Come avviene la tassazione degli ETF in Italia?
Gli ETF, Exchange Traded Funds, sono una tipologia di fondi d’investimento che replicano un indice di riferimento, il cosiddetto benchmark. Si tratta di investimenti finanziari in grado di replicare il rendimento di un indice preso a riferimento. Questi, possono essere (o non essere) negoziati in Borsa come le azioni delle società quotate. La caratteristica di questi […] L'articolo Come avviene la tassazione degli ETF in Italia? proviene da Fiscomania.
Gli ETF, Exchange Traded Funds, sono una tipologia di fondi d’investimento che replicano un indice di riferimento, il cosiddetto benchmark. Si tratta di investimenti finanziari in grado di replicare il rendimento di un indice preso a riferimento. Questi, possono essere (o non essere) negoziati in Borsa come le azioni delle società quotate.
La caratteristica di questi strumenti< è quella di unire la diversificazione dei rischi, tipica dei fondi d’investimento, con la liquidità, tipica delle azioni.
Questo articolo si colloca nella più ampia categoria della tassazione dei redditi di fonte estera in Italia, che ho approfondito in questo articolo: “Come si dichiarano i redditi esteri in Italia?“, al quale ti rimando per approfondimenti.
Che cosa sono gli ETF?
Gli Exchange traded fund sono conosciuti come prodotti semplici e trasparenti che replicano un indice. Non esiste uno schema predefinito nella strutturazione di questi prodotti. Ogni emittente ha le proprie caratteristiche e la preferenza per una struttura piuttosto che per un’altra dipende anche dal tipo di benchmark.
La caratteristica dei fondi comuni è quella di offrire la possibilità all’investitore di conferire i propri risparmi entro un patrimonio comune, indistinto, gestito da operatori professionali. Questo patrimonio è suddiviso in parti uguali, le quote, ed ogni investitore avrà un numero di quote differente proporzionale al conferimento effettuato.
Si tratta di una particolare tipologia di fondo, che può essere considerato una via di mezzo tra le categorie del fondo aperto e del fondo chiuso. Vediamo, di capire meglio questa differenza.
Il fondo aperto offre la possibilità ai suoi partecipanti di poter investire o disinvestire in ogni momento, operando sul mercato primario, negoziando direttamente con la società ad un prezzo pari al valore attivo netto del fondo.
Il fondo chiuso, invece, trascorsa la fase costitutiva non offre questa possibilità, in tal modo il numero delle quote emesse dal fondo ed il capitale gestito dal fondo rimangono costanti sino al momento della chiusura del fondo. Per offrire la possibilità agli investitori di uscire dal fondo anzitempo e rendere l’investimento liquido, è data la possibilità a questi di poter vendere le loro quote non direttamente alla società, ma ad un altro investitore, sul mercato secondario, al prezzo stabilito dal mercato.
La prima distinzione che si deve fare è tra strumenti fisici e sintetici.
Gli ETF fisici
Gli ETF fisici sono nati come replicanti di un determinato indice attraverso la semplice costruzione di un paniere identico a quello da seguire. Questo metodo è sicuramente il più trasparente, ma, in particolare per indici corposi, presenta alcuni problemi pratici e può anche registrare un alto tracking error.
Inoltre, in questa categoria è molto diffuso il prestito titoli. Questa operazione consiste nel prestare a terzi i titoli in portafoglio, in cambio di una commissione. In genere, chi prende a prestito (spesso hedge fund) spera di trarre profitto dal declino dei prezzi.
Questa pratica perché permette di ridurre (o talvolta eliminare) le varie fonti di tracking error (discostamento della performance rispetto al benchmark), attraverso i ricavi che genera. Questa operazione comporta dei rischi, primo fra tutti che chi prende a prestito fallisca e non restituisca i titoli. Per questa ragione, gli emittenti chiedono a garanzia un collaterale e si assicurano che il valore di quest’ultimo ecceda quello del prestito. Ovviamente, il livello di rischio di controparte assunto varia da emittente a emittente. In alcuni casi è del 100%, in altri si tratta di pochi punti percentuali.
Gli ETF sintetici
La seconda tipologia è rappresentata dagli exchange trade fund sintetici, che comprano uno swap che garantisce l’esatta replica dell’indice. In questo modo si elimina il rischio di tracking error, ma subentra quello di controparte, ovvero di fallimento dello swap-provider. Gli strumenti sintetici hanno una struttura più complessa rispetto a quelli fisici e ci sono diversi fattori da tenere in considerazione. Essi sono caratterizzati da alcune fonti specifiche di rischio, derivanti dal fatto che impiegano derivati. La prima distinzione è tra i due modelli di replica utilizzati dagli emittenti.
