Cuba: crolla la produzione e i partner fuggono.
L’isola si trova ora in una delle crisi peggiori di sempre, la sfida è quella di rinnovarsi. I vertici cubani sono chiamati a confrontarsi con una delle fasi più delicate nella storia nazionale. «È vero, è un momento molto difficile. La Rivoluzione viene sfidata a rivoluzionarsi. Ed è quello che stiamo facendo», ha detto il […] L'articolo Cuba: crolla la produzione e i partner fuggono. proviene da ilBollettino.
L’isola si trova ora in una delle crisi peggiori di sempre, la sfida è quella di rinnovarsi.
I vertici cubani sono chiamati a confrontarsi con una delle fasi più delicate nella storia nazionale. «È vero, è un momento molto difficile. La Rivoluzione viene sfidata a rivoluzionarsi. Ed è quello che stiamo facendo», ha detto il Presidente Miguel Diez-Canel. L’isola attraversa un periodo di recessione e l’economia non accenna a risollevarsi: la contrazione è registrata dai dati di contabilità nazionale, che attestano il PIL del 2023 al -1,9% e l’inflazione al 31% in un anno. Nel Paese ormai si parla di “economia di guerra” e la vita dei cittadini è sempre più compromessa, fin nella quotidianità.
Lo Stato latino-americano storicamente più alfabetizzato (99,8%), garante di sanità gratuita efficiente a tutti i livelli (ci ricordiamo tutti l’arrivo di medici e infermieri cubani corsi in nostro aiuto durante l’emergenza del Covid-19, di cui tanti sono ancora attivi nei nostri ospedali), si trova ora in preda a una durissima crisi interna, mentre la sua posizione internazionale si sta deteriorando.
Blackout totale
A mettere in risalto le debolezze è stato un blackout che ha lasciato il Paese al buio, tra il 23 e il 27 ottobre scorsi. Eccezion fatta per pochi ospedali, aeroporti e alcuni alberghi di lusso, l’arresto è stato totale. A causarlo sono state le disfunzioni della centrale Antonio Guiteras, la più grande delle 8 a disposizione nell’isola. E i disservizi continuano a colpire 72 siti di distribuzione elettrica, tutti con una grave mancanza di gasolio. Il Ministro delle Energie e delle Miniere Vicente de la O Levy ha spiegato che «c’è un deficit molto alto e il sistema è debole. Abbiamo problemi con il cabotaggio delle merci e dei combustili dovuti all’uragano Oscar».
Eppure, appena un mese prima dell’incidente, lo stesso Ministro rassicurava in diretta tv, nel programma televisivo Mesa Redonda, sulla crescita delle fonti energetiche rinnovabili e sull’efficienza dei sistemi di alimentazione elettrica. I fatti rivelano però problematiche logistiche strutturali: il Paese dipende ancora dall’esterno per l’importazione e la distribuzione dei combustibili grazie ai quali produce energia. Il blackout è stato un imprevisto fin troppo prevedibile, che apre un dibattito sul futuro.
Le fratture con i partner
La situazione emergenziale dipende in larga misura dagli scarsi approvvigionamenti e da infrastrutture insufficienti: non solo le riserve di petrolio sono poche, ma esistono difficoltà concrete a livello di immagazzinamento, smistamento e distribuzione. La mancanza di gasolio e combustibile si riversa sull’intera filiera, impattando la produzione di altri beni. Non è dato sapere a quanto ammonti esattamente l’afflusso di petrolio dal Venezuela, storico partner cubano, ma i 100mila barili attestati a un decennio fa sembrano ora un miraggio. Le stime al 2020 sono dimezzate.
Cuba vede così crollare di conseguenza anche una delle sue certezze storiche: la produzione di zucchero. Per il 2025 è prevista una produzione limitata a solamente 300mila tonnellate, contro un ordine di grandezza di milioni prima del 2020. Anche partner di vecchia data non garantiscono più aiuti sostanziali. La Cina, in passato uno dei suoi maggiori fornitori, ha ridotto drasticamente i rapporti commerciali: le esportazioni nel 2018 valevano 1,7 miliardi, nel 2022 1 miliardo. Le importazioni cinesi da Cuba registrano una diminuzione significativa di quasi il 50%, passando dai 427 milioni di dollari del 2016 ai poco più di 250 del 2018. Esemplificativa la revoca di un vecchio accordo tra i due Paesi, che valeva l’esportazione di 400mila tonnellate di zucchero all’anno verso l’Asia.
Non è tutto
Il colosso asiatico ha deciso di rivedere al ribasso anche gli investimenti condotti nel corso degli anni a Cuba. Di recente, l’isola ha beneficiato di un ammodernamento tecnologico grazie a un accordo riguardante la sicurezza informatica proprio con la Cina. Aziende come Huawei, TP-Link e ZTE hanno installato cavi in fibra ottica, hotspot Wi-Fi e altre infrastrutture digitali, impiegando somme di denaro in aiuto alle finanze cubane. Tuttavia, il Paese sembra aver disatteso gli accordi, mancando pagamenti per il valore di centinaia di milioni di dollari. Una vicenda che contribuisce a creare un clima di sfiducia tra i due player. In più, la Cina non esprime affatto soddisfazione per le politiche economiche dell’isola, giudicate ancora non adeguate al Mercato globale. Le due Nazioni, da sempre in buoni rapporti, sembrano ora dividersi, ma a perderci è solo Cuba. Nemmeno la Russia sembra curarsene più di tanto, mentre le sue priorità geopolitiche sembrano concentrarsi sull’Europa e sul conflitto con l’Ucraina.
