Sulle nostre teste 10.000 satelliti operativi e 3.000 morti da tempo. È l’era della spazzatura spaziale
Nel cielo c’è uno stormo spaziale che rende la vita difficile agli astronomi e ha evidenti impatti ecologici. Il monito dell'astrofisica Patrizia Caraveo nella nuova puntata di Spazio al futuro
Sono sicura che tutti voi usate ogni giorno servizi offerti dai satelliti in orbita intorno alla terra. Magari non ci pensate, ma, le previsioni del tempo, il modo migliore per arrivare alla meta che volete raggiungere tenendo conto dello stato del traffico, la trasmissione delle competizioni sportive in Australia, le transazioni finanziarie dipendono dall’utilizzo di satelliti. Chi vive in aree non raggiunte dalla fibra ottica forse utilizza (o pianifica di utilizzare) il servizio internet satellitare di Starlink che si basa su una fitta ragnatela di satelliti per raggiungere ogni angolo del nostro pianeta.
Quanti satelliti orbitano attorno alla Terra?
Avete mai provato a immaginare quanti satelliti ci passano sopra la testa? Ad oggi, ci sono in orbita circa 10.000 satelliti operativi e non meno di 3.000 per così dire “defunti” e, se ci mettiamo a guardare il cielo con un po’ di pazienza in un luogo buio, certamente vedremo qualche puntino luminoso che si muove velocemente. Se usiamo una macchina fotografica e facciamo un serie di scatti vedremo un numero sempre maggiore di strisciate causate dai punti in movimento (la struttura metallica dei satelliti riflette la luce del Sole).
Trovo molto eloquente il timelapse con le immagini raccolte nel corso di una sola ora in Montana. Praticamente ci sono satelliti ovunque. Questo costituisce una gravissima preoccupazione per gli appassionati di osservazioni celesti e per gli astronomi professionisti, ma non è l’astronomia l’unica vittima della crescita della Space Economy.
Mentre è sicuramente vero che i satelliti offrono servizi di grande utilità per migliorare la qualità della nostra vita, vale la pena di considerare le conseguenze della crescita esplosiva nel numero dei satelliti che solcano i nostri cieli. Ogni anno il numero di satelliti messi in orbita supera il record dell’anno precedente con un aumento vertiginoso dei satelliti commerciali.
È uno sviluppo recente legato alla crescita della Space Economy e lo vediamo chiaramente nell’infografica preparata dall’Agenzia Spaziale Europea (in collaborazione con l’ufficio dell’ONU che si occupa dello spazio) che presenta il conteggio annuale dei satelliti dividendoli tra satelliti istituzionali, lanciati da Agenzie spaziali oppure da enti governativi (in azzurro) e satelliti commerciali (in arancio) che diventano preponderanti negli ultimi anni.
Intendiamoci, i satelliti commerciali non sono una novità, i primi satelliti per telecomunicazioni (che ci permettono di vedere in tempo reale quello che succede in ogni parte del mondo) hanno cominciato ad operare negli anni’60 ma erano così pochi che nel grafico non li vediamo nemmeno, adesso i numeri crescono in modo travolgente trainati dall’interesse nelle nuove costellazioni per la fornitura del segnale internet satellitare. Ogni costellazione conta di mettere in orbita migliaia e migliaia di satelliti.
Pur riconoscendo l’utilità (a volte la necessità) dei servizi internet satellitari, non bisogna dimenticare che, benché operino nello spazio, lontano dalla nostra vista, i satelliti hanno un impatto non trascurabile sulla vita e sulle attività che si svolgono sulla superficie della terra.
Per mettere in orbita molti satelliti occorrono molti lanci quindi noi stiamo aumentando anche il numero dei lanci. Nel grafico si vede l’andamento del numero dei lanci in funzione del tempo. Il codice di colore permette di riconoscere la nazione responsabile del lancio. È chiaro che l’aumento dei lanci che stiamo vedendo negli ultimi anni è tutto da attribuire agli Stati Uniti.
Ogni lancio ha una chiara impronta ecologica sulla nostra atmosfera oltre ad avere conseguenze di natura più pratica. Quando viene annunciata la data e l’ora del lancio occorre chiudere lo spazio aereo (e anche quello navale se la base è vicino alla costa). Una procedura necessaria che interessa solo la regione adiacente alla base ma che forse andrà ampliata in seguito all’esplosione della capsula Starship che ha provocato una pioggia di detriti sulle isole di Turks e Caicos (tecnicamente dei territori inglesi d’oltremare a sud delle Bahamas) il 16 gennaio pochi minuti dopo il lancio.
