Si, la vita umana ha un limite, ma potremmo lo stesso superarlo

122 anni non sono abbastanza: genetica, epigenetica e stile di vita si scontrano per riscrivere il limite della longevità umana. La scienza è pronta a cambiare le regole del gioco? L'articolo Si, la vita umana ha un limite, ma potremmo lo stesso superarlo è tratto da Futuro Prossimo.

Feb 4, 2025 - 14:39
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Si, la vita umana ha un limite, ma potremmo lo stesso superarlo

Nel 1997 io avevo 22 anni, e la signora Jeanne Calment ne aveva 100 più di me. Quando chiuse gli occhi, portò con sé un record non ancora eguagliato, al punto da far crescere sempre di più una domanda: è davvero questa l’età massima, il limite della vita umana?

Oggi, mentre decine di laboratori analizzano il DNA di centenari, una nuova generazione di scienziati sta sfidando l’idea stessa di limite biologico. Tra geni dormienti, ormoni ribelli e cellule ringiovanite la frontiera della longevità si sposta ogni giorno.

Il mito dei 122 anni e l’enigma dei supercentenari

Jeanne Calment non era una donna qualunque. Nata nel 1875, aveva già 13 anni quando venne completata la Torre Eiffel. Morì 5 anni dopo aver smesso di fumare (a 117 anni) e mangiando cioccolato ogni giorno. Natalia Gavrilova, demografa dell’Università di Chicago, studia casi come il suo da decenni:

Fino agli anni ’90, pensavamo che 115 anni fosse un muro invalicabile per la vita umana. Poi abbiamo visto che la curva di mortalità rallenta dopo i 105 anni, quasi sfidando le leggi biologiche.

Se questo non fosse già abbastanza strano, i dati raccolti in uno studio del 2020 mostrano che andando oltre emerge un fattore degno di nota: dopo i 113 anni, il rischio di morte raddoppia ogni anno. Ma perché così pochi raggiungono questa fase? Leonid Gavrilov, coautore dello studio, ipotizza che “il corpo umano abbia un ‘kit di sopravvivenza’ che si attiva solo sotto estrema pressione evolutiva. Forse i supercentenari sbloccano meccanismi di riparazione cellulare che il 99,9% di noi ignora”.

Il vero mistero è nella loro genetica

Nir Barzilai, direttore dell’Institute for Aging Research, ha scoperto che il 60% dei centenari possiede mutazioni nel gene IGF-1, legato all’ormone della crescita.

Sembra un paradosso: meno crescita, più longevità. Queste varianti genetiche rallentano l’invecchiamento, come se mettessero il corpo in ‘modalità risparmio energetico‘. Moriamo prima degli 80 anni non per un destino biologico, ma perché la medicina non ha ancora colto il potenziale della longevità estrema.

E potrebbe non coglierlo così presto: uno studio statistico del 2017 ha pronosticato che nessun individuo raggiungerà un’età di 130 anni entro questo secolo.

Epigenetica: l’interruttore segreto per resettare l’orologio biologico e allungare la vita umana?

Mentre la genetica studia il “libro” del DNA, l’epigenetica ne decifra le annotazioni a margine che decidono quali pagine leggere. David Sinclair dell’Harvard Medical School è una vecchia conoscenza del nostro sito. lavora sulle sirtuine, proteine che riavvolgono questi segnali: “Immaginate un DVD graffiato: le sirtuine sono il polish che ripristina i dati. Nel 2023, abbiamo ringiovanito cellule di topo del 50%, riportandole a uno stato quasi embrionale”.

L’esperimento, pubblicato su Cell, ha utilizzato un cocktail di geni per riprogrammare l’epigenoma senza cancellare l’identità cellulare. “Abbiamo creato un ‘tasto Ctrl+Z’ biologico”, ride Sinclair. Ma c’è un problema: nei topi, il trattamento ha funzionato solo per danni acuti. Applicarlo all’invecchiamento cronico richiederà decenni.

