“Ecco l’uomo” secondo Gavin Friday. Intervista all’ex Virgin Prunes
Sta per tornare con un nuovo album solista, a “solo” 13 anni dal precedente Catholic. Il mondo è un po’ cambiato nel frattempo ed Ecce Homo, in uscita il 25 ottobre e prodotto (e in parte scritto) anche da Dave Ball (co-fondatore dei Soft Cell), promette di essere un’istantanea dello stato attuale delle cose. Quando parla l’ex Virgin Prunes, non si può non starlo a sentire: un suo album è come un’enciclica papale. Ecce Homo arriva dopo un’eternità. Come mai tutto questo tempo per dare un successore a Catholic Diciamo che mi sono tenuto parecchio occupato lavorando ad altri progetti, come la nuova versione del cartoon Pierino e il lupo, uscita l’anno scorso. Però sì, mi sono preso tutto il tempo, ho voluto fare tutto senza fretta, aspettando di essere davvero ispirato. Ecce Homo è nato spontaneamente, dall’improvvisazione, non porta in sé quel senso di urgenza. Spesso le band fanno troppi dischi. A me non piace tracciare linee o lavorare a compartimenti stagni. Per me l’ispirazione è un flusso continuo, non mi dico mai «ora faccio questo, ora quest’altro». A quando risalgono le prime idee che poi sono finite nell’album? A undici anni fa, anche se poi è solo verso il 2017/2018 che hanno iniziato a prendere forma seriamente. Con Dave Ball avevamo realizzato la cover di Ghost Rider dei Suicide per il 70mo compleanno di Alan Vega; da allora abbiamo iniziato a scambiarci idee da remoto, io a Dublino e lui a Londra. Io mandavo una cosa a lui, lui una a me, e così via: è stato un traffico continuo per tutti questi anni. Poi è scoppiata la pandemia e per quei due anni del cazzo si è fermato tutto. Ero pronto a mixare il disco, ma quando è arrivato il Covid-19 ho messo tutto da parte, promettendomi di riprendere in mano il materiale quando avrei potuto dare un senso al mondo. Questo però mi ha dato anche più tempo per pensare, così ho potuto aggiungere elementi, un violoncello di qua, un violino di là, dando al lavoro un respiro ancora più orchestrale e riprendendo in un certo senso le caratteristiche del mio lavoro sulle colonne sonore. Lo stop per la pandemia e tutto ciò che è venuto dopo ha avuto anche l’effetto di rendere il disco più oscuro nel mood? Sì, ma non è stato solo quello. Per me l’ultimo periodo è stato difficile su tutti i fronti. In questi anni è venuto a mancare Hal Willner, uno dei miei più stretti collaboratori, e soprattutto mia madre, che era malata da tempo di Alzheimer. Ti assicuro che non è una cosa bella da vedere, tua madre ridotta in quelle condizioni, sembrava il film L’invasione degli ultracorpi. In ogni caso, Ecce Homo sembra riflettere i tempi oscuri che stiamo vivendo. Nel ritornello della title-track canti «fight fire with fire», un’immagine perfetta di quanto sta avvenendo nel mondo Lo dice la Bibbia: non rendete a nessuno male per male. Non lasciatevi vincere dal male, ma vincete il male con il bene. Non puoi pretendere qualcosa solo perché sta scritto su un libro. Gesù era amore. In realtà, ciò che più mi ha ispirato è stato il fastidio provato per l’ascesa degli uomini forti internazionali, di Trump in particolare. Questo sì che è qualcosa di oscuro. Non ti nascondo che sono nervoso e preoccupato dal riproporsi dei nazionalismi, dal ritorno generalizzato agli anni ’30, al fascismo. L’inizio del XXI secolo aveva portato con sé la promessa di maggiore libertà, ma questa promessa è stata disattesa e oggi si respira un clima generale molto più conservatore. Viviamo tempi cupi: guarda a quanto succede in Ucraina