategia nazionale per l’idrogeno.
Nel testo redatto dal Mase si legge chiaramente che, per raggiungere la decarbonizzazione, serve combinare insieme diverse fonti, aumentare le energie rinnovabili, sviluppare la Carbon Capture Storage, il biofuel, il biometano e, non ultimo, l’idrogeno, anche eventualmente affiancato dalla ripresa della produzione nucleare. Solo così, è spiegato, si potrà soddisfare la domanda a fronte di fonti non programmabili e intermittenti, con la capacità di trasportare grandi quantità di energia su lunghe distanze e a costi competitivi.
L’idrogeno in Italia, quale futuro
“L’idrogeno”, ha rimarcato più volte il ministro Gilberto Pichetto Fratin, “è una delle soluzioni fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, che abbiamo chiaramente delineato nel Piano Energia e Clima (Pniec) e devono portarci al Net Zero al 2050”.
La strategia del governo Meloni si articola su diversi scenari, consapevole”, come sottolineato dallo stesso ministro, “che già oggi il settore può contare su risorse complessive superiori ai 6 miliardi, “ma che ha ancora bisogno di sviluppare un mercato solido e va dunque accompagnato con nuovi strumenti, insieme a una forte coesione interistituzionale”.
La strategia italiana punta in particolare sull’idrogeno verde, quello cioè ottenuto da fonti rinnovabili, ma Pichetto Fratin ha ribadito che non vanno sottovalutati i possibili contributi degli altri tipi di idrogeno, come quello blu, cioè prodotto a partire da fonti fossili ma catturando la Co2 prodotta, e quello ottenuto da fonte nucleare.
Un ruolo fondamentale per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno è quello giocato dalle infrastrutture di trasporto e di distribuzione, rispetto cui l’Italia possiede qualche asso nella manica. Il progetto italiano Southern Hydrogen Corridor (Corridoio SoutH2), di cui la dorsale italiana è parte integrante nell’ambito dello European Hydrogen Backbone, dovrebbe fare del nostro Paese un hub europeo dell’idrogeno, favorendo i flussi di importazione, dal Nord Africa via pipeline e da altre zone anche via nave.
Il progetto ha avuto un’accelerata il 21 gennaio scorso, quando Italia, Germania, Austria, Algeria e Tunisia hanno firmato a Roma una dichiarazione comune d’intenti per continuare a sviluppare la rete che si snoderà lungo 3.300 chilometri dal Nord Africa attraverso Italia, Austria e Germania.
L’idrogeno verrà importato sotto forma di ammoniaca perché più conveniente, mentre il trasporto in forma liquida sembra essere meno conveniente e più problematico a causa della liquefazione.
I tre step della Strategia italiana per l’idrogeno
La Strategia nazionale per l’idrogeno si articola come detto ipotizzando tre orizzonti temporali diversi: di breve, medio e lungo termine, dai quali derivano diversi scenari da qui al 2050 per la diffusione dell’idrogeno rinnovabile e a bassa emissione carbonica. Nelle simulazioni, si stima una domanda nazionale tra 6 e 12 Mtep, il che richiederebbe una capacità per gli elettrolizzatori variabile da alcuni GW fino ad alcune decine di GW a seconda delle condizioni.
Fino al 2030 l’evoluzione della domanda di idrogeno sarà guidata dagli obblighi europei della Red III nei settori dell’industria e dei trasporti, ma l’Italia ha già intrapreso un percorso per avviare un suo mercato dell’idrogeno, attraverso il Pnrr, che andrà a finanziare, tra le altre cose, anche i primi progetti di produzione di idrogeno, che dovranno essere operativi entro il 2026.
Il regolamento europeo Afir fissa al 2030 l’obbligo di una stazione di ricarica di idrogeno ogni 200 km, una capacità giornaliera cumulata pari a 1 t H2/giorno e almeno un distributore a 700 bar, oltreché l’implementazione di Piani di sviluppo nei Paesi membri entro il 2027. Un primo insieme di stazioni di rifornimento è già stato finanziato con i fondi del Pnrr.
Breve termine (fino al 2030): avvio dei progetti
Il governo Meloni e quelli che seguiranno almeno fino al 2023 saranno impegnati dunque a favorire la realizzazione di questi progetti, soprattutto nei settori industriale e mobilità, e in particolare lavorando su sistemi di incentivi per abbattere il costo dell’idrogeno, sul supporto alla catena del valore fino all’utilizzatore finale, sulla normativa e sui percorsi autorizzativi ambientali e per la sicurezza.
