I dazi Usa gelano le Borse Trump adesso negozia
Anche il Canada, dopo il Messico, ottiene dagli Stati Uniti la sospensione dei dazi per 30 giorni, quando ormai mancavano meno di un paio d’ore alla mezzanotte, che avrebbe fatto scattare le tasse doganali del 25%, decise sabato con un ordine esecutivo dal presidente Donald Trump. L’accordo temporaneo ricalca quello siglato con il Messico. Alla […] L'articolo I dazi Usa gelano le Borse Trump adesso negozia proviene da Iusletter.
Anche il Canada, dopo il Messico, ottiene dagli Stati Uniti la sospensione dei dazi per 30 giorni, quando ormai mancavano meno di un paio d’ore alla mezzanotte, che avrebbe fatto scattare le tasse doganali del 25%, decise sabato con un ordine esecutivo dal presidente Donald Trump. L’accordo temporaneo ricalca quello siglato con il Messico. Alla fine di una seconda telefonata, definita «cordiale», dopo una prima chiamata interlocutoria, il primo ministro canadese Justin Trudeau si è impegnato a impiegare «circa 10.000 persone» per «proteggere il confine e fermare il flusso di fentanyl». Il Canada, inoltre, nominerà uno «zar» della famigerata droga. «Designeremo i cartelli come terroristi, garantiremo occhi 24 ore su 24, 7 giorni su 7 sul confine, lanceremo una forza d’attacco congiunta Canada-Usa contro la criminalità organizzata, il fentanyl e il riciclaggio di denaro», ha scritto il premier su X.
L’intesa in extremis con il Canada, pur non risolvendo la questione, servirà a riportare la calma sui mercati, almeno temporaneamente. Come nel pomeriggio la tregua raggiunta da Trump con la presidente messicana Claudia Sheinbaum ha scongiurato un altro lunedì nero sui mercati, dopo il crollo provocato dalla startup cinese dell’intelligenza artificiale Deepseek, che una settimana fa ha spazzato mille miliardi dai listini di tutto il mondo.
Il Messico ha accettato di rafforzare subito il confine settentrionale, con 10 mila soldati della Guardia Nazionale per impedire il traffico di droga verso gli Stati Uniti, in particolare del fentanyl. Gli Stati Uniti, a loro volta, si impegnano a lavorare per impedire il traffico di armi verso i cartelli messicani.
Così a fine seduta sui listini è andata meno peggio di quanto si temesse all’avvio di seduta. Le borse europee, che in alcuni casi erano arrivate a perdere oltre il 2%, hanno contenuto le perdite. Milano ha quasi dimezzato il calo, chiudendo a -0,69%, con l’automotive tra i settori più colpiti e Stellantis (-4,52%) e Pirelli (-3,37%) i titoli peggiori. In rosso Francoforte (-1,4%), Parigi (-1,2%) e Londra (-1,04%). Andamento simile Oltreoceano, con gli indici in recupero dopo il profondo rosso iniziale: al temine il Dow Jones ha segnato -0,28%, lo S&P500 -0,76% e il Nasdaq -1,2%. Sui mercati valutari, l’euro, ai minimi da due anni, si avvicina alla parità con il dollaro: ieri è sceso fino a 1,023 per poi recuperare leggermente. Le criptovalute hanno perso 600 miliardi di dollari. L’oro, bene rifugio per eccellenza, ha toccato un nuovo record a 2.830,49 dollari l’oncia. Piatto il petrolio con il Wti a 72,67 dollari al barile (+0,22%) e il Brent a 75,68 dollari (+0,06%), mentre il gas è salito a 53,8 euro (+1,1%) al megawattore ad Amsterdam .
Non era scontato. Soprattutto nel caso del Canada, dove le azioni e le parole di Trump, che ha sostenuto di voler annetterlo come 51° Stato Usa, hanno inspirato un’ondata di risentimento e nazionalismo nel Paese. Sabato Trudeau ha annunciato come ritorsione dazi per circa 102 miliardi di dollari sui beni made in Usa. E, dopo l’invito dell’ex ministra del commercio, Chrystia Freeland, in corsa per sostituire Trudeau, a imporre dazi sulle Tesla, ieri la provincia dell’Ontario, la più popolosa del Paese, dove si trovano Toronto e la capitale Ottawa, ha minacciato di cancellare un contratto da 68 milioni di dollari con Starlink, la costellazione di satelliti di Elon Musk, che viene colpito per punire il presidente Usa.
Con la Cina, su cui pendono dazi aggiuntivi del 10% e che aveva anticipato «contromisure», sottolineando come «una guerra commerciale non ha vincitori», Trump parlerà «nelle prossime 24 ore». Il presidente starebbe inoltre pensando a dazi del 10% sui prodotti importati dall’Unione europea, con la quale gli Usa hanno un deficit commerciale di 213 miliardi nei primi 11 mesi del 2024. Una prospettiva che rischia di frenare la già fragile economia della zona euro e potrebbe far ripartire l’inflazione, che a gennaio è salita al 2,5% su base annua, secondo le prime stime, dal 2,4% di dicembre, a causa del rincaro dei prezzi dell’energia.
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