Phillip Golub: Loop 7 | Recensione
Il compositore e avvocato dei musicisti Phillip Golub è giunto alla sua seconda uscita discografica, Loop 7, che evolve l’esplorazione dell’esordio con “Filters”. Ce lo racconta nella recensione Gilberto Ongaro. Loop 7 è il nuovo disco del musicista Phillip Golub. Avete mai desiderato di scoprire un colore nuovo? Vedere una tonalità che vada al di […] L'articolo Phillip Golub: Loop 7 | Recensione proviene da Blog della Musica.
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Il compositore e avvocato dei musicisti Phillip Golub è giunto alla sua seconda uscita discografica, Loop 7, che evolve l’esplorazione dell’esordio con “Filters”. Ce lo racconta nella recensione Gilberto Ongaro.
Loop 7 è il nuovo disco del musicista Phillip Golub. Avete mai desiderato di scoprire un colore nuovo? Vedere una tonalità che vada al di fuori del nostro spettro, magari nell’infrarosso o dall’altra parte, nell’ultravioletto? Forse non ci riusciremo mai, a meno di non considerare quelle strane tinte che recentemente colorano certe automobili, tra un indefinibile tortora e un beige. Per quanto riguarda i suoni, qualcosa possiamo fare.
Considerando tutte le alterazioni (diesis e bemolle), la nostra scala cromatica arriva a 12 semitoni. E se usassimo intervalli più brevi? I famosi quarti di tono, quelli di alcune scale arabe e indiane? Un orecchio non abituato può bollare velocemente tutto questo come dissonanze, chiudendo il discorso. Phillip Golub invece intende proprio aprirlo, il discorso, partendo da lì.
Su “Filters”, la pubblicazione d’esordio, lo sentivamo intento a ripetere glacialmente a pianoforte dei loop di alcune note, in maniera talmente meccanica che nell’intervista gli avevo chiesto se fossero generati a computer. Lui aveva risposto che erano suonati a mano, e che il suo intento era proprio quello, di contemplare la ripetizione manuale. Ogni cosa ripetuta, diceva, non è mai del tutto uguale la seconda volta, né la terza e così via. Anche di significato.
Ascolta la musica di Phillip Golub
Stavolta, per Loop 7, Golub realizza una traccia di 28 minuti e 20 secondi, dove utilizza una scala di ben 22 toni (22 EDO). È una delle ultime frontiere, seguite da diversi musicisti in questi ultimi anni. Su YouTube ho visto qualcuno arrivare a scale di ben 31 toni (31 EDO), e per suonarle si utilizzano particolari tastiere fatte ad alveare, fluorescenti. Le dita pigiano singole celle dell’alveare. Non so se Golub utilizzi questa tastiera ad alveare, ma suona un pianoforte Disklavier tramite un controller, accordato sulla scala di 22 toni. Nella composizione possiamo ascoltare anche un vibrafono, una chitarra elettrica e live electronics molto ambientali. Anche vibrafono e chitarra sono stati “scordati”, o meglio, accordati in questo temperamento equabile più largo.
Ascolta il disco Loop 7
https://phillipgolub.bandcamp.com/album/loop-7
![copertina del disco di Phillip Golub: Loop 7](https://i0.wp.com/www.blogdellamusica.eu/wp-content/uploads/2025/02/Phillip-Golub-disco-Loop-7-Recensione.jpg?resize=600%2C600&ssl=1)
Devo ammettere che come ascoltatore, la sfida è ardua anche per me. Io mi ritengo uno degli ascoltatori più progressisti e aperti alle novità, eppure l’utilizzo dei microtoni mi fa sbattere contro il mio limite. Con mia sorpresa, anch’io ho dei limiti! Mi piace che Golub sia uno dei pochi che riesca a mettermi davvero in difficoltà.
Gli accordi che risultano dall’utilizzo di questa scala “allargata” possono essere appunto considerati dissonanti, i primi minuti. Se si vuole (qui entra in gioco proprio la volontà di chi ascolta), si può provare a cambiare la propria percezione. Non cercate accordi maggiori e minori: spulciando sui video di YouTube citati sopra, potete scoprire l’esistenza degli accordi “neutrali”, con la terza neutra poiché su quarti di tono. Per scrivere quelle note, ci sono addirittura due nuovi simboli da imparare: il bemolle rovescio, e un diesis senza una stanghetta diagonale! Il mio cervello esplode!
Come suggerisce il titolo del brano, si tratta proprio di un loop, ma il loop non sta tanto nelle singole note, che invece variano, bensì nella formula ritmica: ci sono due battiti, chiamiamoli “brevi”, e un terzo “lungo”, che dura il doppio. Ogni variazione minimale, con aggiunta di varie acciaccature, segue sempre questa formula ritmica. Breve, breve, longa – ops – lunga. Eh scusate, questi termini mi ricordano le definizioni di paleografia musicale! Quanti ricordi…
Dunque, se si accetta di abituare le orecchie a questi accordi neutri, possiamo davvero apprezzare l’equivalente sonoro di nuovi colori! Avendo una rigorosa regolarità ritmica, il loop ci consente di concentrarci su queste… armonie? Disarmonie? Microarmonie? Io non ho ancora i termini adatti a definire queste nuove combinazioni! Bel gol, Golub!
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