Dr. Jekyll e Mr. Hyde: lo strano caso della surroga del Medio Credito Centrale.
Nota a Trib. Pavia, Sez. I, 1 ottobre 2024.
Nota a Trib. Pavia, Sez. I, 1 ottobre 2024.
Lo scritto che segue si presenta come una nota a commento ad una recente ordinanza di sospensione adottata ex art. 615 co. 1 e 624 c.p.c. nei riguardi di una cartella di Medio credito centrale (in seguito, breviter, anche MCC).
Nello specifico, il Tribunale di Pavia ha sospeso la cartella richiamando i motivi di opposizione del debitore fra cui spiccavano, in particolare, la deduzione della carenza di un titolo esecutivo alla base dell’azione esecutiva promossa dall’Agenzia delle Entrate Riscossione (in seguito, breviter, anche ADER) nell’interesse di MCC, sia l’eccezione di decadenza ex art. 1957 c.c. della banca cui in origine apparteneva il credito derivante da un mutuo assistito dalla garanzia Statale ex l. 662/1990
Naturalmente, questa seconda deduzione veniva formulata sulla scorta della sussistenza di un’intesa anticoncorrenziale in relazione alla fideiussione prestata da un ulteriore terzo garante in quanto rilasciata in adesione alle ben note condizioni contrattuali dello schema ABI del 2003.
Ma non è questo il tema di interesse del presente commento.
Il Giudice, pur succintamente, sospende, infatti, sulla base di una duplice rationes decidendi: da un lato il Tribunale richiama la verosimile sussistenza di un’intesa in relazione alla fideiussione (specifica) azionata da MCC e, dall’altro, richiama, ad abundantiam, anche l’orientamento che dubita della facoltà in capo ad MCC di avvalersi dell’esecuzione esattoriale per il recupero del credito, in particolare quando sia sprovvista di un titolo esecutivo.
Al netto, quindi, degli altri, seppur rilevanti, profili dell’opposizione, ci si vuole, nel seguito, dedicare ad alcune riflessioni a proposito delle concrete modalità operative con cui MCC può agire, in seguito alla surroga nei diritti della banca finanziatrice, nei confronti degli ulteriori garanti, ove presenti, del debitore principale.
Ciò che si sostiene, in particolare, è l’incoerenza delle tesi sovente ribadite in giurisprudenza che, pur richiamando l’istituto della surrogazione, giungono ad affermare che dalla surrogazione nascerebbe un credito sostanzialmente diverso e nuovo, di rango pubblicistico, sebbene la sua primigenia origine sia di natura privata, provenendo da ordinari rapporti di finanziamento e di garanzia.
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Nell’attuale panorama del contenzioso bancario capita di imbattersi, sempre più di sovente, in un nuovo attore che va ad aggiungersi ai classici istituti di credito, alle finanziarie, alle società di cartolarizzazione e ai relativi servicer e sub-servicer.
Al classico filone del contenzioso bancario se ne è, infatti, aggiunto, uno nuovo e, segnatamente, si tratta del contenzioso con il Medio credito centrale, meglio noto come MCC, e con il suo diretto braccio armato, ossia l’Agente della Riscossione, figlio legittimo della vecchia Equitalia.
Trattasi segnatamente del contenzioso inerente al recupero di quei crediti che risultavano assistiti da garanzia statale erogata tramite il Fondo di garanzia di cui all’articolo 2, comma 100, lett. a), della Legge 23 dicembre 1996 n. 662 e successive modifiche.
Il fenomeno della garanzia statale è, pertanto, risalente negli anni, ma ha avuto il suo hype proprio a ridosso dell’uscita del Paese dal Covid-19, quando lo Stato italiano ha deciso di mettere in campo tutta la sua potenza di fuoco tramite una serie di misure emergenziali volte a salvaguardare le piccole, medie e grandi imprese dalle conseguenze della crisi economica prodotta dalla pandemia.
Tra le altre cose, si decise, infatti, di facilitare il ricorso al credito bancario per consentire ad imprese ed artigiani di mitigare gli squilibri finanziari venutisi a determinare nel periodo di lock-down.
Vennero, in particolare, adottate misure funzionali a concedere prestiti alle imprese con copertura statale, ma con requisiti meno stringenti di quelli previsti dall’originaria legge n. 662 del 1996, aprendo così l’agevolazione Statale anche ad una vastissima platea di artigiani e piccole imprese.
Nell’immediato periodo post-pandemico sono stati, di conseguenza, erogati moltissimi prestiti, di diverso taglio, e per diverse finalità, in larga parte assistiti dalla garanzia dello Stato italiano.
Si è così messa in circolo una gigantesca massa di crediti garantiti dallo Stato che sono o rischiano di trasformarsi in conseguenti perdite per il fondo di Garanzia Statale, successivamente escusso dalle banche che, nel tempo, hanno erogato i finanziamenti alle imprese.
Ed è proprio qui che entrano in gioco il Medio credito centrale e l’Agente della Riscossione.
