Repetita iuvant: il Tribunale di Bari su decorrenza del termine prescrizionale del “danno” da azioni BPB e sull’inadeguatezza del titolo illiquido.
Nota a Trib. Bari, Sez. IV, 31 gennaio 2025, n. 348. Massima redazionale Con riferimento alla domanda di risarcimento danni, deve essere disattesa l’eccezione di prescrizione, sollevata dalla Banca, in relazione al termine quinquennale, non applicabile alla responsabilità contrattuale, per la quale opera il termine decennale, come più volte ribadito dalla Suprema Corte[1], nel caso […]
Nota a Trib. Bari, Sez. IV, 31 gennaio 2025, n. 348.
Massima redazionale
Con riferimento alla domanda di risarcimento danni, deve essere disattesa l’eccezione di prescrizione, sollevata dalla Banca, in relazione al termine quinquennale, non applicabile alla responsabilità contrattuale, per la quale opera il termine decennale, come più volte ribadito dalla Suprema Corte[1], nel caso di specie non decorso. Va osservato, infatti, al riguardo che, secondo orientamento di legittimità ormai consolidato “in tema di diritto al risarcimento del danno, la regola per la quale il termine di prescrizione decorre da quando il danneggiato ha avuto o avrebbe potuto avere conoscenza della ingiustizia del danno, ossia del fatto che esso si è prodotto e che va attribuito a taluno, non muta a seconda del titolo di responsabilità, se contrattuale o extracontrattuale, valendo anche in caso di responsabilità contrattuale”[2].
Quanto agli oneri di allegazione e prova degli elementi costitutivi di tale eccezione, l’eccezione di prescrizione deve sempre fondarsi su fatti allegati dalla parte ed il debitore che la solleva ha l’onere di allegare e provare il fatto che, permettendo l’esercizio del diritto, determina l’inizio della decorrenza del termine, ai sensi dell’art. 2935 c.c., restando escluso che il giudice possa accogliere l’eccezione sulla base di un fatto diverso[3]. E, ancora, “In tema di risarcimento del danno, la parte che eccepisce la prescrizione ha l’onere di dimostrare il “dies a quo” della decorrenza del relativo termine, ossia il momento nel quale si sono manifestati all’esterno i danni dedotti in giudizio, costituendo la valutazione della relativa prova una “quaestio facti”, incensurabile in sede di legittimità”[4].
Nella vicenda in esame, la convenuta ha sostenuto nella comparsa di costituzione la decorrenza del termine dalla data di perfezionamento dei singoli ordini, riferendo la prescrizione contrattuale ordinaria decennale agli acquisti effettuati prima del decennio antecedente la notifica della citazione. Pur tuttavia, in forza dei principi di diritto innanzi esposti, tuttavia, non avendo la allegato e provato la conoscenza o conoscibilità da parte dell’azionista del danno dedotto in giudizio in data antecedente all’1.12.2010, la stessa, sulla base degli atti acquisiti, non può che ricondursi alla pubblicazione, avvenuta il giorno 8.10.2018, delle prime delibere sanzionatorie n. 20583 e n. 20584 da CONSOB, la quale ha accertato la violazione da parte dell’Istituto di Credito, tra le altre, di carenze procedurali e di irregolarità comportamentali che hanno riguardato le procedure per la valutazione dell’adeguatezza e dell’appropriatezza, con specifico riferimento alle modalità di profilatura della clientela e dei prodotti, alle modalità di raffronto fra il profilo del cliente e quello dei prodotti. Per tali ragioni l’eccezione di prescrizione va rigettata, non risultando decorso il termine decennale, decorrente dall’indicata conoscenza o conoscibilità del danno alla data di introduzione del presente giudizio.
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In ordine agli specifici obblighi informativi della Banca, le azioni in esame rientrano, per pacifica ammissione di entrambe le parti, nella fattispecie delle non quotate e costituiscono, pertanto, titoli di rischio alto o, quanto meno, medio-alto, assimilabili a titoli illiquidi. Tali azioni, essendo scambiabili, non già in un mercato regolamentato, bensì tra la stessa banca emittente o direttamente tra i soci-azionisti, scontano una ben maggiore difficoltà di trasferimento e di recupero delle somme impiegate nell’acquisto.
Come in precedenti pronunciamenti, il giudice barese evidenzia, altresì, che tale valutazione di illiquidità prescinde dal rischio in concreto verificatosi ex post o dalla maggiore solidità dell’istituto all’atto dell’acquisto, dovendo ricondursi all’astratto rischio di criticità del trasferimento, elemento informativo imprescindibile per la ponderata determinazione dell’investitore.
