La nuova ragion di stato della democrazia più importante del mondo | L’analisi di Claudio Cerasa
“Ci sono ottime ragioni per essere preoccupati di fronte alla trasformazione del complottismo modello 6 gennaio nella nuova ragion di stato della democrazia più importante del mondo”. Così Claudio Cerasa sul Foglio facendo notare però che: “Tra i segnali necessari da mettere a fuoco per monitorare la minaccia ai valori non negoziabili di una democrazia […] L'articolo La nuova ragion di stato della democrazia più importante del mondo | L’analisi di Claudio Cerasa proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.
“Ci sono ottime ragioni per essere preoccupati di fronte alla trasformazione del complottismo modello 6 gennaio nella nuova ragion di stato della democrazia più importante del mondo”.
Così Claudio Cerasa sul Foglio facendo notare però che:
“Tra i segnali necessari da mettere a fuoco per monitorare la minaccia ai valori non negoziabili di una democrazia liberale non si capisce per quale ragione debba essere considerata come uno scandalo la presenza alla cerimonia di insediamento, accanto al presidente degli Stati Uniti d’America, dei leader delle Big Tech.
Se la presenza dei giganti della tecnologia ha indignato per ragioni legate all’opportunità di un imprenditore di legarsi in modo così palese a un presidente degli Stati Uniti bisognerebbe ricordare quanti abbracci non solo virtuali ricevette Biden nel 2021 dopo il suo insediamento. Ma più in generale, per così dire, il rapporto tra Trump e le Big Tech è da studiare più che da demonizzare perché ci dice qualcosa di interessante sull’America del passato e anche su quella del futuro.
Se il rapporto fra le Big Tech e Trump dovesse contribuire a bilanciare l’agenda anti capitalista e ostile alle multinazionali portata avanti da J. D. Vance, il vice di Trump, sarebbe davvero un male?
Se il rapporto tra le Big Tech e Trump, dove le Big Tech hanno molto da perdere da una politica generalizzata di dazi – prosegue Cerasa – dovesse contribuire a raffreddare gli istinti protezionistici anti globalizzazione dell’Amministrazione trumpiana sarebbe davvero un male?
Se il rapporto tra le Big Tech e Trump dovesse aiutare a controbilanciare il potere crescente della Cina in ambito tecnologico, per esempio sull’intelligenza artificiale, evitando di fare dello smembramento dei grandi della tecnologia un diktat di stato, sarebbe davvero un male?
Se il rafforzamento dei monopoli globali americani dovesse spingere le classi dirigenti europee a dedicare alla crescita e al consolidamento dei campioni tecnologici europei un’attenzione non inferiore a quella dedicata alla regolamentazione dei campioni tecnologici mondiali sarebbe davvero un male?
Un Trump che scommette sui complottisti fa paura. Un Trump che scommette sui capitalisti ne fa un po’ meno.
E per difendere la democrazia liberale da una minaccia di nome Trump – conclude – vale la pena scegliere le battaglie giuste non quelle ridicole e populiste contro i presunti oligarchi che minacciano il mondo”.
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