Infatti, una volta generatasi la perdita a carico del Fondo per l’escussione della garanzia pubblica su richiesta della banca finanziatrice, entra in scena MCC che, in base alle procedure previste, dichiara e comunica ai debitori di surrogarsi nel credito originariamente vantato dalla banca finanziatrice.
In parole più semplici, MCC dichiara di sostituirsi all’Istituto di credito, rivendicando verso il debitore il credito della banca finanziatrice nei limiti dell’importo corrisposto per l’escussione della garanzia Statale.
Il credito oggetto di surroga è, peraltro, inclusivo anche delle garanzie – ulteriori – del credito ab origine della banca e, in forza di ciò, MCC viene sempre più spesso ad aggredire anche i fideiussori dell’imprenditore, specie in quei contesti dove la debitrice principale, divenuta insolvente, non risulta sufficientemente capiente ai fini del recupero del credito.
Peraltro, il contenzioso che ne nasce vede spesso contrapposti gli stessi fideiussori dell’impresa finanziata non tanto alla banca, che è stata già soddisfatta da MCC, ma allo stesso Medio credito centrale ed in particolare anche all’Agente della Riscossione, cui, come infra si illustrerà, MCC affida il recupero del proprio credito.
Tra le varie problematiche insorte attorno ai crediti rivendicati da MCC, ci si vuole, qui, concentrare sull’aspetto forse più dibattuto nelle aule di giustizia ossia quello afferente alle concrete modalità operative che presiedono il recupero del credito di cui diviene titolare il Medio credito centrale.
Si ritiene, infatti, che MCC possa recuperare i propri crediti avvalendosi della più spedita procedura di riscossione esattoriale, avvalendosi, come detto, dell’ausilio dell’Agente della Riscossione.
Ma, in concreto, cos’è che accade nella pratica: MCC, una volta pagata la banca, comunica di surrogarsi nei diritti di credito vantati da quest’ultima nei confronti dell’impresa finanziata e dei suoi garanti e così subentra nelle ragioni vantate dalla banca verso i debitori.
Il punto di partenza di tutto il discorso è la legge e la sua interpretazione nel pensiero della stessa Suprema Corte che in tutte le pronunce finora edite ha ricondotto il fenomeno MCC all’istituto della surrogazione legale, argomentando che, per effetto dell’escussione della garanzia Statale, MCC succede ex lege alla banca nei diritti alla medesima spettanti verso il debitore e i relativi garanti.
Ma la maggioritaria giurisprudenza, inclusa la Cassazione, finisce per avallare una davvero peculiare forma di surrogazione dove, in antitesi alla canonica interpretazione del fenomeno surrogatorio, si assiste ad una singolare metamorfosi dell’originario credito della banca che, in quanto azionato da MCC, viene ad assumere una connotazione pubblicistica, sebbene origini da un rapporto di diritto privato.
Come si giustifica la singolarità in questione?
Senza affrontare profili di diritto intertemporale riguardanti la portata più o meno estesa delle disposizioni precedenti, va ricordato che alcune disposizioni speciali ed in particolare l’art. 8 bis del d.l. n. 3/2015, prevedendo un potenziamento del fondo di garanzia Statale, hanno riconosciuto che il diritto alla restituzione, nei confronti del beneficiario finale e anche dei terzi prestatori di garanzie, delle somme liquidate a titolo di perdite dal fondo di garanzia di cui all’art. 2 comma 100 lett. a) (omissis) della legge 23 dicembre 1996 n. 662 vengono a costituire crediti di rango privilegiato.
E si precisa, in tal senso, che anche gli interventi di sostegno alle P.M.I., concessi sotto forma di garanzia, godrebbero anch’essi di privilegio, considerato che le diverse forme di intervento pubblico in favore delle attività produttive sarebbero espressione di un disegno unitario, occorrendo, in tutti i casi, recuperare la provvista per ulteriori e futuri interventi di sostegno della produzione.
Invero, il riconoscimento ex lege del privilegio generale al MCC troverebbe la sua ratio giustificatrice proprio nell’esigenza di riacquisire risorse pubbliche alla disponibilità del fondo di garanzia, per poterle nuovamente destinare alla meritoria finalità di sostegno alla produzione nazionale.
Da ciò verrebbe inferita sic et simpliciter la natura di entrata pubblicistica del credito restitutorio rivendicato da MCC.
Difatti, secondo la Suprema Corte, l’escussione della garanzia pubblica nei confronti di Medio credito determina la surrogazione del garante (MCC) nei diritti di credito del garantito (Banca), con la nascita di un diritto di natura privilegiata, non più volto al recupero del credito originato dal primigenio finanziamento, bensì mirato a riacquisire risorse pubbliche alla disponibilità del Fondo per le piccole e medie imprese[1].
In parole povere, il medesimo credito in cui si surroga MCC non sarebbe più un ordinario credito bancario avente fonte in un rapporto di diritto privato ma assumerebbe una connotazione pubblicistica, in quanto il suo riconoscimento avrebbe lo scopo di fare «riacquisire risorse pubbliche alla disponibilità del fondo per le piccole e medie imprese», fine per il quale è, appunto, riconosciuto lo speciale privilegio in capo al Medio credito centrale.