Nel caso di specie, l’adempimento degli obblighi informativi relativi alla fase antecedente la conclusione del contratto-quadro, ovvero il dovere della di consegnare al cliente il documento informativo sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari e di acquisire le informazioni sull’investitore, trova riscontro nella produzione documentale.
La convenuta ha prodotto due questionari MIFID, sottoscritti dall’attore, dai quali emerge che il principale obiettivo dell’investitore è la crescita del capitale nel medio-lungo periodo, pur accettando il rischio di perderlo in parte; tuttavia, mentre nel primo questionario, afferma di voler operare in strumenti finanziari solo nel medio termine ( da due a sei anni), nel secondo esprime la volontà di operare nel breve-medio e lungo termine, dichiarandosi in entrambe le circostanze disposto ad investire una parte media del capitale, nonché di possedere un reddito complessivo “da € 200.000,00 a € 500.000,00”, ovvero un reddito annuo pari ad € 50.000,00. Quanto alle esperienze e alle conoscenze maturate, l’attore dichiara inizialmente di conoscere gli strumenti finanziari eccetto fondi comuni, SICAV, ETF, ETC, polizze Index Linked/Unit linked, gestioni patrimoniali, azioni, obbligazioni convertibili, warrant, covered warrant, certificates nonché i derivati, successivamente la sua conoscenza in materia finanziaria sembra essere migliorata, in quanto nel 2012 dichiara di conoscere tutti gli strumenti finanziari (ad eccezione solo di quelli derivati), in ragione dei propri studi, interessi e professione svolta. L’attore inoltre, afferma, in entrambe le profilature, di aver investito solo in titoli di stato, obbligazioni o fondi obbligazionari, con un importo medio delle operazioni sempre tra i 5.000,00 e i 10.000,00 euro, effettuando meno di un’operazione a trimestre.
Orbene, sulla scorta delle risposte fornite, la Banca ha assegnato un profilo di rischio “medio”, desumibile, per la profilatura dell’1.12.2010, dal contratto quadro sottoscritto in medesima data, mentre per quella del 16.11.2012, il profilo di rischio è indicato sia nel questionario stesso che nel contratto quadro sottoscritto in pari data. Per quanto concerne invece le operazioni eseguite dall’attore nel 2014, l’Istituto ha omesso di effettuare la profilatura cliente.
Ne consegue che gli investimenti azionari e obbligazionari, in ragione della natura illiquida dei titoli e della elevata rischiosità, non possono ritenersi compatibili con l’obiettivo dichiarato dal cliente, di voler proteggere nel tempo il capitale, rischiandone solo una parte. L’inconciliabilità della scelta con il profilo di rischio del cliente, circostanza che peraltro fa dubitare delle competenze dichiarate da quest’ultimo, in particolar modo, nel secondo questionario MIFID (2012), ove l’investitore sembra aver acquisito notevoli conoscenze in più rispetto alla precedente profilatura del 2010, e di cui l’Istituto di Credito non poteva non essere consapevole, anche in considerazione dell’età di quest’ultimo all’epoca degli investimenti, induce pertanto a ritenere non adeguate le operazioni al profilo dell’investitore, con specifico riferimento agli obiettivi di investimento. Tale criticità della scelta, del resto, non risulta affatto segnalata dalla convenuta, che ha invero richiamato l’attenzione dell’investitore, in ragione dell’eccessiva concentrazione della partecipazione azionaria (maggiore della soglia del 60%) relativa al medesimo emittente, ma non ha giammai specificamente evidenziato, all’atto di tutti gli acquisti, che le azioni, in quanto titoli illiquidi, sia pur astrattamente descritti come tipologia nel documento generale sui rischi per gli investitori, non erano compatibili con il dichiarato profilo di rischio del cliente.
Orbene, l’inosservanza degli obblighi di informazione attiva nella fase di conclusione del singolo negozio di acquisto, di segnalazione d’inadeguatezza ed astensione dell’esecuzione, comporta l’inadempimento colpevole della convenuta, tale da giustificare l’accoglimento della domanda di risarcimento danni formulata dall’attore.
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[1] Cfr. Cass n. 8997/2021; Cass. n. 12937/2017.
[2] Cfr. Cass. n. 29328/2024.
[3] Cfr. Cass. n. 14135/2019; Cass. n. 15991/2018.
[4] Cfr. Cass. n. 14662/2016.