Elon Musk ha ripostato i video della caduta di detriti fiammeggianti aggiungendo un commento dove dice che il successo è incerto ma lo spettacolo è garantito. Peccato che la Federal Aviation Administration (FAA) non abbia affatto apprezzato lo spettacolo dal momento che è stata costretta a fare deviare le rotte degli aerei in volo nella zona. I piloti degli aerei in volo sui Caraibi hanno ricevuto un messaggio insolito ma certo non rassicurante. Ad un secco “Space vehicle mishap” (incidente di un veicolo spaziale) ha fatto seguito “We have reports of debris outside of the protected areas so we’re currently going to have to hold you in this airspace”(Abbiamo segnalazioni di detriti al di fuori delle aree protette, quindi per il momento siamo costretti a trattenervi in questo spazio aereo).
Adesso la FAA ha sospeso i permessi di lancio di Starship fino a quando non saranno state capite le cause dell’incidente, ma sicuramente quando verranno fatti i prossimi tentativi di lancio lo spazio aereo chiuso interesserà tutta la traiettoria del lancio onde evitare altre spiacevoli sorprese. E chiudere lo spazio aereo non è senza prezzo: significa deviare le rotte degli aerei oppure ritardare le partenze.
Anche trascurando questi problemi, per fortuna non frequenti, i lanci hanno un impatto ambientale non trascurabile. Per portare i carichi in orbita vengono bruciate migliaia di tonnellate di combustibile che produce gas inquinanti rilasciati durante l’ascesa che dura circa 8 minuti. Questi gas di scarico possono contribuire al riscaldamento dell’atmosfera e contengono composti a base di zolfo che reagiscono con l’ozono e lo distruggono. Tanto maggiore il numero dei lanci, tanto più importanti le conseguenze ambientali.
Inoltre, una volta arrivati in orbita, i satelliti così numerosi rischiano di creare ingorghi spaziali perché lo spazio è grande ma non infinito e ogni oggetto ha bisogno di uno “spazio vitale” per minimizzare il pericolo di collisioni con altri satelliti.
Nuvole di spazzatura spaziale
In più, i satelliti possono avere dei problemi, a volte esplodono (o, peggio, fatti esplodere) creando nuvole di spazzatura spaziale che continua ad orbitare e può essere molto pericolosa. Ogni tanto la stazione spaziale si deve spostare per evitare detriti. La situazione va continuamente monitorata anche perché in orbita valgono solo le leggi della fisica e non c’è modo di dare precedenza. Per regolare il traffico ci vorrebbe un codice dello spazio riconosciuto a livello mondiale. Un sogno purtroppo molto difficile da realizzare.
Per non peggiorare il problema occorre progettare i satelliti perché possano togliersi di torno quando hanno finito la loro missione abbassando la loro orbita per farsi bruciare dall’attrito con l’atmosfera. In questo modo non occupano più spazio orbitale ma sarebbe sbagliato pensare che svaniscano: i metalli vaporizzati rimangono nell’atmosfera dove l’unica sorgente naturale di metalli sono le meteoriti o, se preferite, le stelle cadenti. Misure in alta quota dimostrano che l’aerosol dell’atmosfera contiene già particelle di metalli dei satelliti.
L’impatto sul pianeta
Ma non sempre gli oggetti vengono completamente distrutti dal calore del rientro. Quelli particolarmente grandi e pesanti possono arrivare fino a terra diventando un altro potenziale pericolo sia per noi e le nostre case, sia per gli aerei che certo non vogliono rischiare di essere sulla rotta di caduta di un detrito che potrebbe arrecare danni potenzialmente gravissimi. La line aerea che sembra essere maggiormente colpita dall’allerta rientri dei secondi stadi del lanciatore Falcon9 di Space X è la Qantas che deve ritardare gli aerei tra Australia e Sud Africa per seguire i cambi della tempistica dei numerosi lanci che pianificano il rientro in una zona di oceano indiano sorvolato dalla rotta in questione.
Non so se ai passeggeri, certo non contenti di dover ritardare di ore la partenza, venga detto che la causa è pericolo di detriti spaziali, tuttavia è un esempio di come i molti lanci richiesti dalla Space Economy abbiano un impatto immediato sulla nostra vita, oltre che sulla qualità della nostra atmosfera. Come spiego nel mio libro, “Ecologia Spaziale” lo spazio è parte integrante dell’ecosistema terrestre e prima ce ne renderemo conto meglio sarà.