In buona sostanza, il meritorio fine di riacquisire le risorse al Fondo di garanzia Statale per il sostegno alla produzione nazionale, giustificherebbe, in base ad un tautologico argomento Cassazione, non solo la concessione di un privilegio ma addirittura un vero e proprio sdoppiamento dello stesso credito che, ove escusso dalla banca, sarebbe un ordinario credito di diritto privato, mentre, di converso, qualora sia escusso in surroga da MCC assumerebbe natura di credito di fonte pubblicistica.
Nel suo più noto romanzo Stevenson affermava che l’uomo non sarebbe unico ma duplice e parrebbe che anche la Corte di Cassazione avalli quest’ipotesi, giungendo a predicare di un credito dalla doppia anima, allo stesso tempo pubblica e privata.
Senza fuoriuscire dalla metafora letteraria, il credito di MCC sarebbe una sorta di doppelgänger di quello facente originariamente capo alla banca finanziatrice: identico nell’an e nel quantum a quello della banca ma con una natura profondamente diversa, pubblicistica, e non più privata come quella del suo credito gemello.
E, secondo gli Ermellini, sarebbe proprio l’istituto civilistico della surrogazione il mezzo più adeguato per portare alla luce il sosia – pubblico – del credito privato precedentemente appartenuto alla banca.
Ma ritornando al fulcro della presente indagine, va rilevato che è proprio la mutazione pubblicistica del credito via surroga che, secondo i Supremi Giudici, andrebbe a giustificare la riscossione esattoriale diretta tramite l’Agente della Riscossione, come è stabilito anche al comma 3 dell’art. 8 bis del d.l.n. 3/2015 che precisa che, per il recupero del credito di MCC, si procede, appunto, mediante iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 46 del 1999 e successive modificazioni.
L’art. 17 del citato decreto dispone, infatti, che “salvo quanto previsto dal comma 2, si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici”.
Ergo, per le entrate dello Stato ed equiparabili si procede mediante formazione diretta del ruolo a cura dell’Ente creditore, con successivo affidamento ad ADER per la notifica della cartella che è la prassi consueta e consolidata impiegata anche da MCC ed avallata, come tale, dalla Cassazione.
Questo accade proprio sul presupposto che il credito in cui si è surrogato MCC sia da equiparare ad un’entrata di tipo pubblicistico.
Infatti, se così non fosse, a mente del successivo art. 21 del d.lgs. n. 46 del 1999 le entrate previste dall’articolo 17 aventi causa in rapporti di diritto privato potrebbero essere iscritte a ruolo solo se precedute dal rilascio di un titolo avente efficacia esecutiva ai sensi dell’art. 474 c.p.c..
La necessità della previa acquisizione di un titolo esecutivo verrebbe meno solo nella misura in cui vi sia una previsione in deroga espressamente sancita dalla legge, come prevede sempre l’art. 21 cit..
Si tratta, peraltro, di ipotesi eccezionali, di stretta interpretazione, tra le quali può ricomprendersi quella di cui all’ art. 24 co. 32 l. n. 449/1997 che, però, circoscrive ai soli crediti restitutori dello Stato derivanti dalla revoca di finanziamenti in favore delle piccole e medie imprese sia il carattere privilegiato dei crediti da restituzione, sia l’applicabilità al loro recupero coattivo delle forme dell’esecuzione esattoriale mediante iscrizione diretta a ruolo (senza ulteriore previo titolo esecutivo contro l’impresa debitrice), ai sensi dell’articolo 67, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, delle somme oggetto di restituzione, nonché delle somme a titolo di rivalutazione e interessi e delle relative sanzioni.
Invero, l’art. 8 bis del d.l. n. 3/2015, così come le disposizioni precedenti, non integrano esse stesse una previsione derogatoria rispetto a quanto stabilito dall’art. 21 del d.lgs. n. 46 del 1999.
Le sopradette norme si limitano piuttosto a consentire ad un soggetto che non sarebbe rientrato nel novero di quelli indicati all’art. 17 di avvalersi della riscossione mediante ruolo, senza null’altro aggiungere rispetto alla necessità della previa acquisizione di un titolo esecutivo per la formazione del ruolo, allorchè si tratti di entrate aventi causa in rapporti di diritto privato e non pubblico.
Come sopra si è detto, infatti, l’unica particolare disposizione di legge che deroghi all’art. 21 cit. è quella di cui all’art. 24 co. 32 l. n. 449/1997 secondo cui il provvedimento di revoca appunto “costituisce titolo per l’iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 67 co. 2 d.p.r. n. 43/1998…”.
