Premonitions, la recensione del mystery thriller (no spoiler)

John Clancy è uno psichiatra che vive in totale solitudine da ormai due anni, dal giorno della tragica morte dell’amata figlia. L’uomo, conosciuto dall’FBI per via della sue capacità da sensitivo, viene ora contattato dall’agente speciale Joe Merriwether, una sua vecchia conoscenza, che gli chiede di aiutarlo a catturare un serial killer che usa un […]

Feb 3, 2025 - 23:22
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Premonitions, la recensione del mystery thriller (no spoiler)
Premonitions

John Clancy è uno psichiatra che vive in totale solitudine da ormai due anni, dal giorno della tragica morte dell’amata figlia. L’uomo, conosciuto dall’FBI per via della sue capacità da sensitivo, viene ora contattato dall’agente speciale Joe Merriwether, una sua vecchia conoscenza, che gli chiede di aiutarlo a catturare un serial killer che usa un modus operandi molto elaborato per uccidere le sue vittime.

In Premonitions, il luminare è inizialmente riluttante, ma quando ha una profezia di morte che riguarda la psicologa criminale Katherine Cowles decide di collaborare alle indagini nella speranza di evitare il peggio. Nonostante tutto l’assassino sembra essere sempre un passo avanti a loro e anche potendo contare sulle abilità fuori dal comune di Clancy, risolvere il caso si rivelerà più complicato – e pericoloso – del previsto.

Premonitions, la recensione: cambio di programma

Inizialmente la sceneggiatura alla base di Premonitions era stata pensata come un sequel di uno dei più grandi cult anni Novanta, ovvero Seven (1995), ma quando il progetto è fallito è stata riadattata come progetto stand-alone. E proprio da un altro caposaldo del genere quale Il silenzio degli innocenti (1991) recupera il protagonista Anthony Hopkins, qui nelle vesti del sensitivo con il dono / flagello di quelle visioni che gli permettono di ponderare al meglio le decisioni da prendere nell’immediato.

Proprio su questo assunto, con il personaggio che assume un ruolo da deus ex machina, vive un racconto non privo di spunti affascinanti ma forzato proprio per via di questa capacità pronta a risolvere alcune situazioni spinose, ma non tutte: il potere sembra andare e tornare casualmente, a seconda degli obblighi narrativi, togliendo verosimiglianza anche pur contestualizzando il tutto alla matrice paranormale della vicenda.

Niente è come sembra

Un peccato perché Premonitions potrebbe altrimenti contare su una discreta atmosfera di genere, guardante alle produzioni di un paio di decenni prima, con tanto di colpo di scena relativo all’identità dell’effettivo villain, con guest-star d’eccezione – non vi sveleremo chi è per non rovinarvi la sorpresa qualora non vi foste informati prima della visione – a vestire i panni di acerrima nemesi. Proprio nelle similitudini che legano i due principali antagonisti si aprono spunti di riflessione sull’eutanasia, in maniera parzialmente didascalica ma ottimamente sfumati, come ulteriormente rimarcato dalla scena / flashback durante l’epilogo.

Azione e tensione su discreti livelli accompagnano così un magma narrativo interessante ma imperfetto, messo in scena con una certa efficacia dal regista brasiliano – al suo esordio ad Hollywood – Afonso Poyart, che non risparmia nemmeno un paio di passaggi dal tono visionario dal gradevole impatto estetico.

Certo a tratti la trama si fa anche troppo ambiziosa e arriva a trattare temi sensibili con una superficialità di fondo che rischia di sminuire il valore stesso delle indagini e della missione dei protagonisti, che si ritrovano così a essere inermi pedine di un destino ineluttabile.

Conclusioni finali

Un colto psichiatra, reduce da una tragedia nel passato e noto alla polizia per le sue abilità da sensitivo, si ritrova a collaborare con le autorità per catturare uno spietato serial killer, che usa un particolare modus operandi non soltanto per il modo in cui uccide le sue vittime ma anche nell’aprioristica scelta di coloro da eliminare. L’indagine sarà ricca di incognite…

E di altrettante incognite si colma la sceneggiatura, nata con ben altri obiettivi e trasformata in corsa in un prodotto ibrido, a tratti affascinante ma al contempo imprecisa nella gestione dei poteri del personaggio di Anthony Hopkins, che funzionano o meno a seconda di quando viene comodo agli eventi e al minutaggio. Regia e solido cast garantiscono una discreta atmosfera di genere, ma il racconto pur nelle volenterose diramazioni rischia di naufragare proprio sotto le sue stesse ambizioni.