La Russia investe sul nucleare e crea nuove alleanze diplomatiche

Pennisi, Analista geopolitico: «Mosca allarga la sua sfera d’influenza con una strategia focalizzata sull’energia nucleare» In un momento in cui l’Europa tende a un modello economico che si affida alla potenza finanziaria di grandi aziende e privati, la Russia muove i suoi passi in direzione diametralmente opposta. «Non è una novità, ma da qualche anno […] L'articolo La Russia investe sul nucleare e crea nuove alleanze diplomatiche proviene da ilBollettino.

Feb 2, 2025 - 13:20
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La Russia investe sul nucleare e crea nuove alleanze diplomatiche

Pennisi, Analista geopolitico: «Mosca allarga la sua sfera d’influenza con una strategia focalizzata sull’energia nucleare»

In un momento in cui l’Europa tende a un modello economico che si affida alla potenza finanziaria di grandi aziende e privati, la Russia muove i suoi passi in direzione diametralmente opposta. «Non è una novità, ma da qualche anno alcuni parametri della presenza russa sono diventati tangibili, soprattutto in Africa, dove investe miliardi per favorire lo sviluppo dell’energia nucleare. La manovra non ha solo un risvolto che riguarda la generazione di energia estraibile nel continente: c’è un interesse diplomatico», dice Riccardo Pennisi, Analista geopolitico.

Quale è la posizione dell’Europa in questo scenario e come si sta muovendo la Russia?

«Ovviamente, esiste uno spartiacque importante da prendere in considerazione: il conflitto in Ucraina. Prima di allora, la Russia era un partner commerciale stabile e affidabile per l’Europa. Probabilmente, però, è stato commesso un errore di valutazione, quello di ritenere Mosca come un’economia facilmente ricattabile. In realtà, ora che il polo occidentale si è specializzato e ha investito sul digitale, sulla tecnologia, sull’aereospaziale – come dimostra, per esempio, il successo di SpaceX sotto la guida di Elon Musk, – la Russia è rimasta sulla terra. Lì si investe sul grano, sull’energia, sugli idrocarburi, con sorpresa da parte di tutti. Produrre il frumento, ancora una fonte di sostentamento fondamentale per molteplici economie, permette di determinarne il prezzo, acquisendo posizioni di vantaggio in alcuni scenari geopolitici. Così, all’indomani delle sanzioni votate e stabilite contro la Russia, questa non è crollata, come alcune valutazioni occidentali avevano predetto. Molte sfide, anche politiche, sono decise dai provvedimenti e dalle campagne contro l’inflazione – si veda il risultato delle ultime elezioni statunitensi. Questo ci aiuta a comprendere che stabilire il prezzo di alcuni prodotti alimentari è un fattore determinante, che ha un’eco globale. Lo stesso vale per l’energia: petrolio, idrocarburi, gas e nucleare».

Le politiche sul nucleare di Europa e Russia sembrano effettivamente agli antipodi. Perché?

«In Europa si è assistito negli ultimi decenni a una frenata abbastanza evidente, eccezion fatta per la Francia, che da sola non ha però massa critica. Negli Stati Uniti, la tendenza sembra simile, con un progressivo abbandono dell’energia atomica. È considerata una risorsa superata per costi, per opposizione, per dibattito pubblico. Soprattutto negli Stati occidentali, non è più portata avanti da un intervento pubblico. Lo sviluppo è affidato ad aziende private, come sta accadendo per le agenzie spaziali. Negli USA, per esempio, pochi anni fa era un ambito riservato alle decisioni della NASA, organo pubblico. Al contrario, oggi, gli Stati hanno sempre meno influenza in questo tipo di investimenti. Ma questo modello rischia di farci dipendere troppo dagli interessi di singoli che, magari, tra un decennio non saranno più intenzionati a finanziare tecnologie spaziali. Ne risulterebbe un’arretratezza nel settore non legata a una decisione dello Stato ma a strategie di grandi aziende. Lo stesso sembra ora valere per l’energia nucleare. In Russia sta accadendo il contrario: i guadagni derivanti dalla produzione di idrocarburi hanno permesso di sviluppare agenzie pubbliche in grado di intervenire senza dover dipendere da nessuno».