Peraltro, l’espressione non risulta pleonastica ma è indicativa dell’evidente differenza con le previsioni citate nei precedenti artt. 2 co. 4 del d.m. n. 18456/2005 e 9 del d.lgs. n. 123/1998 nonchè nell’art. 8 bis del d.l. 3/2015 che, diversamente dall’art. 24 co. 32 supra cit., non prevedono che la delibera di messa a perdita del fondo di garanzia costituisca “titolo per l’iscrizione a ruolo”, ma solo che, per l’ipotesi di restituzione di somme liquidate a titolo di perdita dal fondo di garanzia in seguito all’inadempimento, si procede con o mediante l’iscrizione a ruolo, senza aggiungere altro, quindi senza derogare a quanto previsto per tali entrate dal successivo art. 21 del d.lgs. n. 46/1999.
In conclusione, quindi, l’interpretazione più confacente risulta quella che ritiene che l’art. 8 bis non avrebbe derogato all’art. 21 del d.lgs. n. 46/1999, introducendo una diversa disposizione di legge tale da consentire l’esecuzione esattoriale diretta per il recupero di entrate aventi causa in rapporti privatistici, come i crediti derivanti da fideiussioni prestate in relazione a finanziamenti bancari rimasti insoddisfatti.
In buona sostanza, il citato art. 8 bis:
- i) da un lato introdurrebbe l’esistenza del privilegio anche per i crediti restitutori conseguenti a surroga nelle ragioni degli istituti di credito verso i fideiussori; e,
- ii) da un altro, acconsentirebbe, appunto, ad MCC di avvalersi di ADER anche per il recupero di tale ulteriore tipologia di crediti allorchè abbia, tramite il fondo ex l. 662/1996, garantito finanziamenti bancari.
Infatti, in precedenza, tale facoltà doveva ritenersi ragionevolmente preclusa ad MCC.
Del resto, in base alla disciplina speciale ante art. 8 bis d.l. n. 3/2015, ci si sarebbe potuti avvalere di ADER da un lato per il recupero dei crediti derivanti da revoca di agevolazioni del MISE (cfr. in arg. l’art. 24, c. 32, della l. 449/97) e dall’altro (cfr. in arg. art. 2 co. 4 del d.m. n. 18456/2005) per il recupero dei crediti maturati nei riguardi delle P.M.I. per finanziamenti inadempiuti assistiti dalla garanzia dello Stato, con la precisazione che solo per l’ipotesi di crediti derivanti da revoca di agevolazioni il provvedimento di revoca avrebbe potuto costituire immediato titolo per l’iscrizione a ruolo.
L’art. 8 bis cit., richiamando l’art. 17 d.lgs. n. 146/1999 per i crediti da restituzione verso i beneficiari finali e i terzi prestatori di garanzie, avrebbe così permesso e/o confermato che MCC avrebbe potuto avvalersi della riscossione esattoriale anche per tale tipologia di crediti, cioè per il recupero anche nei confronti dei terzi fideiussori della banca, altrimenti, in precedenza, non consentita, sia in base alla normativa generale dell’art. 17 citato, sia sulla scorta delle disposizioni speciali dettate per il recupero crediti gestiti da MCC.
Tutto quanto sopra vale, quindi, a dire che il richiamo all’art. 17 d. lgs. 46/1999 contenuto nelle leggi speciali non avrebbe eliso quanto disposto dal successivo art. 21 del medesimo d.lgs., e, in particolare, non varrebbe ad escludere la necessità di munirsi preventivamente di un titolo esecutivo per l’iscrizione a ruolo di entrate che trovino fonte in ordinari rapporti di diritto privato.
Né potrebbe altrimenti ritenersi che, così interpretato, l’art. 8 bis citato venga svuotato di significato, risultando superfluo proprio rispetto alle preesistenti disposizioni dell’art. 21 d.lgs. cit.: l’art. 8 bis conserverebbe, invero, il suo significato, che consiste, innanzitutto, nell’attribuire carattere privilegiato al credito del fondo di garanzia (anche con riguardo ai terzi garanti) e, in secondo luogo, nel consentire, in generale, al Medio credito centrale la riscossione mediante ruolo (altrimenti impossibile, attesa la non riconducibilità di tale tipologia di crediti alle “entrate previste dall’art. 17”, afferenti in linea generale solo ai soggetti di diritto pubblico ivi indicati).
Rebus sic stantibus, in assenza di una specifica disposizione di legge derogatoria a quanto previsto dall’art. 21 del d.lgs. n. 46 del 1999, l’unica strada possibile per consentire l’esecuzione esattoriale diretta anche senza previa acquisizione di un titolo esecutivo è proprio la riconduzione giurisprudenziale alle entrate di tipo pubblicistico anche dei crediti nascenti dalla surroga di MCC nei crediti in origine vantati dalla banca, in particolare verso i fideiussori della debitrice principale.
Ma quello che il presente scritto mira a far emergere è proprio l’evidente aporia di cui soffre la tesi espressa sia dai Giudici di legittimità che da quelli di merito che si mostrano proni alla Cassazione.