e in Medio Oriente. Senza considerare i danni prodotti dalle fake news, un altro problema molto serio. Siamo sull’orlo dell’abisso. E questo è ancora niente. Immagina una guerra della Russia contro gli Stati Uniti oppure se scendesse in campo la Cina con il suo esercito: stai pur sicuro che se accadesse questo, la pandemia al confronto sarebbe niente. La copertina dell’album “Ecce Homo” di Gavin Friday. Ecce Homo non è però un disco unicamente politico Non solo, non è unicamente politico; parla anche di amore – ne esploro entrambe le facce – perdita, amicizia, ma credo anche non sia così totalmente cupo: c’è anche molta gioia. Hai detto che è il tuo album più onesto. In che senso? Nel senso che bisogna vederlo come una sorta di retrospettiva da parte di un uomo di sessantacinque anni che si guarda indietro. C’è dentro tanta vita. Nei crediti ci sono molte dediche alle persone che amavo e che sono scomparse, agli amici di una vita, al Lypton Village (la gang dublinese da cui nacquero gli U2 e i Virgin Prunes, ndr). Sono cresciuto in un paese, l’Irlanda degli anni ’60 e ’70, dove non c’era molta libertà. Era una situazione molto diversa da oggi: l’Irlanda era repressa dalla chiesa cattolica. Noi ragazzi a quell’epoca avevamo grandi sogni e grandi idee, ma era difficile fare qualsiasi cosa, c’era sempre chi ti diceva «questo non si può fare, quest’altro neanche». Con i Prunes vi ribellavate a tutto questo È difficile da descrivere e far capire il male che la Chiesa cattolica ha f
Sta per tornare con un nuovo album solista, a “solo” 13 anni dal precedente Catholic. Il mondo è un po’ cambiato nel frattempo ed Ecce Homo, in uscita il 25 ottobre e prodotto (e in parte scritto) anche da Dave Ball (co-fondatore dei Soft Cell), promette di essere un’istantanea dello stato attuale delle cose. Quando parla l’ex Virgin Prunes, non si può non starlo a sentire: un suo album è come un’enciclica papale.
Ecce Homo arriva dopo un’eternità. Come mai tutto questo tempo per dare un successore a Catholic
Diciamo che mi sono tenuto parecchio occupato lavorando ad altri progetti, come la nuova versione del cartoon Pierino e il lupo, uscita l’anno scorso. Però sì, mi sono preso tutto il tempo, ho voluto fare tutto senza fretta, aspettando di essere davvero ispirato. Ecce Homo è nato spontaneamente, dall’improvvisazione, non porta in sé quel senso di urgenza. Spesso le band fanno troppi dischi. A me non piace tracciare linee o lavorare a compartimenti stagni. Per me l’ispirazione è un flusso continuo, non mi dico mai «ora faccio questo, ora quest’altro».
A quando risalgono le prime idee che poi sono finite nell’album?
A undici anni fa, anche se poi è solo verso il 2017/2018 che hanno iniziato a prendere forma seriamente. Con Dave Ball avevamo realizzato la cover di Ghost Rider dei Suicide per il 70mo compleanno di Alan Vega; da allora abbiamo iniziato a scambiarci idee da remoto, io a Dublino e lui a Londra. Io mandavo una cosa a lui, lui una a me, e così via: è stato un traffico continuo per tutti questi anni. Poi è scoppiata la pandemia e per quei due anni del cazzo si è fermato tutto. Ero pronto a mixare il disco, ma quando è arrivato il Covid-19 ho messo tutto da parte, promettendomi di riprendere in mano il materiale quando avrei potuto dare un senso al mondo. Questo però mi ha dato anche più tempo per pensare, così ho potuto aggiungere elementi, un violoncello di qua, un violino di là, dando al lavoro un respiro ancora più orchestrale e riprendendo in un certo senso le caratteristiche del mio lavoro sulle colonne sonore.
