Il malessere europeo | L’analisi di Federico Fubini
Federico Fubini sul Corriere della Sera analizza “il malessere europeo” e invoca una “spinta a superare le divisioni”:“Ieri mattina a Davos – scrive l’editorialista – si è aperta una finestra sul modo in cui il resto del mondo vede l’Europa, in questi giorni di nuovo avvento di Donald Trump.L’occasione è stata fortuita, un sondaggio tecnico […] L'articolo Il malessere europeo | L’analisi di Federico Fubini proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.
Federico Fubini sul Corriere della Sera analizza “il malessere europeo” e invoca una “spinta a superare le divisioni”:
“Ieri mattina a Davos – scrive l’editorialista – si è aperta una finestra sul modo in cui il resto del mondo vede l’Europa, in questi giorni di nuovo avvento di Donald Trump.
L’occasione è stata fortuita, un sondaggio tecnico in un dibattito per addetti ai lavori: «Quale pensate sarà la principale moneta di riserva fra 25 anni?»
Le risposte sono piovute spietate: vince il dollaro, seguito dall’idea di una criptovaluta, seguita a sua volta dallo yuan cinese.
L’euro? Zero voti, in una platea di banchieri, manager, investitori ed economisti.
All’Europa va così, di questi tempi.
Quella di ieri a Davos sembrava la passerella di coloro che non sono stati invitati alla cerimonia di Trump.
Che poi altri Paesi europei si fidino o accettino di essere intermediati dall’Italia, resta quantomeno un lavoro da fare.
Insomma, mentre il potere in America si consolida e a Pechino neanche a parlarne, l’Europa è nel flusso.
Ed è un malessere che va oltre le solite gelosie fra governi.
È qualcosa di profondo – dice Fubini – che investe l’alfabeto delle relazioni internazionali.
Quello di oggi, con il ritorno del nazionalismo, della politica di potenza, dell’unilateralismo, è diverso da quello su cui l’Unione Europea ha educato sé stessa per 70 anni.
È un alfabeto pericoloso.
Ma per un intero ceto di amministratori, politici caparbi come von der Leyen e generazioni di intellettuali cresciuti con l’Erasmus, è anche un alfabeto illeggibile.
In un mondo di bulli, i richiami dell’Unione Europea al multilateralismo, al rispetto delle istituzioni e della separazione dei poteri, ai valori del dopoguerra, rischiano di suonare come filippiche di un vecchio zio relegato in poltrona.
Gli altri sono in strada ad azzuffarsi per il bottino.
Questa percezione di debolezza è tale che persino Zelensky, a Davos, non ha parlato della guerra.
Ha parlato di noi europei, per suonarci la sveglia.
La diagnosi ormai è chiara ed è fatta, da ultimo da Mario Draghi: la difesa, il mercato dei capitali e il resto della disunione da superare.
Ora – conclude – è diventato di moda ripetere che l’avvento di Trump «è un’occasione».
Non resta che sperare anche non sia un’occasione come l’agenda di Lisbona, buona per tenere su un palco a Davos fino a venerdì.”
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