Il vero salto, ovviamente, avverrà quando si passerà dai roditori agli umani. Altos Labs, startup finanziata da Jeff Bezos (e non solo), sta già testando terapie epigenetiche su primati. “Se funzionasse, potremmo aggiungere 10-20 anni in salute all’aspettativa di vita”, spiega Sinclair. Ma il dibattito è acceso: uno studio del 2021 su Nature avverte che modificare l’epigenoma potrebbe anche accelerare tumori o malattie neurodegenerative.

“Vivere fino a 150 anni? Forse. Ma il vero obiettivo è arrivarci in salute, non come mummie connesse a macchine” (David Sinclair).

Dieta, esercizio e socialità: quanto conta lo stile di vita dopo i 100 anni?

Se chiedete a un centenario il segreto della longevità, vi dirà di bere vino rosso (Jeanne Calment) o mangiare pancetta fritta (Susannah Mushatt Jones, 116 anni). La scienza, però, svela un quadro più complesso. Un’analisi del 2017 pubblicata su Extremes mostra che dopo i 105 anni, le abitudini contano meno del DNA: fumatori e vegetariani muoiono con la stessa frequenza. Sissignori: dopo i 105, liberi tutti! Non so cosa darei per vedere Little Richard che sblocca questo bonus.

Gavrilova ha scoperto che l’ereditarietà della longevità è sorprendente: “Avere un genitore centenario aumenta le tue chances del 31%, due genitori del 67%. È come nascere con un bonus di 20 anni”. Ma non è tutto scritto: ad esempio, l’esercizio fisico dopo i 70 anni riduce del 44% il rischio di demenza, secondo l’Università di Cambridge.

Il vero punto di svolta potrebbe essere la medicina personalizzata. “Oggi trattiamo le malattie una alla volta”, dice Barzilai. “Domani, terapie come quelle basate sulla metformina (un farmaco per il diabete che allunga la vita nei topi) agiranno sull’invecchiamento stesso, prevenendo 5-6 patologie contemporaneamente”.

L’etica della lunga vita umana: chi potrà permettersi di diventare immortale?

Questa parte, quando si affronta il tema, arriva sempre. E siccome non intendo nasconderla, la prenderò di petto parlando i chiaramente: se tutti raggiungessimo i 150 anni, il sistema pensionistico collasserebbe fragorosamente. È una popular opinion, giusto? Mi contesteranno in pochi. Eppure, Sinclair sostiene che “una società di ultracentenari in salute sarebbe più produttiva e creativa”. Con un rischio più che concreto, però: le terapie antietà potrebbero diventare un lusso per miliardari, approfondendo le disuguaglianze.

Già oggi, cliniche in Svizzera offrono trasfusioni di plasma giovane a 8.000 euro a dose, senza prove scientifiche. “Dobbiamo evitare che la longevità diventi un business per pochi”, avverte Barzilai. La soluzione? Includere l’invecchiamento nei trial clinici come malattia trattabile, aprendo a finanziamenti pubblici.

Intanto, la Cina investe 10 miliardi di dollari in ricerca gerontologica, mentre la NASA studia come proteggere gli astronauti dall’invecchiamento accelerato nello spazio. “Forse la chiave per colonizzare Marte sta nel DNA dei centenari”, ipotizza Sinclair. Intanto, torniamo sulla Terra.

Vita umana oltre i limiti? Il futuro tra il gene editing e le cellule zombi

Le ultime frontiere? La CRISPR per modificare geni legati all’invecchiamento e i senolitici, farmaci che eliminano le cellule “zombie” che si accumulano con l’età. Uno studio del 2025 su Nature Aging ha dimostrato che il dasatinib (usato per la leucemia) riduce del 30% queste cellule in topi anziani, migliorando anche la funzionalità cardiaca.

Un’altra svolta possibile? L’intelligenza artificiale sta analizzando milioni di farmaci esistenti per trovare combinazioni antietà. “Abbiamo identificato 23 molecole approvate che mimano gli effetti del digiuno”, rivela Barzilai. “Tra 5 anni, avremo una pillola che ‘inganna’ il corpo, simulando una dieta ipocalorica senza soffrire la fame”.

Se tutto andrà per il verso giusto, avremo molto tempo per riparlarne.

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