Consulenza: ecco costi e performance dei prodotti di investimento retail nell’Unione europea

Un approfondimento puntuale sul tema dei costi e performance dei fondi, sulla base del rapporto pubblicato da Esma.

Gen 27, 2025 - 15:28
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Consulenza: ecco costi e performance dei prodotti di investimento retail nell’Unione europea

A cura di Massimo Scolari, Presidente Ascofind

L’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), l’autorità di regolamentazione e vigilanza dei mercati finanziari dell’UE, ha pubblicato il 14 gennaio scorso la settima relazione sui costi e i risultati dei prodotti di investimento al dettaglio dell’UE.

I costi e la performance dei prodotti di investimento al dettaglio sono fattori determinanti per valutare i benefici degli investimenti degli investitori al dettaglio nell’UE. Informazioni chiare e complete sui prodotti di investimento al dettaglio possono aiutare gli investitori ad analizzare i risultati e i costi passati dei prodotti offerti in tutta l’UE e a promuovere la partecipazione degli investitori al dettaglio ai mercati dei capitali.

La relazione dell’ESMA dimostra inoltre l’importanza dell’informativa sui costi per gli investitori, come richiesto dalle norme MiFID II, OICVM e PRIIP, e la necessità per i gestori di patrimoni e le imprese di investimento di agire nel migliore interesse degli investitori.

A seguito della revisione della direttiva sui gestori di FIA e della direttiva sugli OICVM, l’ESMA è stata incaricata di redigere una relazione sui costi connessi agli investimenti in OICVM e FIA. L’ESMA ha quindi avviato un esercizio di raccolta dati insieme alle autorità nazionali competenti. Questa analisi farà parte della prossima relazione 2025  sui costi e la performance dei prodotti di investimento al dettaglio dell’UE che fornirà nuovi spunti e informazioni più granulari.

Una maggiore copertura del mercato

La relazione 2024 dell’ESMA sui costi e i risultati dei prodotti di investimento al dettaglio dell’UE fornisce una panoramica dei principali sviluppi fino alla fine del 2023, un anno caratterizzato da un netto miglioramento dei rendimenti dei mercati finanziari.

Analogamente alle edizioni precedenti, l’analisi di quest’anno riguarda gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), i fondi di investimento alternativi al dettaglio (FIA) e i prodotti strutturati al dettaglio (SRP).

Rispetto alle precedenti edizioni della relazione, è stata migliorata significativamente la copertura del mercato degli OICVM e viene fornita un’analisi approfondita dei fattori che spiegano le differenze nei livelli di costo.

Il campione analizzato copre attività di OICVM per un valore di circa 10,2 trilioni di euro, di cui, si stima, circa 6,4 trilioni di euro detenuti dagli investitori al dettaglio. Ciò costituisce un aumento significativo della copertura del mercato UCITS dell’UE (dall’85% dell’edizione precedente al 94% di quest’anno), reso possibile dall’inclusione di nuove fonti di dati.

I miglioramenti nella disponibilità dei dati continuano, ma persistono problemi significativi nei dati. Per gli OICVM, ad esempio, i costi di ingresso e di uscita sono ancora soggetti a limitazioni, mentre non sono disponibili dati sui costi di distribuzione. Nel caso dei FIA, le informazioni sui costi sono molto scarse. Per gli SRP, i costi sono estratti dai documenti contenenti le informazioni chiave che gli emittenti sono tenuti a emettere ai sensi del regolamento Priips. Le informazioni sono disponibili solo per un sottoinsieme di prodotti e non includono i potenziali costi di distribuzione.

I flussi di raccolta dei fondi attivi e passivi

L’Europa, con il 30% del patrimonio netto globale, è il secondo mercato più grande a livello globale in termini di fondi aperti, dopo gli Stati Uniti (USA), che detengono quasi il 50% del patrimonio netto globale.

Alla fine del 2023, il segmento degli OICVM dell’UE rimaneva il principale settore di investimento, con quasi 11 trilioni di euro di asset.

Confermando il trend osservato nell’anno precedente, nel 2023 i fondi attivi hanno registrato deflussi netti sia nel comparto azionario che obbligazionario, mentre gli afflussi netti annui negli ETF azionari sono aumentati in modo significativo, passando da 40 miliardi di euro alla fine del 2022 a 78 miliardi di euro alla fine del 2023. Gli afflussi netti annui negli ETF obbligazionari (52 miliardi di euro) sono più che raddoppiati nel 2023 rispetto all’anno precedente.

Il segmento UCITS ETF è quindi cresciuto nel 2023, raggiungendo la dimensione di 1,44 trilioni di euro. Anche la quota di ETF sul totale degli OICVM dell’UE si è incrementata, raggiungendo quasi il 16% alla fine del 2023.

Gli UCITS passivi azionari e obbligazionari non-ETF hanno rappresentato rispettivamente 533 e 206 miliardi di euro, ovvero il 18% e il 9% degli OICVM azionari e obbligazionari.

