La destra esiste, la sinistra no
Anziché citare in apertura il solito Fukuyama, il politologo che prima si è inventato la «fine della storia», in nome del sereno vento dell’Ovest che avrebbe spirato sul mondo una volta abbattuto il Muro di Berlino, e poi, qualche decennio dopo, si è messo a parlare di «identità», avendo capito di aver sbagliato completamente analisi, […]
![La destra esiste, la sinistra no](https://www.tpi.it/app/uploads/2025/02/destra-1024x538.jpg?#)
Anziché citare in apertura il solito Fukuyama, il politologo che prima si è inventato la «fine della storia», in nome del sereno vento dell’Ovest che avrebbe spirato sul mondo una volta abbattuto il Muro di Berlino, e poi, qualche decennio dopo, si è messo a parlare di «identità», avendo capito di aver sbagliato completamente analisi, partiamo dall’Italia.
Se ha destato scalpore la paralisi del Parlamento, poiché il Governo non intende assumersi le proprie responsabilità sul caso Almasri, riferendo al Paese ciò che è accaduto realmente, siamo sconcertati dal fatto che non susciti altrettanto allarme ciò che sta avvenendo a proposito della Consulta e della Vigilanza Rai.
La Corte costituzionale, infatti, è costretta a lavorare a ranghi ridotti per via dell’incapacità della maggioranza di trovare un accordo con le opposizioni, il che fa sì che ormai le sentenze vengano emesse da undici giudici su quindici, con il rischio che, in caso di indisposizione di qualche membro, essa sia impossibilitata a riunirsi per mancanza del numero legale.
La Vigilanza Rai, se vogliamo, costituisce un caso ancora più grave, dato che qui lo stallo è dovuto al fatto che le opposizioni si rifiutino di votare come presidente Simona Agnes, in quota Forza Italia e, segnatamente, Gianni Letta. Nulla contro la persona, ci mancherebbe altro, ma non può essere questo il metodo per indicare una carica di tale importanza e prestigio. A nulla sono valsi finora gli appelli della presidente Barbara Floridia. Anche la sua lettera ai presidenti delle Camere è stata sostanzialmente ignorata. Al che vien da chiedersi se non sia giunto il momento di dar vita a una mobilitazione pacifica ma ferma, di convocare la piazza, di uscire da palazzi in cui le possibilità di opporsi sono sempre meno e la maggioranza non perde l’occasione per affermare la legge del più forte. Non può farlo la presidente in prima persona: sarebbe una sgrammaticatura istituzionale senza precedenti, in una stagione nella quale fin troppe se ne vedono. Le opposizioni, tuttavia, non possono rimanere in silenzio di fronte a una simile paralisi: è inaccettabile e ne va della salute della democrazia, oltre che della nostra vita pubblica, per giunta in una fase storica nella quale si torna a parlare di elezioni anticipate e le vicende che accadono quotidianamente nel mondo richiedono un’informazione di prim’ordine, più che mai sul servizio pubblico.
Non meno grave, ribadiamo, è ciò che sta avvenendo alla Consulta: un organismo vitale, dalla cui credibilità dipende la fiducia della cittadinanza nei luoghi decisionali. Ignorare l’unicità di un simile logoramento del tessuto civico significa consegnare il Paese alla demagogia, al populismo, a una deriva globale di cui intravediamo la portata ma, forse, non abbiamo ancora compreso fino in fondo le conseguenze.
E qui torniamo a Fukuyama, ai suoi errori, al peso che ha avuto nello sviluppo del pensiero politico mondiale, all’influenza che tuttora esercita e ai rischi che proseguire lungo questa strada comporta.
Assenza
Non sorprende che Trump stia facendo Trump, che la Germania abbia, sostanzialmente, sdoganato i neo-nazisti di Alternative für Deutschland, che la Cdu di Merz costituisca l’antitesi del partito che fu di Kohl e Merkel, che la Francia si sia incamminata lungo la strada di Vichy e che in tutto l’Est europeo dilaghino forme più o meno celate di fascismo, misto a un bellicismo che potrebbe innescare dall’oggi al domani un conflitto planetario.