Nel metodo un-funded, quello più antico, la liquidità viene usata dal provider per costruire un paniere di titoli, detto substitute basket. Nel metodo funded, invece, la liquidità viene trasferita alla controparte dello swap in cambio della performance dell’indice. I due modelli determinano conseguenze differenti in caso di default della controparte, perché nel primo caso l’accesso al paniere sostitutivo è diretto, mentre nel secondo non è immediato.
Un’evoluzione è quella di basarsi su uno swap, ma che utilizzano molteplici swap-providers, in modo da mitigare il rischio di controparte e offrire costi più competitivi.
La tassazione degli ETF
Dato che gli exchage trade fund sono stati inseriti tra gli OICR, il regime tributario ad essi applicabile nel mercato italiano è stato creato all’interno delle disposizioni vigenti a livello nazionale in materia di imposizione fiscale degli OICR.
La detenzione di questi investimenti tramite intermediario finanziario residente lascia al contribuente la possibilità di gestione degli aspetti fiscali direttamente all’intermediario attraverso il regime del risparmio amministrato, oppure utilizzare il regime dichiarativo, ed operare in autonomia in dichiarazione dei redditi.
La detenzione di exchange trade fund per il tramite di un intermediario finanziario non residente determina la necessità di tassare i proventi con il regime dichiarativo. Questo significa che è compito del contribuente andare a rendicontare profitti e perdite derivanti da questi investimenti finanziari nella propria dichiarazione dei redditi. In particolare, la tassazione in regime dichiarativo varia in base ad alcuni fattori:
- In caso di detenzione di ETF armonizzati o non armonizzati;
- In caso di percepimento di una plusvalenza o di una minusvalenza dal trading.
Differenze tra il regime del risparmio amministrato e regime dichiarativo
Come abbiamo visto in caso di detenzione di exchage trade fund per il tramite di intermediari finanziari residenti è possibile, per l’investitore, scegliere se applicare il regime del risparmio amministrato o il regime della dichiarazione. Mentre, nel caso in cui si operi con un intermediario finanziario non residente l’investitore può sfruttare soltanto il regime dichiarativo.
Attraverso il regime del risparmio amministrato l’applicazione dell’imposta sostitutiva (del 26%) dovuta dal contribuente è effettuata dall’intermediario. Il momento impositivo è costituito dalla data di realizzo della plusvalenza, coincidente con la data di valuta contrattualmente stabilita (detta anche data di regolamento), che rappresenta il riferimento temporale sia ai fini del calcolo dei dietimi di interesse riconosciuti al venditore nel corrispettivo sia agli effetti della individuazione della data di riferimento per la registrazione in relazione agli adempimenti fiscali dell’intermediario.
La tassazione ad opera dell’intermediario avviene su ciascuna plusvalenza percepita, secondo le previsioni dell’art. 68 del TUIR, compresa quella relativa alla rilevanza degli oneri inerenti alla produzione dei redditi di cui trattasi.
Che cosa sono gli ETF armonizzati e non armonizzati
Gli ETF armonizzati sono quelli conformi alle direttive europee e pertanto quotati sulle Borse europee. Al contrario, quelli non armonizzati, invece, non sono conformi alle direttive europee e sono quotati su altri mercati.
Non esiste una lista completa degli strumenti non armonizzati e bisogna quindi far riferimento al singolo ISIN, International Securities Identification Number (se cambia l’ISIN si tratta di strumenti differenti). In ogni caso, per avere la certezza è indispensabile visualizzare le indicazioni dell’emittente.
Tassazione degli ETF armonizzati soggetti a vigilanza nell’Unione Europea
La partecipazione a strumenti finanziari istituiti nell’Unione Europea il cui gestore risulta soggetto a vigilanza nel proprio Stato di residenza prevede che i proventi periodici e quelli compresi nella somma rimborsata o nel prezzo di cessione, percepiti attraverso un intermediario italiano sono soggetti a una ritenuta d’imposta del 26% (art. 10-ter co. 1, 2 e 4 della Legge n. 77/83).
Per questa tipologia di proventi la base imponibile può essere ridotta in proporzione alla quota del fondo investita in titoli pubblici italiani o di Stati esteri white list, inclusi nel D.M. 4.9.96. In caso di fondi che replicano titoli di Stato italiani, di Paesi white list o emessi da enti sovranazionali l’aliquota scende al 12,5%. Tale ritenuta può sommarsi a una eventuale ritenuta operata all’estero, senza che questa possa essere dedotta dall’imponibile né detratta dall’imposta italiana.
Per esempio, nel caso di un ETF composto al 50% da titoli di Stato e al restante 50% da azioni, i redditi ottenuti verranno tassati per metà al 12,5% e per metà al 26%.
