Ma quante belle funivie. Troppe, forse
Non tutti i recenti impianti di risalita hanno il valore economico-sociale promesso. Ma non mancano gli esempi virtuosi L'articolo Ma quante belle funivie. Troppe, forse proviene da Montagna.TV.
Amore e odio. Un po’ come per una cosa dolce che ci piace tanto, il cioccolato per esempio, ma che abbiamo mangiato troppo e ora ci ripugna. Così sono le nostre funivie. Chi non ha amato quelle storiche, le prime che solcavano i cieli delle Alpi come le funivie del Cervino (al Plateau Rosa, la scomparsa Furggen…), quella del Monte Bianco (sostituita con l’”ottava meraviglia” dello Skyway), la dismessa funivia di Punta Indren che ci depositava direttamente sul ghiacciaio (oggi per vederlo ci vuole il binocolo)… E alzi la mano l’alpinista che non ne ha mai usufruito, con gratitudine! Ma ora l’indigestione è totale, e ogni nuovo progetto ci pare insensato e predatorio, un insulto al paesaggio.
Ho sentito parlare parecchio di cavi vecchi e nuovi, nelle ultime settimane, e ne avrete letto anche voi nelle cronache. Il caso più scandaloso, riportato alla ribalta da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, riguarda la funivia “cabriolet” che da San Cipriano sale al comprensorio sciistico di Carezza, finanziata per il 75 per cento con fondi pubblici ma che servirebbe (dicono) solo a un albergo privato. Molto alto il costo del biglietto, però ci si può accomodare sul tetto e godere del panorama open air. All’altro capo delle Alpi, ci sono le storiche teleferiche della Valle Strona, Piemonte, che i comuni hanno dovuto smantellare per assenza di permessi, ma che da sempre servivano alle economie locali. Due episodi contrari e paradossali, che raccontano molto del gap, sempre più largo, tra la montagna turistica e quella dimenticata.
Tra le cose migliori che ho letto, c’è il prossimo completamento della funivia che entro l’anno collegherà lo stabilimento della Melinda con la miniera Rio Maggiore, in Val di Non, dove con i nuovi ampliamenti verranno stoccate 40.000 tonnellate di mele. Si tratta di un progetto grandioso: 1300 metri di lunghezza per soli 87 di dislivello, undici piloni (di cui tre in galleria), velocità di cinque metri al secondo, che permetterà di risparmiare 12.000 chilometri annui oggi percorsi dai camion. La funivia e la visita alle celle ipogee diventeranno anche una bella occasione turistica, almeno per gli amanti delle mele. E a proposito di “funivie orizzontali”, come non citare la recente Skyline di Cortina tra Son dei Prade e Bai de Dones, lunga oltre quattro chilometri e mezzo per un dislivello di appena 243 metri: porta 1800 persone l’ora ed è stata concepita per “alleggerire dal traffico” la statale tra Cortina e il Passo Falzarego e liberare il parcheggio a monte. Anche in questo caso, due esempi di segno opposto: il primo con una finalità non ambigua e risultati certi sul versante delle emissioni, il secondo un’iniziativa ad alto rischio ambientale venduta come “tassello fondamentale per l’ulteriore sviluppo turistico dell’area attorno a Cortina d’Ampezzo”. Come se ce ne fosse bisogno. Come se, l’esperienza insegna, una strada asfaltata potesse essere sostituita da una (costosissima) funivia. Diamo più opportunità di raggiungere un luogo e il traffico si moltiplicherà, invece che diminuire.
Ma tant’è, le funivie ci piacciono, tanto che ne costruiamo perfino di inutili, vedi il caso del Matterhorn Alpine Crossing entrato in funzione nel 2023 e subito bollato come giostra per super ricchi. Un’impresa costata decine di milioni di franchi che rischia il default.
Morale? Continuiamo a usare le nostre belle funivie, adelante,con jucio! Ma facciamo di tutto perché non se ne costruiscano più, almeno sulle nostre Alpi (conterà ancora qualcosa l’opinione pubblica?). Per quanto riguarda il cioccolato, invece, stessa raccomandazione: mangiamone poco, ma buono.
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