Nel segmento azionario degli OICVM, la quota di ETF e UCITS passivi non ETF ha continuato a crescere, raggiungendo il 39% a fine 2023. Nel segmento obbligazionario, la quota di fondi a gestione passiva è cresciuta, ma è rimasta inferiore (22%) rispetto alla quota del mercato degli OICVM azionari.

Fondi domestici e transfrontalieri

Il numero di fondi commercializzati e venduti a livello transfrontaliero nell’UE è rimasto inferiore a quello dei fondi domestici, ossia domiciliati e venduti esclusivamente a livello nazionale. In termini di attività, tuttavia, i fondi transfrontalieri, ossia commercializzati in almeno tre Stati membri, rappresentavano il 56% del totale dei fondi OICVM dell’UE.

In Italia i fondi domestici commercializzati sono circa 800 a fronte dei quasi 4 mila fondi di diritto lussemburghese, 850 irlandesi e 250 francesi.

Per quanto riguarda i costi dei fondi domiciliati in Italia anche nel 2023 si confermano più elevati rispetto alla media europea dei fondi delle medesime categorie (azionari 1.99% contro 1.40% in Europa, obbligazionari 1.13% contro 0.86% e misti 1.59% contro 1,45%).

Quando si passa dall’analisi del domicilio del fondo all’analisi del domicilio dell’investitore, l’eterogeneità tra gli Stati membri diminuisce notevolmente, con una netta diminuzione delle differenze nazionali.

Ciò è dovuto principalmente al fatto che le informazioni in termini di attività, flussi e costi sono fornite solo su base aggregata a livello di domicilio del fondo. Se un fondo è distribuito in più paesi, non sono disponibili informazioni in merito agli asset in gestione venduti in ciascun paese, ai flussi netti o ai costi addebitati nei diversi paesi. Inoltre, mentre le informazioni indicano dove il fondo può essere commercializzato, non includono tuttavia informazioni sul fatto che il fondo sia effettivamente venduto in tutti i paesi in cui può essere distribuito.

Benchmark settoriali dei costi e delle performance dei fondi

Per la prima volta il rapporto dell’Esma presenta (nell’allegato) una statistica dei costi e delle performance dei fondi OICVM raggruppati per settori di investimento. I prodotti sono stati raggruppati in 30 cluster nel comparto azionario, 6 nell’obbligazionario e 3 per i fondi misti.

Per ognuno dei comparti si mettono in evidenza, per diversi orizzonti temporali (1, 5 e 10 anni) il numero dei fondi, gli asset aggregati, la performance e i costi correnti e di sottoscrizione e rimborso.

Tali informazioni potranno essere importanti ai fini della definizione dei peer group per la valutazione del Value for Money previsto dalla nuova Direttiva Retail Investment Strategy (RIS):

Costi e performance dei fondi UCITS: principali evidenze

Rispecchiando le tendenze osservate anche negli Stati Uniti, i costi correnti nell’UE hanno continuato a diminuire anche se con molta gradualità. Nell’orizzonte d’investimento annuale, tra il 2019 e il 2023, i costi corrente dei fondi azionari sono diminuiti di 7 punti base (da 1.47% a 1.40%) mentre i costi correnti dei fondi obbligazionari si sono ridotti di 13 punti base (da 0.99% a 0.86%). Una riduzione di minore entità si rivela per i fondi misti.

Nonostante il calo dei costi, i fondi azionari attivi hanno continuato a sottoperformare (al netto delle commissioni) i fondi azionari passivi e gli ETF per un importo considerevole (più di 4 punti percentuali nel 2023). I rendimenti dei fondi obbligazionari attivi e passivi sono stati invece sostanzialmente equilibrati.

Gli OICVM dell’UE rimangono, in media, molto più piccoli dei fondi statunitensi. Ciò può, almeno in parte, spiegare le differenze sostanziali nei livelli di costo dei fondi osservati tra l’UE e gli Stati Uniti, poiché i fondi più grandi tendono ad avere costi correnti inferiori. Inoltre, quando le società di gestione sono detenute da una società madre di grandi dimensioni, le classi di azioni gestite sono associate in media a costi correnti più bassi.

L’analisi di regressione dei costi correnti dei fondi in funzione della data di lancio mostra che i vecchi fondi azionari sono associati a costi correnti più elevati (16 punti base) rispetto ai prodotti avviati più recentemente. Questo vale anche per i fondi misti, ma su una scala inferiore (8 punti base).

In linea con quanto riportato nella precedente edizione del Rapporto, i costi correnti dei fondi ambientali, sociali e di governance (ESG) sono inferiori o simili ai costi correnti degli equivalenti non ESG. Nel complesso, nel 2023 i fondi ESG hanno sovraperformato i loro equivalenti non ESG, con disparità tra le asset class. I fondi azionari ESG hanno sovraperformato i loro equivalenti, mentre i fondi obbligazionari e i fondi ESG misti hanno sottoperformato.

