Perché i 43 migranti in Albania sono stati liberati?
lentepubblica.it Nuovo colpo di scena nella vicenda dei migranti trasferiti nei centri di accoglienza in Albania: ecco perché, ancora una volta, i 43 migranti in Albania sono stati liberati. La Corte d’Appello di Roma ha stabilito la loro liberazione, ritenendo illegittimo il trattenimento. Questa decisione segna il terzo stop consecutivo da parte della magistratura italiana al […] The post Perché i 43 migranti in Albania sono stati liberati? appeared first on lentepubblica.it.
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Nuovo colpo di scena nella vicenda dei migranti trasferiti nei centri di accoglienza in Albania: ecco perché, ancora una volta, i 43 migranti in Albania sono stati liberati.
La Corte d’Appello di Roma ha stabilito la loro liberazione, ritenendo illegittimo il trattenimento. Questa decisione segna il terzo stop consecutivo da parte della magistratura italiana al piano del governo Meloni per la gestione dei flussi migratori attraverso strutture albanesi. La questione, ora, passa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a chiarire i criteri con cui un Paese può essere dichiarato “sicuro” per i richiedenti asilo.
I 43 migranti, provenienti in gran parte da Bangladesh ed Egitto, saranno trasferiti a Bari e rilasciati. La decisione della Corte d’Appello segue una linea già tracciata dal Tribunale di Roma, che aveva sollevato interrogativi sulla conformità delle norme italiane al diritto europeo.
Perché i 43 migranti in Albania sono stati liberati?
La definizione di “Paese sicuro” rappresenta un punto importante nel dibattito sulle politiche migratorie adottate dall’Italia e sul loro allineamento con il diritto europeo. La sentenza della Corte di Giustizia UE del 4 ottobre 2024 ha stabilito che questa qualifica non può essere attribuita in modo automatico, ma deve rispondere a criteri rigorosi. In particolare, uno Stato può essere considerato sicuro solo se garantisce una protezione uniforme su tutto il suo territorio e per tutte le categorie di persone. Questo significa che la situazione dei migranti trasferiti in Albania dovrebbe essere valutata alla luce di standard oggettivi, non soltanto sulla base di accordi bilaterali.
L’attesa per il verdetto del 25 febbraio è alta perché potrebbe ridefinire in modo significativo l’applicazione delle attuali politiche migratorie italiane. Se la Corte dovesse confermare l’interpretazione restrittiva della nozione di “Paese sicuro”, l’accordo tra Italia e Albania potrebbe rivelarsi in contrasto con il diritto europeo, rendendo difficoltoso il proseguimento dei trasferimenti. Al contrario, se si riconoscesse la legittimità dell’intesa, il governo avrebbe maggiore margine per applicare la misura senza il rischio di continue impugnazioni.
Necessaria valutazione “caso per caso”
Sul piano giuridico interno, la Corte d’Appello ha confermato una tendenza già emersa nei mesi scorsi: la magistratura italiana non considera sufficiente la semplice designazione di un Paese come “sicuro”, ma ritiene necessaria una valutazione caso per caso delle condizioni di accoglienza. Questa interpretazione si scontra con l’intento del governo di trasferire la competenza dalle sezioni ordinarie alle Corti d’Appello per ottenere decisioni più rapide e coerenti con le direttive dell’esecutivo. Tuttavia, il passaggio di competenze non ha prodotto i risultati sperati, poiché i magistrati specializzati in immigrazione continuano ad applicare criteri di valutazione rigorosi.
Di conseguenza, il futuro del piano migratorio italiano dipende in larga misura dalla pronuncia della Corte di Giustizia UE. Se le procedure adottate dall’Italia verranno ritenute non conformi ai principi comunitari, ogni ulteriore trasferimento potrebbe essere bloccato dai tribunali nazionali, mettendo in crisi l’intero impianto dell’accordo con Tirana. Fino ad allora, l’incertezza giuridica rischia di paralizzare l’efficacia della misura, lasciando il governo in una posizione difficile sia sul fronte interno che in ambito europeo.
Le reazioni politiche
Il governo italiano, tuttavia, non intende fare marcia indietro. La premier Giorgia Meloni ha annunciato ricorso in Cassazione e ha ribadito la volontà di proseguire con il progetto albanese. Secondo fonti vicine a Palazzo Chigi, la decisione della magistratura italiana sarebbe un segnale di debolezza e potrebbe minare la credibilità del piano migratorio dell’esecutivo. Il Viminale continua a difendere la strategia adottata, sostenendo che il trasferimento in Albania rispetti i principi giuridici europei.
Le opposizioni, invece, non hanno risparmiato critiche. La segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha definito i centri albanesi “un fallimento clamoroso”, accusando il governo di sperperare risorse pubbliche in un’operazione priva di fondamento giuridico. Simili osservazioni sono arrivate da AVS e Movimento 5 Stelle, che denunciano l’inefficacia del piano e il rischio di ulteriori spese inutili a carico dei contribuenti italiani.
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