Lo stop per la pandemia e tutto ciò che è venuto dopo ha avuto anche l’effetto di rendere il disco più oscuro nel mood?
Sì, ma non è stato solo quello. Per me l’ultimo periodo è stato difficile su tutti i fronti. In questi anni è venuto a mancare Hal Willner, uno dei miei più stretti collaboratori, e soprattutto mia madre, che era malata da tempo di Alzheimer. Ti assicuro che non è una cosa bella da vedere, tua madre ridotta in quelle condizioni, sembrava il film L’invasione degli ultracorpi.
In ogni caso, Ecce Homo sembra riflettere i tempi oscuri che stiamo vivendo. Nel ritornello della title-track canti «fight fire with fire», un’immagine perfetta di quanto sta avvenendo nel mondo
Lo dice la Bibbia: non rendete a nessuno male per male. Non lasciatevi vincere dal male, ma vincete il male con il bene. Non puoi pretendere qualcosa solo perché sta scritto su un libro. Gesù era amore. In realtà, ciò che più mi ha ispirato è stato il fastidio provato per l’ascesa degli uomini forti internazionali, di Trump in particolare. Questo sì che è qualcosa di oscuro. Non ti nascondo che sono nervoso e preoccupato dal riproporsi dei nazionalismi, dal ritorno generalizzato agli anni ’30, al fascismo. L’inizio del XXI secolo aveva portato con sé la promessa di maggiore libertà, ma questa promessa è stata disattesa e oggi si respira un clima generale molto più conservatore. Viviamo tempi cupi: guarda a quanto succede in Ucraina e in Medio Oriente. Senza considerare i danni prodotti dalle fake news, un altro problema molto serio. Siamo sull’orlo dell’abisso. E questo è ancora niente. Immagina una guerra della Russia contro gli Stati Uniti oppure se scendesse in campo la Cina con il suo esercito: stai pur sicuro che se accadesse questo, la pandemia al confronto sarebbe niente.
Ecce Homo non è però un disco unicamente politico
Non solo, non è unicamente politico; parla anche di amore – ne esploro entrambe le facce – perdita, amicizia, ma credo anche non sia così totalmente cupo: c’è anche molta gioia.
Hai detto che è il tuo album più onesto. In che senso?
Nel senso che bisogna vederlo come una sorta di retrospettiva da parte di un uomo di sessantacinque anni che si guarda indietro. C’è dentro tanta vita. Nei crediti ci sono molte dediche alle persone che amavo e che sono scomparse, agli amici di una vita, al Lypton Village (la gang dublinese da cui nacquero gli U2 e i Virgin Prunes, ndr). Sono cresciuto in un paese, l’Irlanda degli anni ’60 e ’70, dove non c’era molta libertà. Era una situazione molto diversa da oggi: l’Irlanda era repressa dalla chiesa cattolica. Noi ragazzi a quell’epoca avevamo grandi sogni e grandi idee, ma era difficile fare qualsiasi cosa, c’era sempre chi ti diceva «questo non si può fare, quest’altro neanche».
Con i Prunes vi ribellavate a tutto questo
È difficile da descrivere e far capire il male che la Chiesa cattolica ha fatto in Irlanda. La Chiesa dovrebbe aprire le sue porte e dar da mangiare ai poveri, donare le sue ricchezze a chi non ha niente, offrire riparo ai senzatetto invece di fare soldi con le sue innumerevoli proprietà immobiliari. Nel disco c’è un brano che si intitola The Church Of Love, il terzo in tracklist, in cui canto: «This is the Church of Love / Our love is its own / We pray in our own way / No Pope, no Rome».
Direi esplicito. Quindi neanche papa Bergoglio ti piace
Con lui non c’è stato il cambio di passo atteso, anche se da molti è considerato un papa progressista. Ma io non la vedo così. Considero Bergoglio un buon uomo che gioca il solito, fottuto gioco cattivo della Chiesa. L’ideale sarebbe che ascendesse al soglio pontificio un papa davvero liberale, questa sarebbe una vera rottura col passato. Un papa di colore magari.