Una simulazione dell’ impatto dei costi sul rendimento dei fondi UCITS

Come nelle precedenti edizioni, Esma ha fornito una simulazione di un ipotetico investimento decennale da parte di un investitore retail di 10.000 euro tra il 2014 e il 2023, basato su un portafoglio stilizzato composto da fondi azionari (40%), obbligazionari e misti (30% ciascuno); il portafoglio avrebbe realizzato un risultato di circa il 4.2% netto annuo che avrebbe portato il valore del portafoglio a  15.146 euro.

Nel corso di questi dieci anni, sarebbero stati pagati circa 1.871 euro di costi totali. Si tratta di quasi il doppio dell’importo che un investitore istituzionale avrebbe pagato se avesse adottato la stessa strategia con lo stesso investimento iniziale.

Questa simulazione illustra l’impatto sostanziale che i costi dei fondi hanno sul risultato finale di un investimento per un consumatore. In particolare, l’impatto dei costi correnti sarebbe stato pari al 26.7% del rendimento lordo del portafoglio.

La rilevanza della dimensione sui costi dei fondi

Come evidenziato nelle precedenti edizioni, i fondi più grandi (in termini di patrimonio netto) hanno costi inferiori rispetto ai fondi più piccoli. Ciò è visibile in tutte le classi di attività. I costi totali dei fondi azionari, obbligazionari e misti più piccoli sono superiori rispettivamente del 14%, 27% e 17% rispetto ai costi totali dei fondi più grandi. I costi più elevati dei fondi più piccoli si osservano anche quando si considerano i costi correnti. L’indice di spesa totale (TER) dei fondi più piccoli è superiore di almeno il 14% rispetto al TER dei fondi più grandi. I principali fattori alla base di queste disparità sono le economie di scala (ossia un minore impatto dei costi fissi sul totale delle attività).

Inoltre, nel campione di OICVM azionari, obbligazionari e misti, ogni fondo è stato mappato associandolo alla capogruppo proprietaria della società di gestione. Nel campione, costituito da 35.951 classi di azioni con informazioni disponibili, si osserva una correlazione negativa tra le dimensioni e il costo dei fondi.

Guardando alle società madri per il campione dell’UE, è interessante osservare che le classi di azioni più grandi tendono ad essere associate a società madri più grandi. Si mostra inoltre che, raggruppando le diverse classi di azioni del campione in decili in base alle loro dimensioni, le classi di azioni nei decili più alti corrispondono a società madri con dimensioni mediane più elevate.

I costi più elevati corrispondono ad una maggiore qualità della gestione?

Nelle discussioni in merito all’impatto dei costi sui rendimento dei fondi viene spesso avanzata una tesi secondo la quale, nella norma, i prodotti che presentano costi maggiori sono contraddistinti da una corrispondente migliore qualità della gestione. L’attività di gestori dovrebbe quindi essere tale da compensare, in tutto o in parte, la maggiore onerosità dei prodotti, restituendo al cliente finale un risultato positivo, tale da assicurare un sufficiente valore per gli investitori (Value for Money).

Il rapporto dell’Esma presenta alcuni risultati di stime econometriche (vedi allegato al rapporto) che possono essere utili a verificare la solidità di questa ipotesi.

Secondo le stime dell’impatto delle diverse variabili sul “total expense ratio” (TER) dei fondi, prendendo in considerazione l’universo dei fondi che costituisce il campione esaminato, si evidenzia che la differenza dei costi sostenuta dai clienti retail rispetto ai clienti delle classi istituzionali si quantifica in un parametro pari a 0.62.

Per avvalorare la tesi secondo la quale la migliore attività di gestione compenserebbe i costi più elevati, l’impatto della tipologia di investitore, retail o istituzionale, sulla performance netta dei fondi dovrebbe mostrare un valore inferiore a 0.62.

Al contrario, si osserva che la differenza della performance netta dei clienti istituzionali nel 2023 risulta più elevata rispetto al parametro che descrive l’impatto sui costi (1.14 per gli azionari e 0.81 per gli obbligazionari). Ciò significa che i maggiori costi dei fondi non solo non vengono compensati da una migliore attività di gestione, ma, anzi, l’impatto dei costi sulla performance netta risulta più che proporzionale ai costi sostenuti. Le performance nette delle classi istituzionali e retail tendono quindi a distanziarsi anziché convergere.

La riprova di questa conclusione si ottiene esaminando un’ulteriore stima statistica messa a disposizione dal rapporto dell’Esma. Prendendo in considerazione i fondi che hanno ottenuto migliori performance (quartile migliore 25%), il parametro stimato scende notevolmente e si quantifica in 0.32 per gli azionari e 0.37 per gli obbligazionari.

Ciò dimostra che i fondi che hanno ottenuto migliori performance sono stati in grado di attenuare, in misura pari circa alla metà, l’impatto dei maggiori costi sostenuti dai clienti retail.