La premessa della S.C. che riconduce il fenomeno ad un caso di surrogazione legale ex art. 1203 n. 5 cc. contraddice la conclusione per cui, post surroga, saremmo in presenza di un credito non solo privilegiato ma anche di diversa natura, ossia avente causa in un rapporto di diritto pubblico.
Del resto, sommessamente, l’argomento – tautologico – della Cassazione che arguisce una genesi pubblicistica del credito di MCC dalla mera natura privilegiata del relativo credito restitutorio non appare soddisfacente e non persuade, quantomeno chi scrive.
La tesi sposata dalla Cassazione è nota e già sopra descritta ma, come si suol dire, repetita iuvant.
In sintesi, ma nemmeno troppo, il ragionamento di fondo si sostanzia nel fatto che il riconoscimento della natura privilegiata del credito restitutorio facente capo al MCC, in quanto mirato alla riacquisizione di risorse pubbliche, per finalità sempre pubbliche di prosecuzione nel sostegno alla produzione, giustificherebbe, in tal senso, la nascita di un diritto diverso da quello – di diritto comune – originariamente vantato dalla banca nei confronti dell’impresa beneficiaria del suo finanziamento e dei suoi eventuali garanti.
Il fatto di dover soddisfare un fine, diciamo, pubblicistico importerebbe, in altri termini, una vera e propria mutazione genetica sul piano della natura del credito che, a seguito di un banale fenomeno surrogatorio, muterebbe radicalmente pelle, passando da un credito di diritto privato ad un’entrata di diritto pubblico.
Ma se così fosse la legge non avrebbe richiamato l’art. 1203 cc. e il fenomeno della surrogazione legale, dato che, più che di surrogazione, si dovrebbe trattare di novazione, ossia della sostituzione di un rapporto con un altro diverso ed ex novo.
Tale ardita tesi, per la verità, per quanto netta, non è mai stata illustrata con chiarezza dalla Suprema Corte che, nei propri arresti, si è sempre limitata a brevi ed acritici richiami al proprio tralatizio orientamento in materia che, tuttavia, si sofferma più sul privilegio comunemente accordato ai crediti restitutori di MCC, quali che siano, piuttosto che sulla supposta natura pubblicistica di tali crediti privilegiati, inferendo, con un ingiustificato salto logico, la seconda dal primo.
I Supremi Giudici, in altri termini, non spiegano come e perché dalla surroga di MCC possa nascere un credito ontologicamente diverso dal precedente in pancia alla banca che ha erogato il finanziamento coperto dalla garanzia Statale.
Questa conclusione, secondo noi, non solo è del tutto apodittica ma è anche fallace, scontrandosi con la ratio stessa della surrogazione legale.
Difatti, il fenomeno della surroga non fa affatto nascere un credito ontologicamente – e, quindi, per sua natura – diverso dal precedente, ne ciò si potrebbe giustificare sulla mera scorta di un’interpretazione estensiva dell’art. 9 del d.lgs. n. 193/1998 (e del successivo d.m. del 2005) che accorderebbe, secondo la S.C., il medesimo privilegio previsto per i casi di revoca dei finanziamenti Statali anche ai crediti susseguenti a perdite patite per escussione di garanzie di MCC.
Il riconoscimento di un privilegio non fa, del resto, presupporre la natura pubblicistica del credito cui il privilegio si riferisce.
Ed infatti, a mente dell’art. 2745 c.c., il privilegio non dipende dalla natura pubblicistica o privatistica del credito e non ha correlazione con questa, ma discende direttamente dalla legge che lo accorda in considerazione – non della natura del credito – bensì della particolare “causa” che lo giustifica, ossia per il fatto che l’ordinamento ritiene una data ragione di credito come portatrice di interessi meritevoli di tutela.
Gli arresti della Suprema Corte e le pronunce di merito che su questi acriticamente si adagiano soffrono, in tal guisa, di una profonda ed immanente contraddizione, dato che la S.C. ha sì, per via interpretativa, in chiave estensiva, ampliato le ipotesi di privilegio attribuibili ai crediti spettanti, caso per caso, ad MCC, ma così facendo ha, comunque, sempre richiamato l’art. 1203 c.c. ossia il fenomeno della surrogazione che presuppone, pur sempre, una successione di MCC nelle medesime ragioni e, soprattutto, nel medesimo credito della banca, anche nei confronti degli eventuali fideiussori, che non può avere natura diversa da quella del credito facente in origine capo alla banca, sebbene sia munito di privilegio per la meritoria finalità di riacquisire risorse da destinare al sostegno delle piccole e medie imprese.
E’, dunque, illogica, contraddittoria ed in definitiva errata la semplicistica equazione credito MCC verso i garanti assistito da privilegio=entrata di natura pubblicistica, con conseguente disapplicazione dell’eccezione ex art. 21 d.lgs. n. 46 del 1999 che avrebbe imposto ad MCC di premunirsi di un titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c., così come, del resto, avrebbe dovuto fare anche la stessa banca, se fosse stato l’istituto di credito e non MCC, in sua sostituzione, ad agire per il recupero del credito.
