Almasri, un consigliere chiede al Csm di aprire una pratica a tutela del procuratore Lo Voi
AGI - Il Csm apra una pratica a tutela del procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi, in relazione alle "gravi e sorprendenti affermazioni pubbliche della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni". E' quanto chiede, con un documento depositato stamane, al Comitato di presidenza di Palazzo Bachelet, il togato indipendente Andrea Mirenda. "Sappiamo che non tocca certo al Csm esprimere valutazioni tecniche sull'operato del procuratore capitolino nella cosiddetta vicenda Almasri, atteso il doveroso rispetto delle prerogative riservate al tribunale dei ministri. Tuttavia - scrive Mirenda - proprio la peculiare complessità del caso e la conseguente opinabilità delle possibili soluzioni giuridiche, consentono di escludere 'prima facie' qualsivoglia 'abnormità' (in senso tecnico) in quella che si è sostanziata in una semplice 'comunicazione' agli indagati". Secondo il togato, "ci troviamo dinanzi ad atto dovuto, diverso da un 'avviso di garanzia', la cui pubblicizzazione è dipesa solo da studiata scelta dei destinatari". Mirenda sottolinea quindi di riconoscere "la piena legittimità del diritto di critica, se del caso anche aspro, all'operato dei magistrati in quanto 'sale' per la democrazia", ma di ritenere "inaccettabile che la critica esondi in radicale messa in discussione della funzione giudiziaria stessa, come è avvenuto nel caso in esame, e ciò tanto più quando proviene dai vertici dello Stato". Nel suo documento, il consigliere togato del Csm osserva che "esula dalla normale dialettica istituzionale irridere il procuratore di Roma additandolo come 'lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona...', adombrando poi una sorta di movente politico dell'inchiesta sol perché scaturita da denuncia di parte avversa". Secondo Mirenda, poi, è "inaccettabile, per la gravità assoluta di quanto implicitamente sotteso, attribuire all'iniziativa del procuratore di Roma connotazioni financo 'ricattatorie' e 'intimidatorie', come pure assumere, nella veste di primo ministro in carica, che al controllo giurisdizionale, nevralgico ai fini di bilanciamento dei poteri, possa contrapporsi un superiore e indiscriminato diritto dell'Esecutivo di agire 'a difesa degli Italiani soprattutto quando è in gioco la sicurezza della nazione'. Perché - conclude il togato - la salute della Nazione trova garanzia solo nel rispetto dello Stato di diritto a cui inerisce, prima di tutto, il leale e mutuo riconoscimento di ruoti delle Istituzioni che lo compongono".
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AGI - Il Csm apra una pratica a tutela del procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi, in relazione alle "gravi e sorprendenti affermazioni pubbliche della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni". E' quanto chiede, con un documento depositato stamane, al Comitato di presidenza di Palazzo Bachelet, il togato indipendente Andrea Mirenda. "Sappiamo che non tocca certo al Csm esprimere valutazioni tecniche sull'operato del procuratore capitolino nella cosiddetta vicenda Almasri, atteso il doveroso rispetto delle prerogative riservate al tribunale dei ministri. Tuttavia - scrive Mirenda - proprio la peculiare complessità del caso e la conseguente opinabilità delle possibili soluzioni giuridiche, consentono di escludere 'prima facie' qualsivoglia 'abnormità' (in senso tecnico) in quella che si è sostanziata in una semplice 'comunicazione' agli indagati".
Secondo il togato, "ci troviamo dinanzi ad atto dovuto, diverso da un 'avviso di garanzia', la cui pubblicizzazione è dipesa solo da studiata scelta dei destinatari". Mirenda sottolinea quindi di riconoscere "la piena legittimità del diritto di critica, se del caso anche aspro, all'operato dei magistrati in quanto 'sale' per la democrazia", ma di ritenere "inaccettabile che la critica esondi in radicale messa in discussione della funzione giudiziaria stessa, come è avvenuto nel caso in esame, e ciò tanto più quando proviene dai vertici dello Stato".
Nel suo documento, il consigliere togato del Csm osserva che "esula dalla normale dialettica istituzionale irridere il procuratore di Roma additandolo come 'lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona...', adombrando poi una sorta di movente politico dell'inchiesta sol perché scaturita da denuncia di parte avversa".
Secondo Mirenda, poi, è "inaccettabile, per la gravità assoluta di quanto implicitamente sotteso, attribuire all'iniziativa del procuratore di Roma connotazioni financo 'ricattatorie' e 'intimidatorie', come pure assumere, nella veste di primo ministro in carica, che al controllo giurisdizionale, nevralgico ai fini di bilanciamento dei poteri, possa contrapporsi un superiore e indiscriminato diritto dell'Esecutivo di agire 'a difesa degli Italiani soprattutto quando è in gioco la sicurezza della nazione'. Perché - conclude il togato - la salute della Nazione trova garanzia solo nel rispetto dello Stato di diritto a cui inerisce, prima di tutto, il leale e mutuo riconoscimento di ruoti delle Istituzioni che lo compongono".