A Mosca si sta anche lavorando per stabilire nuovi rapporti d’influenza diplomatici…

«Sviluppo nucleare e relazioni internazionali, in questo momento, per la Russia, corrono di pari passo. Il modello privato occidentale non mira a stabilire rapporti con la politica interna dei Paesi con cui fa affari. Almeno non per forza e non in modo prioritario. Al contrario, le agenzie pubbliche, come il più grande produttore di elettricità russo Rosatom, possono insinuarsi con successo nel tessuto politico-economico dei Paesi con cui stabiliscono relazioni di business, poiché veicolate da strategie governative. Casi recenti sono le centrali nucleari russe sorte nel Mediterraneo: in Egitto, a El Dabaa, e in Turchia, ad Akkuyu. Entrambi Paesi storicamente filo-occidentali – la Turchia aderisce alla NATO. Così facendo, il Cremlino stabilisce un rapporto di reciprocità e dipendenza molto stretto: Mosca fornisce energia per il 20% a Turchia ed Egitto. Lo stesso rapporto di mutua assistenza, per non dire dipendenza univoca, di cui soffre l’Europa nei confronti dei suoi fornitori di energia: chiusi i rapporti con la Russia, abbiamo dovuto aprirci ai prezzi di enti statunitensi, diventando, a tutti gli effetti, loro dipendenti energetici».

E l’Africa, che tassello è in questo puzzle di relazioni?

«La Russia si sta inserendo con successo nel panorama d’influenza di Algeria, Congo, Etiopia, Ghana, Kenya, Marocco, Nigeria, Ruanda, Sudafrica, Sudan, Tunisia, Uganda Zambia, avendo stretto accordi commerciali con ognuno di questi Paesi. Sta investendo anche sulla formazione di futuri professionisti nel settore dell’energia atomica, favorendo l’inserimento di studenti africani negli atenei russi, grazie al programma Atoms Empowering Africa, promosso da Rosatom. Tutto ciò, ovviamente, a vantaggio unico di Mosca. A tre anni dallo scoppio della guerra in Ucraina, sono cambiate le valutazioni a livello internazionale, a seconda delle necessità dei vari Paesi. La Russia ha usato lo sviluppo energetico di tutti quegli Stati che tendiamo a classificare come “resto del mondo” come grimaldello per rivolgerli a suo favore. Inoltre, seppure ancora teorico, il rapporto tra Cina e Russia sembra ormai funzionale. La prima assicura la prima forza economica, produttiva e industriale al Mondo, per favorire commerci ed esportazioni, mentre la seconda si avvia a stabilire come molto efficiente il suo apparato diplomatico, ottenendo consensi in decine di Paesi, in Africa come nell’Asia».

L’isolamento della Russia è sempre meno sostanziale, ma questo non sembra dare più di tanto fastidio. È possibile affermare che nell’Economia mondiale si stia sviluppando una divisione che accontenta tutti, in termini di sfere d’influenza?

«Come dicevamo, i punti di vista sono cambiati rispetto a 3 anni fa. Le necessità e le opportunità dei vari Paesi hanno mutato le prospettive di chi guardava alla Russia come nemico. Qualche decennio fa, gli Stati Uniti dominavano incontrastati, stabilendo prezzi e regole. Oggi, quell’influenza totale sembra essersi ridimensionata. La Russia detiene insieme all’Arabia Saudita il 22% della produzione mondiale di petrolio greggio e il 26% delle esportazioni. Ciò significa anche la possibilità di stabilirne in una certa misura il prezzo. Si sta assistendo a una sorta di ribalta russa al livello di espansione d’influenza. I Paesi dell’Asia e dell’Africa, fino a qualche decennio fa dipendenti più dalle economie occidentali, stanno ora trovando un altro partner d’affari, che fa concorrenza. In realtà, questa competizione e questa cura della propria sfera d’interesse conviene un po’ a tutti. Elon Musk ha recentemente mostrato il suo appoggio al partito di estrema destra tedesco Alternative für Deutschland, apertamente filo-russo. Alla Casa Bianca esistono delle confusioni interne, certo, ma la politica nei confronti di Mosca, anche negli anni del primo mandato di Donald Trump, è stata comunque di apertura più che di chiusura. Stando alla voce, ormai molto preminente, dell’imprenditoria americana, con a capo Musk, la Russia è più un partner con cui fare affari che un cattivo da isolare. Insomma, un Mondo interpolare non sconviene a nessuno, per il momento. Meglio avere due concorrenti che stabiliscono un prezzo, piuttosto che uno solo. E l’esclusione della Russia dalla scena economica globale è più teorica che pratica».

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