L’erroneità in diritto di tale tesi è stata, tra l’altro, colta da una sparuta ma combattiva parte di Giudici di merito che hanno avuto il coraggio di sospendere cartelle notificate da ADER per conto di MCC proprio, inter alia, per la mancata previa acquisizione di un titolo esecutivo nei confronti dei fideiussori del debitore principale.
Non ultimo proprio dal commentato Tribunale di Pavia che, con una succinta ordinanza, ha accolto la richiesta di sospensione della cartella notificata da ADER anche sulla scorta del motivo di opposizione concernente l’assenza del titolo esecutivo, necessario ex art. 21 d.lgs. n. 46/1999 avendo il rapporto fonte, in forza di surroga, nel medesimo rapporto instaurato dalla banca che è di diritto privato.
Ma all’interno della giurisprudenza di merito ci sono stati precedenti argomentati anche con maggior dovizia di particolare.
Significativo è, per esempio, tra gli altri, un pregevole e tutto sommato recente pronunciamento del Tribunale di Napoli[2].
Le premesse alla base del ragionamento del Tribunale napoletano sono due.
La prima è che la normativa di settore non ha introdotto specifiche deroghe all’art. 21 del d.lgs. n. 46 del 1999 riguardo alla necessità di premunirsi di un valido titolo esecutivo prima di poter formare i ruoli relativi a crediti aventi fonte in rapporti di diritto privato.
La seconda è che l’escussione della garanzia prestata dal fondo dà, pacificamente, luogo ad un fenomeno di surrogazione, come affermato espressamente dall’art. 2, comma 4, del d.m. 20 giugno 2005, n. 18456, riconducibile alla previsione di chiusura dell’art. 1203, n. 5, c.c..
A questo punto il Giudice napoletano ripercorre l’interpretazione del fenomeno surrogatorio all’interno della giurisprudenza di legittimità e prende ad esempio un altro caso tipico di surrogazione legale ossia quello dell’assicuratore sociale che si surroga nei limiti delle prestazioni erogate nel diritto al risarcimento del danno patito dall’infortunato.
La Cassazione stessa riconduce il suddetto caso di surroga legale ad un fenomeno di successione a titolo particolare nel lato attivo del rapporto, ritenuto in quanto tale inidoneo a giustificare quel “salto di specie” dell’obbligazione oggetto di surroga che invece si vorrebbe predicare per l’obbligazione surrogata facente capo a MCC.
D’altra parte, in ipotesi di successione a titolo particolare nell’obbligazione, non muta la natura dell’obbligazione, ma solo il suo lato attivo, assistendosi al subingresso del surrogante nella medesima posizione del surrogato, senza che abbia a modificarsi la natura dell’obbligazione surrogata che rimane fedele a sé stessa[3]
Ed infatti, “nelle assicurazioni contro i danni, per surrogazione dell’assicuratore si intende comunemente il diritto dell’assicuratore che ha corrisposto l’indennizzo di sostituirsi all’assicurato nei diritti verso il terzo responsabile, qualora il danno sia conseguenza diretta di illecito compiuto dal terzo danneggiato. Effetto principale della surrogazione è la successione a titolo particolare nel diritto controverso, la quale, pertanto, non determina un mutamento della natura del credito che si vuol far valere e, conseguentemente, la compagnia assicuratrice si trova nella medesima posizione giuridica in cui si sarebbe trovato il suo assicurato”[4].
E non per caso le precitate S.U. evidenziavano, infatti, che “Nella conseguente azione (surrogatoria n.d.r.) non ha pertanto rilievo il rapporto assicurativo di carattere pubblicistico concernente gli infortuni sul lavoro, ma soltanto la responsabilità aquiliana dell’autore dell’atto illecito, obbligato a risarcire il danneggiato o l’assicuratore che ne abbia anticipato l’indennizzo, sicché il responsabile non è legittimato ad opporre all’assicuratore eccezioni concernenti il contenuto del rapporto, salvo che esse incidano sulla misura del risarcimento del danno cui egli sarebbe tenuto nei confronti del danneggiato “.
Appare, quindi, pacifico nella stessa giurisprudenza di legittimità che, nel caso della surrogazione legale, si ricade in un fenomeno di successione a titolo particolare nel solo attivo dell’obbligazione che, pertanto, non comporta alcun mutamento della sua natura, come pure recentemente ribadito dai Supremi Giudici quando affermano, appunto, che “La surrogazione dell’assicuratore, di cui all’art. 1916 c.c. costituisce una successione a titolo particolare nel diritto dell’assicurato verso il terzo responsabile e non ne mutua la natura. Pertanto, come il credito di quest’ultimo ha natura di obbligazione di valore, la medesima natura ha il credito surrogatorio dell’assicuratore e su esso maturano interessi compensativi.”[5][6] (Cass. n. 21218 del 2022).