Le catastrofi naturali
Ma non basta: ai problemi di natura strettamente economica si aggiungono anche i recenti cataclismi climatici. A infierire su una situazione già compromessa è l’ultimo terremoto, avvenuto domenica 10 novembre, che ha colpito il municipio di Pilón, nella provincia di Granma. I danni sono ingenti e per le strade si riversano macerie e detriti. Le scosse sono state numerose e di varia intensità, circa 46 in 24 ore, con picchi da 6.0 e 6.7 gradi (Scala di Richter). Circa 27 gli edifici distrutti, altri 2.250 risultano danneggiati. A rendere pubblica la notizia è il Consejo nacional de Defensa, che in sede straordinaria attesta 30 centri sanitari e 40 scuole colpiti dal sisma, ai quali si aggiungono le 14mila persone senza corrente elettrica.
Nell’arco di due mesi il territorio ha subito l’ira degli uragani Rafael, Oscar ed Helene, fenomeni naturali frequenti, ma pur sempre destabilizzanti. Oltre a una decina di vittime, si contano danni vasti, con 4mila edifici danneggiati e 220mila sfollati. Un disastro climatico che aggrava la situazione di Cuba di fronte ai creditori, con i quali conta 18 miliardi di dollari di debiti.
Il rapporto con Trump
Intanto le recenti elezioni statunitensi sollevano nuovi interrogativi.
«Chiaramente ci preoccupa l’impatto che può avere sulla nostra economia e sul livello di vita della popolazione una maggiore ostilità degli Stati Uniti», ha detto il Viceministro degli Esteri cubano, Carlos Fernández de Cossío all’indomani dell’insediamento del neoeletto Presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump. Il primo mandato di Trump, nel 2017, fu particolarmente ostile alle politiche cubane, con il rinnovo dell’embargo contro l’isola. Marco Rubio, recentemente nominato Segretario di Stato, è sempre stato un durissimo nemico delle politiche cubane. Ciò che ci si attende, adesso, potrebbe essere un inasprimento delle sanzioni già in vigore e una stretta sulle misure economiche.
El Bloqueo – l’embargo commerciale, economico e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’America contro Cuba all’indomani della rivoluzione cubana dell’inizio degli anni 60 e scattato ufficialmente nel 1962 – è stato definito dall’ONU come una misura unilaterale che viola i diritti umani, volta alla destabilizzazione della popolazione cubana. Il 23 giugno scorso, l’Assemblea delle Nazioni Unite ha nuovamente votato per la cessazione dell’embargo. I risultati sono apparsi chiari: 184 voti a favore, 3 astensioni (Colombia, Ucraina ed Emirati Arabi Uniti) e 2 soli voti contrari, quelli di USA e Israele. Nel frattempo, l’esodo dei cittadini cubani cresce sempre di più, interessando il 18% degli abitanti totali, circa 850mila dal 2022.
L’apertura alle aziende private
Nel 2021 il governo, nel tentativo di arginare la crisi economica, ha aperto le porte alle piccole e medie imprese internazionali. Varie aziende, provenienti da 11 Paesi diversi, tra cui l’Italia, hanno investito. La prima società nostrana che ha ottenuto l’autorizzazione commerciale è Tecofil International Srl., specializzata nella depurazione e filtrazione dell’acqua. Lo scopo era di favorire la circolazione di beni di consumo che lo Stato non può garantire alla popolazione.
L’esito, però, è stato un aumento esponenziale delle disuguaglianze e dell’inflazione, che ha creato una differenza netta tra chi lavora e beneficia dei guadagni del settore privato e chi non ne trae alcun profitto. Lo stipendio normale di un ex dipendente statale, magari ex guerrillero nella Sierra Maestra, si aggira attorno ai 1.700 pesos: un litro di latte oggi a Cuba costa circa 70 pesos, mentre il cambio con il dollaro è di 1 pesos = 0,042 $. È chiaro come il potere d’acquisto della moneta cubana sia ridotto ai minimi storici e non possa essere minimamente sufficiente al sostentamento della popolazione.
Il futuro di Cuba
Il goffo tentativo di rinnovamento messo in campo nel 2021 mostra con evidenza le difficoltà dell’establishment cubano, alle prese con un’eredità politica difficilmente conciliabile con gli attuali sistemi economici globali. Se da un lato un’apertura è avvenuta, dall’altro si sono registrate sanzioni da parte dello Stato nei confronti di aziende private per non aver rispettato il tetto di prezzi. Il conflitto con le realtà aziendali private esiste e dovrà essere affrontato.
L’economia nazionale, schiacciata dall’embargo e non più foraggiata da colossi commerciali come la Cina, pare dunque destinata un ridimensionamento notevole. Il Paese è chiamato a un rinnovamento storico che potrebbe cambiarlo nel profondo. Anche tra chi protesta, non tutti inneggiano a una totale apertura verso gli USA: molti ancora credono alla possibilità di rilanciare il sistema esistente, riadattandolo alle necessità di oggi. Se sia o no un proposito realizzabile, lo diranno i fatti.
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