La Ue condanna duramente Trump per le sanzioni alla Cpi: “Deve lavorare contro l’impunità globale”

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Feb 7, 2025 - 18:28
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La Ue condanna duramente Trump per le sanzioni alla Cpi: “Deve lavorare contro l’impunità globale”

La decisione dell’ex presidente Donald Trump di imporre sanzioni alla Corte penale internazionale (Cpi) a seguito delle indagini su Israele potrebbe compromettere la ricerca della giustizia in Ucraina. La Commissione europea ha espresso preoccupazione per questa mossa, sottolineando il proprio sostegno all’indipendenza e all’imparzialità del tribunale.

Dal marzo 2022, la Cpi ha avviato un’inchiesta sui presunti crimini di guerra in Ucraina, emettendo mandati di arresto nei confronti di sei alti funzionari russi, tra cui il presidente Vladimir Putin, accusato di aver ordinato la deportazione illegale e il trasferimento di bambini ucraini in Russia.

L’imposizione di sanzioni ai funzionari della Corte potrebbe ostacolare il loro operato, limitando i loro spostamenti e rendendo più difficile l’accesso ai fondi necessari per le indagini.

“La Cpi garantisce la responsabilità per i crimini internazionali e dà voce alle vittime in tutto il mondo. Deve poter perseguire liberamente la lotta contro l’impunità globale”, ha dichiarato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea.

Un portavoce della Commissione ha espresso preoccupazione per l’ordine esecutivo firmato da Trump, sottolineando che “rappresenta una seria sfida al lavoro della Cpi con il rischio di influenzare le indagini e i procedimenti in corso, anche per quanto riguarda l’Ucraina, incidendo su anni di sforzi per garantire la responsabilità in tutto il mondo”.

La Commissione continuerà a monitorare la situazione e a valutare eventuali risposte, senza fornire ulteriori dettagli sulle misure che potrebbe adottare.

Costa: “Minacce all’indipendenza della Corte”

Secondo António Costa, presidente del Consiglio europeo, “sanzionare la Cpi minaccia l’indipendenza della Corte e mina il sistema di giustizia penale internazionale nel suo complesso”.

Durante un incontro a Bruxelles con la giudice Tomoko Akane, attuale presidente della Cpi, Costa ha ribadito l’importanza dell’istituzione per il perseguimento della giustizia internazionale. Anche il ministro degli Esteri olandese, Caspar Veldkamp, ha espresso il suo disaccordo con la decisione dell’amministrazione Trump.

Le ragioni delle sanzioni

L’ordine esecutivo firmato da Trump accusa la Corte di aver condotto “azioni illegittime e prive di fondamento contro gli Stati Uniti e il nostro stretto alleato Israele”, sostenendo che le indagini abbiano creato “un pericoloso precedente”. Il riferimento è all’indagine della Cpi sui possibili crimini di guerra nella Striscia di Gaza.

Nel 2024, la Corte ha emesso mandati di arresto contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e il comandante militare di Hamas Mohammed Deif. Netanyahu e Gallant sono accusati di “il crimine di guerra della fame come metodo di guerra e i crimini contro l’umanità dell’omicidio, della persecuzione e di altri atti disumani”, in relazione all’offensiva israeliana contro Hamas.

Reazioni internazionali

Negli Stati Uniti, la decisione della Cpi di emettere un mandato di arresto contro Netanyahu ha suscitato un’ondata di indignazione bipartisan, con richieste di misure punitive contro il tribunale. In Europa, invece, le reazioni sono state più variegate: mentre l’Ungheria di Viktor Orbán ha dichiarato apertamente che ignorerà il mandato, Francia e Germania hanno evitato di prendere una posizione netta sulla possibilità di arrestare Netanyahu.

L’ordine esecutivo di Trump autorizza il congelamento dei beni e il divieto di viaggio per i funzionari della Cpi e i loro familiari, se coinvolti in indagini che toccano gli interessi degli Stati Uniti o dei loro alleati. Il provvedimento definisce queste inchieste come “trasgressioni”, che rappresentano “una minaccia insolita e straordinaria alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati Uniti”.

Netanyahu ha accolto positivamente la decisione, ringraziando Trump per il suo “audace” ordine esecutivo, affermando che esso “protegge la sovranità di entrambi i Paesi e i suoi coraggiosi soldati”.

Gli Stati Uniti e Israele non hanno aderito allo Statuto di Roma, il trattato istitutivo della Cpi. Anche Russia, Cina e India non sono firmatari, mentre l’Ucraina ha formalmente aderito all’inizio del 2025.

L’applicazione dei mandati di arresto

Nel caso di Netanyahu, la Cpi ha dichiarato che “l’accettazione da parte di Israele della giurisdizione della Corte non è richiesta”, poiché la sua giurisdizione si basa sulla “giurisdizione territoriale della Palestina”, membro della Cpi dal 2015.

Tutti gli Stati firmatari dello Statuto di Roma sono tenuti a rispettare i mandati di arresto emessi dalla Corte, che non dispone però di strumenti coercitivi propri. L’esecuzione di tali provvedimenti dipende dunque dalla collaborazione dei singoli Paesi.

Tuttavia, non sempre gli Stati aderenti danno seguito ai mandati di arresto. A settembre 2024, la Mongolia, pur essendo membro della Cpi, ha rifiutato di arrestare Vladimir Putin durante la sua visita ufficiale nel Paese.

In risposta alle sanzioni annunciate da Trump, la Cpi ha esortato i suoi 125 Stati membri a “rimanere uniti per la giustizia e i diritti umani fondamentali”.

“La Corte è fermamente schierata con il suo personale e si impegna a continuare a fornire giustizia e speranza a milioni di vittime innocenti di atrocità in tutto il mondo”, ha dichiarato l’istituzione in un comunicato.

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