In Irlanda, negli anni che hai citato, oltre alla repressione religiosa, c’erano i Troubles. Il conflitto è terminato più di 25 anni fa. Secondo te, la Brexit ha aggiunto un altro motivo di scontro tra le due Irlande?
Oggi in Irlanda c’è pace, non ci sono più le bombe, ma non c’è dubbio che la Brexit è stata un fottuto sbaglio. Io sono pro-Europa, credo che l’Europa sia qualcosa di stupendo, uno dei posti più straordinari del mondo. L’idea stessa di Europa è grandiosa e in un certo senso unica. Viviamo in una parte di mondo libera: puoi andare da un paese all’altro senza alcun problema. La decisione degli inglesi di uscirne è stata senza senso, qualcosa di molto triste. Intendiamoci, non ho niente contro l’Inghilterra, un Paese che amo. Ho molti amici inglesi, però credo che l’Inghilterra storicamente abbia sempre avuto un complesso di superiorità rispetto agli altri. Ma pure lì, il problema principale è sempre uno: l’estrema destra.
Anche in Italia?
Non voglio essere troppo politico, non sono un esperto e non voglio parlare di politica più di quanto non faccia di musica, ma in generale credo nel liberalismo, sono un liberale. Non seguo molto l’Italia, però conosco il pensiero dell’attuale governo sui migranti, e non mi piace. I migranti sono un problema globale che va affrontato insieme. Anche in Irlanda abbiamo molti migranti che entrano nel nostro paese passando dall’Irlanda del Nord, ma non si può affrontare il problema isolandosi: bisognerebbe ragionare in termini di comunità. Gli estremismi non portano a nulla. Ovunque, estrema destra ed estrema sinistra rimangono su posizioni troppo distanti, non si parleranno mai: c’è troppa polarizzazione, quando invece bisognerebbe dialogare.
Il dialogo tu lo applichi anche alle diverse forme d’arte, visto che oltre a essere un musicista sei anche un attore e un pittore. A che punto sei in questi percorsi?
Adoro il mondo del cinema. Ho recitato anche in Breakfast on Pluto di Neil Jordan (fu lui a volermi espressamente nella parte di Billy Hatchet) e, come ti dicevo, ho realizzato diverse colonne sonore, che hanno influenzato pure il mio modo di comporre musica. Anche la pittura è uno dei miei amori. Ho visitato due volte i Musei Vaticani, una volta il Prado di Madrid, e sono rimasto incantato da tanta bellezza. Del resto, fin da piccolo in casa mia si respirava arte e ho sempre ricevuto stimoli in tal senso da parte di mio padre, mio fratello e mio zio. A casa si ascoltava l’opera. Questo background mi è impiantato in testa fin da piccolo e ho continuato a coltivarlo nel tempo. Ma in ogni caso, io resto un performer.
Porterai dal vivo anche il nuovo album, nel senso che farai un tour e magari verrai anche in Italia?
In verità non lo so ancora. L’industria musicale è molto complicata. Fare un tour è diventato troppo costoso; in pochi riescono a sostenere quel livello di costi. Permettere a una band con tutto il suo personale tecnico di spostarsi in giro per il mondo è diventato proibitivo. Quindi non so. Se verrò in Italia, mi piacerebbe farlo in qualche posto particolare, non Milano, che è troppo vicina al continente. Sono stato a Firenze, a Venezia e anche a Bologna, che è una città davvero carina e pervasa da uno spirito giovane. Ovviamente adoro anche Roma. Tu in che parte d’Italia vivi?
A Roma
Beh allora magari vengo a suonare in Vaticano, che ne dici?
Ti ci vedrei proprio. Come ha fatto il tuo amico The Edge qualche anno fa, quando suonò nella Cappella Sistina…
Sì, esatto (risata, ndr). Dai, se riesco a venire, fatti vivo al concerto che ci facciamo un bicchiere di vino insieme.