In questa fase verrano sviluppate aree specifiche di produzione e consumo, le cosiddette Hydrogen Valley, come quella di Modena, oppure quella che potrebbe nascere a Carbonia, che punta a sfruttare tre progetti con investimenti per 45 milioni di euro provenienti dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dal Pnrr. Il governo ha in programma 52 valli dell’idrogeno.
A livello locale vedranno la luce le prime infrastrutture per il trasporto e la logistica dell’idrogeno e si inizierà a a produrre idrogeno da fonti energetiche rinnovabili come ad esempio ammoniaca e metanolo, il che consentirà di rendere disponibili ulteriori quantitativi di Renewable Fuel of Non Biological Origin (RFNBO), cioè combustibili liquidi o gassosi realizzati con idrogeno verde.
Medio termine (2030-2040): sviluppo del mercato
Nel medio termine, tra il 2030 e il 2040, obiettivo italiano sarà dare forma agli obblighi europei e al Pnrr per far partire un vero mercato dell’idrogeno, anche attraverso lo sviluppo di soluzioni di grande taglia in grado di abbattere i costi di esercizio e la creazione di una prima infrastruttura di base.
Gli esperti si immaginano una crescita potenziale del settore nel medio termine grazie anche a politiche di riduzione delle emissioni e alla crescente disponibilità di tecnologie H2-ready.
In questa fase, la domanda di idrogeno in Italia aumenterà principalmente nei settori del trasporto marittimo e aereo, dell’industria HTA (Health Technology Assessment) e della mobilità su gomma pesante e a lungo raggio.
Lungo termine (2040-2050): grandi quantità e infrastrutture
L’ultimo scenario è quello che culminerà nel 2050, data simbolo perché sancirà il Net Zero, cioè – se ce l’avremo fatta – il raggiungimento delle zero emissioni di CO2.
Grazie ad azioni di centralizzazione e allo sviluppo di un’infrastruttura di trasporto e distribuzione che collegherà i grandi centri di produzione e i grandi centri di utilizzo, l’idrogeno secondo le stime potrà raggiungere il 30% dei consumi finali nel settore dei trasporti e il 18% dei consumi finali dell’industria HTA. E potrà assumere un ruolo anche in altri settori, come il bilanciamento delle reti (P2G e P2P) e lo stoccaggio di lungo periodo.
L’Italia diventerà un hub europeo per l’importazione di idrogeno, con infrastrutture di reti gas collegate al Nord Africa e un insieme di porti, sia sul Tirreno che sull’Adriatico, pensati proprio per questo.
Consumi di idrogeno da qui al 2050
Questi scenari indicano come consumi di idrogeno 6,39 Mtep (Mega Tonnellate equivalenti di petrolio) per lo scenario base, 9,08 Mtep per lo scenario intermedio e fino a 11,93 Mtep nello scenario ad alta diffusione.
In quali settori verrà utilizzato l’idrogeno
L’idrogeno nel nostro Paese verrà utilizzato soprattutto per il settore dei trasporti, anche se al momento da noi è ancora in una fase di avvio e comunque residuale rispetto all’utilizzo industriale. In particolare, in futuro toccherà il trasporto merci e i settori ferroviario, marittimo e aviazione. lntanto il primo treno a idrogeno italiano è arrivato nel nuovo impianto di manutenzione e di rifornimento di idrogeno di Rovato (Brescia) realizzato da Ferrovie Nord Milano dal circuito di prova di Salzgitter, Germania, del costruttore Alstom.
La presenza di distributori di idrogeno sulla rete stradale è molto limitata, ma grazie al Pnrr sono stati stanziati fondi per almeno 40 stazioni di rifornimento da costruire entro il 2026. Oggi le stazioni di rifornimento di idrogeno presenti in Italia sono 2, una a Bolzano, nei pressi dello svincolo A22 di Bolzano Sud, e l’altro a Venezia Mestre. Le auto a idrogeno in circolazione sono quasi inesistenti, anche se sono diverse le case automobilistiche che ci stanno lavorando.
L’idrogeno continuerò ad essere impiegato anche per l’industria, e in particolare nella siderurgia, nelle fonderie – potrebbe in parte sostituire i combustibili fossili utilizzati per la fusione del metallo -, nell’industria del cemento, del vetro, della ceramica e della carta, ma anche per la produzione di fertilizzanti.
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