Peraltro, anche la giurisprudenza di legittimità tributaria, ha sposato linea delle Sezioni Civili in tema di surrogazione del fideiussore, ribadendo all’uopo che ““il decreto ingiuntivo ottenuto dal fideiussore nei confronti del debitore inadempiente per il recupero di somme assoggettate ad IVA è soggetto, ai sensi dell’art. 8 della tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, all’applicazione dell’imposta in misura fissa, atteso che la surrogazione del fideiussore al creditore principale comporta una peculiare forma di successione nel credito e la novazione dal lato soggettivo ma non incide sull’identità oggettiva dell’obbligazione, che conserva la sua natura ai fini tributari”[7]
Ebbene, come è facile constatare, in tutti i succitati esempi, la Cassazione riferisce sempre della stessa cosa: la surrogazione legale è riconducibile ad un fenomeno di successione a titolo particolare nel solo lato attivo dell’obbligazione che, per il resto, conserva la sua identità oggettiva e la sua natura.
E allora se è così, come può ammettersi il contrario per il solo caso di MCC?
E perché?
La Cassazione, almeno sino ad oggi, non ha fornito valide risposte a tale interrogativo, offrendo, al contrario, il destro ad una surroga sui generis da cui il credito della banca esce profondamente trasformato, presentando una natura del tutto diversa dalla precedente, alla stessa stregua di quanto accadeva all’interprete del più noto romanzo di Stevenson.
D’altro canto, così come sopra correttamente ricostruito il fenomeno della surrogazione, è da escludersi che, per tale via, possa sorgere un credito di natura diversa, ossia di matrice pubblicistica quando invece il surrogando credito della banca ha una chiara origine privatistica.
A volerla vedere così saremmo in presenza non dello stesso credito, ma di un credito nuovo e, quindi, dovremmo, a tutto voler concedere, ipotizzare un regresso di MCC e non una surroga, sennonchè si tratta di istituti completamente diversi tra loro, dove il primo esclude il secondo e viceversa.
Ma la legge e la Corte di Cassazione richiamano sempre l’istituto della surrogazione ex art. 1203 cc., per cui è da escludersi che il credito da rimborso rivendicato da MCC possa assumere una natura diversa – di tipo pubblicistico – rispetto a quella privatistica del credito in origine facente capo alla banca.
E l’incoerenza della conclusione raggiunta dalla Cassazione a proposito dello strano caso della surroga di MCC ce la mette in luce anche la stessa Suprema Corte.
La Corte di legittimità ritiene, infatti, indice della natura pubblicistica del credito di MCC il privilegio che la legge accorda a tale ragione creditoria in considerazione delle meritorie finalità dell’azione di MCC.
Ciò, come detto, non rappresenta un argomento convincente.
Ma anche a voler seguire questo bizzarro ragionamento, coordinandolo con il fenomeno surrogatorio, la conclusione non potrebbe essere quella ipotizzata dai Supremi Giudici.
MCC succede, infatti, nello stesso medesimo credito della banca che ha erogato il finanziamento coperto dalla garanzia Statale.
Ma il credito restitutorio di tale finanziamento non nasce privilegiato e, quindi, non potrebbe mai avere matrice pubblicistica ab origine come pare evincersi, invece, dalle pronunce della Suprema Corte.
Questo ce lo dice la stessa Suprema Corte tra le righe di un suo recente arresto dove i Supremi Giudici hanno categoricamente escluso che alle somme date a mutuo dalla banca possa assicurarsi causa di prelazione, come accade invece per MCC, trattandosi di finanziamenti provenienti per l’appunto da un soggetto privato[8]
Dandosi, quindi, luogo ad un ordinario fenomeno di surrogazione, MCC fa valere il diritto alla restituzione di un finanziamento erogato da un soggetto privato ovvero il diritto di garanzia verso chi ha prestato fideiussione sempre a favore di un soggetto privato e non pubblico.
D’altra parte, l’assunta diretta natura pubblicistica del credito da rimborso di MCC non ha ragion d’essere non trattandosi di un tributo e, comunque, sarebbe incoerente con una ragione di surroga nel credito della banca che ha genesi in un rapporto privato.
Logico e non contraddittorio è, invece, che si tratti di un’entrata avente finalità (rectius causa) latamente pubblicistica seppur avente la sua genesi – in forza di surroga – in un rapporto di natura privatistica quale inconfutabilmente è quello di fideiussione fra banca e garante.
Così come è coerente che a detto credito – esercitato in surroga – la legge abbia attribuito carattere privilegiato senza, tuttavia, snaturarlo geneticamente, assimilandolo, contronatura, ad un’entrata tributaria.
Difatti, se fosse la mera finalità pubblicistica a rendere di natura pubblicistica qualsivoglia credito escusso nell’interesse della P.A., allora non avrebbe alcun senso la stessa previsione dell’art. 21 del d.lgs. n. 46/1999, atteso che all’agere della P.A., benchè avente fonte in rapporti di diritto privato, è sempre sottesa la soddisfazione di una finalità latamente di pubblico interesse[9].
Quanto precede vale, peraltro, con maggior vigore, ed a maggior ragione, nel rapporto MCC fideiussori della banca.
