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Feb 2, 2025 0
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Senza soluzione di continuità con tutti i più recenti pronunciamenti, il Tribunale di Bari – Quarta Sezione Civile, riafferma l’importante principio, ormai consolidato, per cui, «in tema di diritto al risarcimento del danno, la regola per la quale il termine di prescrizione decorre da quando il danneggiato ha avuto o avrebbe potuto avere conoscenza della ingiustizia del danno, ossia del fatto che esso si è prodotto e che va attribuito a taluno, non muta a seconda del titolo di responsabilità, se contrattuale o extracontrattuale, valendo anche in caso di responsabilità contrattuale»[1].
Quanto agli oneri di allegazione e prova degli elementi costitutivi di tale eccezione, l’eccezione di prescrizione deve sempre fondarsi su fatti allegati dalla parte ed il debitore che la solleva ha l’onere di allegare e provare il fatto che, permettendo l’esercizio del diritto, determina l’inizio della decorrenza del termine, ai sensi dell’art. 2935 c.c., restando escluso che il giudice possa accogliere l’eccezione sulla base di un fatto diverso[2].
Ebbene, nella vicenda in esame, la convenuta ha sostenuto nella comparsa di costituzione la decorrenza del termine dalla data di perfezionamento dei singoli ordini, riferendo la prescrizione contrattuale ordinaria decennale agli acquisti effettuati prima del decennio antecedente la notifica della citazione (perfezionatasi il 6.09.2021). Pur tuttavia, in forza dei principi di diritto innanzi esposti, tuttavia, non avendo la allegato e provato la conoscenza o conoscibilità da parte dell’azionista del danno dedotto in giudizio in data antecedente al 6.09.2011, la stessa, sulla base degli atti acquisiti, non può che ricondursi alla pubblicazione, avvenuta il giorno 8.10.2018, delle prime delibere sanzionatorie n. 20583 e n. 20584, emesse dalla la quale ha accertato la violazione da parte dell’Istituto di Credito, tra le altre, di carenze procedurali e di irregolarità comportamentali che hanno riguardato le procedure per la valutazione dell’adeguatezza e dell’appropriatezza, con specifico riferimento alle modalità di profilatura della clientela e dei prodotti, alle modalità di raffronto fra il profilo del cliente e quello dei prodotti.
Per tali ragioni, l’eccezione di prescrizione va rigettata, non risultando decorso il termine decennale, decorrente dall’indicata conoscenza o conoscibilità del danno alla data di introduzione del presente giudizio.
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Nihil sub sole novum anche per quanto riguarda la fondatezza della domanda di risoluzione degli ordini di acquisto.
Invero, in ordine alla natura dell’investimento, le azioni e le obbligazioni BPB rientrano, per pacifica ammissione di entrambe le parti, nella fattispecie delle azioni non quotate in Borsa che, di fatto, per le loro caratteristiche devono essere considerate come titoli con un profilo di rischio alto o, quantomeno, medio-alto ed assimilabili a titoli illiquidi ovvero a titoli per i quali vi è una potenziale difficoltà di liquidazione. Tali azioni, infatti, presentano un peculiare rischio di monetizzazione, essendo scambiabili, non già in un mercato regolamentato, bensì tra la stessa banca emittente o direttamente tra i soci-azionisti, con conseguente ben maggiore difficoltà di trasferimento e di recupero delle somme impiegate nell’acquisto.
Al contempo, tale valutazione d’illiquidità prescinde dal rischio in concreto verificatosi ex post o dalla maggiore solidità dell’Istituto all’atto dell’acquisto, dovendo ricondursi all’astratto rischio di criticità del trasferimento, elemento informativo imprescindibile per la ponderata determinazione dell’investitore.
È indiscussa, altresì la sussistenza di situazione di conflitto di interesse, trattandosi di titoli emessi e collocati dal medesimo Istituto di credito.
In ordine agli specifici obblighi informativi, il giudice barese, anzitutto, premette che l’Intermediario ha l’obbligo di assumere informazioni sul profilo del cliente, sulla sua situazione finanziaria, sulla sua propensione al rischio e sui suoi obiettivi d’investimento; sulla scorta delle informazioni acquisite, deve altresì valutare l’adeguatezza della specifica operazione, in modo che corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente e sia tale da essere finanziariamente sostenibile rispetto agli obiettivi d’investimento dichiarati e che il cliente possa comprendere i rischi inerenti all’operazione.
Ebbene, con precipuo riferimento agli investimenti oggetto di lite, deve darsi atto che l’adempimento degli obblighi informativi relativi alla fase antecedente la conclusione del contratto-quadro, ovvero il dovere della di consegnare al cliente il documento informativo sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari e di acquisire le informazioni sull’investitore, trova riscontro nella produzione documentale della Banca.
Al tempo stesso, la convenuta ha prodotto il questionario MIFID, sottoscritto dall’attore, dal quale emerge che il principale obiettivo dell’investitore è di proteggere il proprio capitale, preferendo ottenere una remunerazione bassa del capitale investito, con la conseguente disponibilità ad investire in strumenti finanziari a breve, medio termine (2-5 anni). Il cliente dichiarava, inoltre, di essere disposto a sostenere una perdita minima del capitale, di investire una quota inclusa tra il 25% e il 50% del suo patrimonio con un’aspettativa di crescita nei 5 anni moderata.
Quanto alle esperienze e alle conoscenze maturate, l’investitore sostiene di conoscere la differenza tra azioni e obbligazioni, di essere a conoscenza che il capitale investito in titoli azionari subisce maggiori variazioni rispetto a quello investito in obbligazioni vendute prima della scadenza, ovvero di sapere che il capitale investito in titoli azionari subisce maggiori variazioni rispetto all’investimento obbligazionario secondo gli andamenti del mercato, afferma invece di non conoscere le implicazioni di rischio degli investimenti in strumenti derivati.
Orbene, sulla scorta delle risposte fornite, la Banca ha omesso di assegnare un profilo di rischio al cliente; oltretutto, deve rilevarsi che entrambe le operazioni contestate non siano state precedute da alcuna profilatura.
Ne consegue che gli investimenti azionari e obbligazionari, in ragione della natura illiquida dei titoli e della elevata rischiosità, non possono ritenersi compatibili con l’obiettivo dichiarato di voler proteggere nel tempo il capitale non essendo disposto a sopportare alcuna perdita di capitale, come si evince pacificamente dalla profilatura in atti.
Alla stregua dei richiamati obblighi di informazione attiva nella fase di conclusione dei singoli negozi di acquisto, di segnalazione d’inadeguatezza ed astensione dall’esecuzione, nel caso di specie non osservati, ricorre inadempimento colpevole della convenuta, tale da giustificare l’accoglimento della domanda di risoluzione, ai sensi dell’art.1453 c.c.
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[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. III, n. 29328/2024.
[2] Cfr. Cass. n. 14135/2019; Cass. n. 15991/2018.
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