Inoltre, se questi strumenti risultano percepiti senza l’intervento dell’intermediario italiano, occorre operare in regime dichiarativo. In particolare, nel modello Redditi P.F. deve essere indicato nel rigo RM12 della dichiarazione il loro ammontare lordo, indicando il codice “B” nella colonna 1. Spetta al contribuente, in tale caso, versare l’imposta sostitutiva del 26% (codice tributo “1242” nel modello F24). Deve essere evidenziato che, in questo caso, non si ha diritto al credito per le eventuali imposte pagate all’estero. Tuttavia, è possibile optare per far concorrere il provento alla formazione del reddito complessivo soggetto all’IRPEF e fruire del credito d’imposta.
Tassazione ETF “non armonizzati” soggetti a vigilanza nell’Unione Europea
I proventi degli ETF diversi da quelli UE soggetti a vigilanza (ad esempio quelli americani) concorrono alla formazione del reddito complessivo attraverso l’indicazione rigo RL2 del modello Redditi P.F. Per l’indicazione del reddito si deve utilizzare il codice 4 (art. 10-ter co. 6 e 7 della Legge n. 77/83). In questo caso, la ritenuta d’acconto del 26% è scomputabile dall’IRPEF e spetta il credito per imposte estere ex art. 165 del TUIR (quadro CE del modello Redditi P.F.).
Sostanzialmente le plusvalenze da exchange trade fund non armonizzati sono assoggettate a tassazione ordinaria IRPEF. Questo significa che vengono sommate a tutti gli altri redditi (lavoro autonomo, dipendente, affitti, etc.) e pertanto vengono tassate in base allo scaglione di appartenenza. Si riportano le aliquote d’imposta in base allo scaglione di reddito:
Deve essere considerato che, talvolta, la tassazione dello scaglione potrebbe essere inferiore al 26% (aliquota applicata per tutti gli altri strumenti finanziari). Inoltre, i profitti da ETF non armonizzati si possono utilizzare per detrarre le varie spese (ad esempio spese mediche, assicurative, per ristrutturazione, etc.), se i redditi a tassazione ordinaria non compensano interamente le detrazioni.
Tabella di riepilogo
La gestione delle minusvalenze
Le minusvalenze derivanti da strumenti, sia armonizzati sia non armonizzati, devono essere dichiarate come redditi diversi (come ad esempio azioni, opzioni e futures). Su di esse, naturalmente, non si pagheranno imposte.
È possibile compensare plusvalenze e minusvalenze?
Le plusvalenze derivanti da ETF, armonizzati o non, non possono essere compensate con eventuali minusvalenze di altri strumenti finanziari perché sono trattate rispettivamente come redditi di capitale e redditi ordinari. Pertanto la plusvalenza non è soggetta a compensazione con minusvalenze.
Le minusvalenze, invece, possono essere compensate con le plusvalenze di altri strumenti finanziari che generano redditi riversi (ad esempio le azioni).
Questo significa, di fatto, che se si investe solo in exchange trade fund e si realizzano minusvalenze, queste non possono essere sfruttate in compensazione. Per poterlo fare è necessario che l’investitore effettui investimenti anche in altri strumenti finanziari come, ad esempio, le azioni (o comunque altri proventi classificati tra i redditi diversi di natura finanziaria).
Monitoraggio fiscale delle attività estere di natura finanziaria
Gli investimenti finanziari esteri detenuti dal contribuente fiscalmente residente in Italia devono essere inseriti nel quadro RW del modello Redditi P.F. Questo quadro dichiarativo deve essere compilato per:
- Adempiere alla disciplina sul monitoraggio fiscale;
- Applicare l’IVAFE.
L’ETF è un fondo comune di investimento o SICAV negoziato in mercati regolamentati, fra i quali il mercato telematico dei fondi (MTF) presso la Borsa Italiana, o comunque in mercati secondari nei quali le quote vengono regolarmente scambiate. Per questo motivo ogni anno il contribuente investitore è chiamato ad indicare nel quadro RW il valore dei propri investimenti finanziari esteri. In particolare, le consistenze di questi particolari fondo comuni, se detenuti all’estero senza l’intervento di un intermediario residente, devono essere indicati nel quadro RW.
Il consiglio che posso darti è quello di non sottovalutare questo obbligo in quanto le sanzioni previste in caso di violazione sono pesanti, vanno dal 3% al 15% del valore dell’attività finanziaria estera non dichiarata (se detenuta in Paese collaborativo). Le sanzioni raddoppiano in caso di detenzione di investimenti in Stati non collaborativi.
Consulenza fiscale online
La tassazione degli ETF in Italia tiene conto del criterio di collegamento legato agli investimenti finanziari, che devono essere dichiarati nello Stato di residenza fiscale del soggetto investitore. In relazione a questo aspetto vi sono obblighi ai fini delle imposte dirette differenziati a seconda che vi sia un investimento in strumenti armonizzati e non armonizzati. Inoltre, devono essere tenuti in considerazione gli obblighi connessi al monitoraggio fiscale degli investimenti esteri.
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