Difatti, se per fare dell’accademia, si volesse ritenere che il finanziamento all’impresa beneficiaria, pur reso sottoforma di garanzia, abbia una natura pubblicistica e così specularmente anche la correlata obbligazione di rimborso da parte dell’impresa beneficiaria della garanzia, nondimeno resterebbe, comunque, il fatto che il rapporto fra MCC e debitrice principale non coincide con quello fra MCC e i fideiussori, mantenendo obbligazione principale e fideiussoria ciascuna una propria individualità.
Difatti, secondo Cass. nn. 2655 del 2008 e 25934 del 2011, l’obbligazione principale e quella fideiussoria, benchè fra loro collegate, mantengono una propria individualità non soltanto soggettiva ma anche oggettiva in quanto la causa fideiussoria è fissa ed uniforme, mentre l’obbligazione garantita può basarsi su qualsiasi altra causa idonea allo scopo, con la conseguenza che la disciplina dell’obbligazione garantita non influisce su quella della fideiussione.
Sicchè, certamente riconosciuta la natura privatistica del contratto di fideiussione, appare corretto affermare che per le entrate di natura privatistica è necessaria la precostituzione di un idoneo titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c..
La sfumatura che precede è stata opportunamente colta anche dalla giurisprudenza di merito che ha ritenuto che il rapporto fra la banca finanziatrice e il suo fideiussore in cui MCC subentra ha certamente natura privata, sicchè, per le entrate di diritto privato, la tecnica della riscossione in base al ruolo è limitata alla sola fase espropriativa, ma non riguarda la fase dell’accertamento del credito[10].
Ecco allora che, ad ossequioso e sommesso avviso di chi scrive, appare urgente ed opportuna una rimeditazione dello strano caso della surroga del Medio credito centrale.
Alla luce degli approdi giurisprudenziali sopra menzionati, si ritiene, infatti, che MCC non possa essere esentata dal dover ottenere anch’essa un valido titolo esecutivo prima di far notificare la cartella di pagamento all’Agente della Riscossione, avendo i crediti restitutori che rivendica una chiara origine privatistica.
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[1] Recentemente ex multis: Cass. n. 1005 del 2023 e Cass. n. 15485 del 2024
[2] Cfr. Trib. Napoli ord. 5 giugno 2024
[3] Sulla riconducibilità del fenomeno surrogatorio ad un’ipotesi di successione a titolo particolare vedasi anche ex multis: Cass. n. 17407/2016; n. 5594/2015; n. 6797/2003
[4] Cfr. Cass., S.U., n. 20740/2016
[5] Cfr. Cass. n. 21218/2022
[6] Fedele alla linea della Cassazione si dimostra, peraltro, anche la stessa giurisprudenza di merito per la quale pure “Nelle assicurazioni contro i danni, all’assicuratore che ha corrisposto l’indennizzo è riconosciuto il diritto alla surrogazione, ossia di sostituirsi all’assicurato nei diritti verso il terzo responsabile, se il danno è conseguenza diretta di illecito compiuto dal terzo danneggiato. Effetto principale della surrogazione è la successione a titolo particolare nel diritto controverso che pertanto non determina un mutamento della natura del credito.” (Trib. Cuneo n. 175/2023).
In termini analoghi si è espresso, inter alia, anche il Tribunale di Milano chiarendo, parimenti, che “Nelle assicurazioni contro i danni, per surrogazione dell’assicuratore si intende il diritto dell’assicuratore che ha corrisposto l’indennizzo, di sostituirsi all’assicurato nei diritti verso il terzo responsabile, qualora il danno sia conseguenza diretta di illecito compiuto dal terzo danneggiato. Effetto della surrogazione è la successione a titolo particolare nel diritto controverso che non determina un mutamento della natura del credito che si vuol far valere, per cui la società assicuratrice si trova nella medesima situazione in cui si sarebbe trovato il suo assicurato.” (Trib. Milano n. 1483 del 2019; identicamente Trib. Bergamo n. 979 del 2019).
E sulla stessa scia si sono poste anche le Corti di appello fra cui, per esempio, quella di Napoli per cui, appunto, “…Effetto della surrogazione è la successione a titolo particolare nel diritto controverso che non determina un mutamento della natura del credito che si vuol far valere…” (C. App. Napoli n. 4713 del 2017).
[7] Cfr. Cass. n. 14000 del 2014, n. 16975, 16976, 16977 del 2014 e n. 19365 del 2018
[8] Cfr. Cass. n. 35961 del 2023
[9] In questo senso si vedano vari precedenti di merito: Trib. Chieti ord. Sospensione 3 giugno 2023; Trib. Chieti ord. Sospensione 15 marzo 2023; Trib. Cuneo ord. in reclamo 6 maggio 2022; Trib. Bergamo ord. 2 agosto 2022; Trib. Pescara ord. 7 dicembre 2022.
[10] Cfr. Trib. Pavia n. 157 del 2024, resa il 5 dicembre 2023.