Allo stesso modo, non sorprende che in Israele sia al potere da anni una destra estrema, suprematista e coloniale, il cui obiettivo sembra essere quello di cacciare i palestinesi anche dai pochi lembi di terra che sono rimasti loro, favorendo l’ascesa di un terrorismo sempre più feroce che vede nel 7 ottobre un punto di partenza, ahinoi sostenuto da una popolazione ormai ridotta allo stremo e comprensibilmente intrisa d’odio nei confronti di chi le ha sterminato amici e parenti, distrutto l’abitazione e ridotto il Paese a un cumulo di macerie.
Ciò non giustifica alcun orrore – passato, presente e futuro – ma ne spiega la genesi, e da quest’analisi non si può prescindere se si vuole evitare di giungere a conclusioni errate o pregiudiziali.
E la sinistra in tutto questo? Ha detto mezza parola? Si è opposta a questa deriva? Come avrebbe potuto, del resto, se si considera che i suoi protagonisti sono i diretti discendenti di coloro che per trent’anni hanno magnificato la Terza via clintonian-blairiana quando non gli stessi protagonisti di quella stagione, all’insegna del meno-Stato, della svendita del patrimonio pubblico e dell’esaltazione acritica del mercato, oltre a veri e propri scempi come la riforma del Titolo V, all’origine di molti dei disastri contemporanei. Per non parlare delle leggi Hartz sul lavoro in Germania, dei cedimenti di Jospin in Francia e di altri “capolavori” che hanno favorito l’ascesa di una destra protezionista che non ha nulla a che spartire con l’edonismo reaganiano degli anni Ottanta, riecheggiando piuttosto i discorsi che si sentivano negli anni Venti e Trenta del secolo scorso.
Identità
Senza contare che la destra attuale non ha problemi a rivendicare il peggio della propria eredità. Basti pensare che AfD sostiene che la Germania non abbia nulla per cui chiedere scusa a proposito del nazismo e che Vox non si faccia scrupoli a esaltare il franchismo.
A sinistra, invece, è diventato un problema persino elogiare Berlinguer. Guai, poi, a parlare di patrimoniale, redistribuzione della ricchezza, lotta ai paradisi fiscali, giustizia sociale, dignità della persona: tutti tabù, al punto che ormai l’unica voce fuori dal coro è quella del Papa.
Se ci si azzarda a sostenere il bisogno globale di pace, infine, bisogna stare attenti perché si viene bollati, a seconda dei casi, come amici di Putin o come sostenitori di Hamas: fesserie che fanno il paio con l’accostamento a bin Laden o a Saddam Hussein che era costretto a subire chiunque, vent’anni fa, sostenesse che la “over-reaction” americana in Afghanistan e in Iraq fosse una catastrofe.
Gli analisti che nell’estate del 2021 giungevano alla conclusione che Bush avesse un tantino esagerato, d’altronde, sono gli stessi che nell’inverno del 2022 non perdevano occasione di tessere le lodi della guerra, accusando chiunque si opponesse al martirio dell’umanità di essere un’anima bella.
Stando così le cose, mi domando, da uomo di sinistra, cosa me ne faccia di una sinistra del genere: anti-statalista, guerrafondaia, cinica, feroce, lontana anni luce dalle esigenze degli ultimi, spesso contigua alla destra su questioni cruciali e, naturalmente, perdente, in quanto la gente preferisce l’originale alla copia.
La sinistra continuerà a perdere fino a quando non si doterà di un’ideologia all’altezza delle sfide del Ventunesimo secolo, tornando a parlare di pace, lavoro, istruzione, diritto all’abitare e contrasto alle diseguaglianze. Con meno di questo, meglio prendersi una lunga vacanza.