X, guerra tra Musk e inserzionisti
Con l'acquisto di Twitter da parte di Musk e lo sdoganamento di condotte prima censurate, X ha perso inserzionisti di spicco che hanno costretto la piattaforma a ribassare continuamente i prezzi pur di mantenere i pochi clienti rimasti. Ma adesso il social passa al contrattacco
Con l’acquisto di Twitter da parte di Musk e lo sdoganamento di condotte prima censurate, X ha perso inserzionisti di spicco che hanno costretto la piattaforma a ribassare continuamente i prezzi pur di mantenere i pochi clienti rimasti. Ma adesso il social passa al contrattacco
Se la vendetta è un piatto che si consuma freddo, Elon Musk, uomo le cui scorte di pazienza sono notoriamente limitate, non ha voluto attendere, facendo passare al contrattacco la sua piattaforma X così da trascinare in giudizio tutti i grandi marchi che hanno interrotto ogni relazione pubblicitaria appena l’ex startupper ne ha preso possesso.
A Message to X Users pic.twitter.com/6bZOYPhWVa
— Linda Yaccarino (@lindayaX) August 6, 2024
UN CARTELLO DI INSERZIONISTI CONTRO X?
Il primo passo in realtà era stato compiuto nell’agosto 2024, quando X aveva portato davanti a un giudice texano la World Federation of Advertisers e la sua iniziativa per la sicurezza pubblicitaria, la Global Alliance of Responsible Media nata proprio con lo scopo di aiutare le aziende a investire in pubblicità esclusivamente su piattaforme che assicurassero rigorosi standard di moderazione nelle quali non proliferasse il cosiddetto hate speech.
We tried being nice for 2 years and got nothing but empty words.
Now, it is war. https://t.co/MEzH0vqz0p
— Elon Musk (@elonmusk) August 6, 2024
Un’era fa, considerato il nuovo corso trumpiano di tutti i social born in the Usa, ma già allora proprio a seguito dello scontro a suon di carte bollate con X la Wfa aveva annunciato la chiusura del programma sostenendo che le accuse ne avessero ormai compromesso la reputazione e le risorse.
DA COLGATE A SHELL: I BERSAGLI DI X
Ma il risultato non sembra essere bastato a placare l’ira di X che secondo fonti di stampa avrebbe recentemente ritoccato i propri atti di accusa al fine di ricomprendere nel novero delle controparti pure Twitch, Nestlé, Abbott Laboratories, Colgate, Lego, Pinterest, Tyson Foods e Shell.
Tutti con la medesima accusa: aver interrotto la pubblicità sulla piattaforma senza un reale motivo. Del resto Elon Musk è profondamente insoddisfatto delle performances del proprio social: qualche settimana fa si sarebbe sfogato coi suoi dipendenti dicendo che “la crescita degli utenti è stagnante, i ricavi non sono impressionanti e stiamo a malapena pareggiando”.
LE ACCUSE DI X AGLI INSERZIONISTI
La denuncia sostiene che la Wfa “avrebbe organizzato un boicottaggio degli inserzionisti di Twitter tramite il programma anti hate speech noto come Garm, con l’obiettivo di costringere” la piattaforma fresca di acquisizione da parte di Musk “a conformarsi agli standard di sicurezza”, con “almeno” 18 grandi marchi affiliati” che nel medesimo periodo hanno improvvisamente interrotto l’acquisto di annunci pubblicitari su X mentre contestualmente altri via via riducevano la loro spesa sul social.
IL DOPPIO DANNO SUBITO DALLA PIATTAFORMA
“La maggior parte delle entrate pubblicitarie di X oggi proviene da piccole e medie imprese che non sono membri Garm”, scrivono gli avvocati della piattaforma nel portafogli di Musk a riprova di quanto sostenuto: ovvero di essere stati abbandonati dalle major che, guarda caso, militavano nella lega “anti hate-speech” della Wfa.
“Dato che la domanda di pubblicità su X è diminuita a causa del boicottaggio, anche il prezzo che gli inserzionisti rimanenti sono disposti a pagare è diminuito”, viene scritto per motivare il duplice danno economico patito dalla piattaforma, che avrà anche perso miliardi, ma ora ha il proprietario nella sala dei bottoni della Casa Bianca.