Alla scoperta di Capracotta, il “piccolo Tibet” del Molise
Il borgo dell’alto Molise, a 1421 metri di quota, consente di affacciarsi sull’Appennino al confine con l’Abruzzo. D’inverno si possono usare le ciaspole, praticare lo sci da discesa e (soprattutto) di fondo L'articolo Alla scoperta di Capracotta, il “piccolo Tibet” del Molise proviene da Montagna.TV.
Nelle belle giornate d’inverno, dal borgo più elevato del Molise, lo sguardo scopre una vasta cerchia di montagne innevate. A nord, oltre la profonda valle del Sangro, si alzano le cime della Maiella, dall’Acquaviva al Porrara passando per la gobba arrotondata del Monte Amaro.
Più a ovest, in direzione del Tirreno, si alzano i monti di Roccaraso e il Greco, e poi il Petroso, le Mainarde e la Meta, nel Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise. Poi c’è la catena del Matese, sorvegliata dalla vetta del Monte Miletto. Verso est l’altopiano digrada verso la Valle del Trigno, e nelle giornate serene si vedono il Mare Adriatico e il Gran Sasso.
Capracotta è entrata nella cultura popolare italiana nel 1957 grazie a “Il conte Max”, un film diretto da Giorgio Bianchi, protagonisti Alberto Sordi e Vittorio De Sica. Mentre i due sono seduti in un bar di Via Veneto, l’aristocratico De Sica chiede al popolano Sordi dove andrà a passare il Capodanno. E Albertone risponde “a Capracotta, un paese turistico, il paese di nonno!”. Per poi definire il borgo di fronte alla Maiella “la piccola Cortina degli Abruzzi”.
Sorridere della battuta di Sordi è lecito. Tenendo presente però, che anche se la mondanità non abbonda, Capracotta, esposta ai venti umidi dei due mari, è da sempre una delle “capitali della neve” italiane. Nella sede dello Sci Club locale, nel bar accanto al Municipio, si ammirano decine di medaglie e di coppe vinte dagli atleti locali, e le splendide foto della prima gara di sci della zona, organizzata nel lontano 1929 dalle SUCAI (Sezioni Universitarie del CAI) di Napoli e di Roma.
Per decenni, i ragazzi del paese hanno segnato con la vernice, sul muro del Municipio, il livello massimo raggiunto dalla neve ogni inverno. Nel 1985, come ha testimoniato a lungo una scritta, l’altezza della neve ha superato abbondantemente i cinque metri.
Poi il Comune, chissà perché, ha fatto imbiancare a nuovo il muro, cancellando quelle righe ritenute poco eleganti. Qualche anno dopo, come per ammettere lo sbaglio, sono stati dipinti dei murales, con una torre affiancata da animali e altre figure. Le vecchie righe ruspanti, che i visitatori di oggi cercano ancora, erano più suggestive.
Tra dicembre e aprile, tranne quando soffia lo scirocco, nel centro di Capracotta si accumulano metri di neve. Ce n’è tanta anche sul Monte Campo, 1746 metri, la cima più elevata della zona, e sulle vicine piste da fondo di Prato Gentile, tra le più importanti dell’intero Appennino, che nel 1997 hanno ospitato i Campionati italiani assoluti.
Sul Monte Capraro, dall’altra parte del paese, un impianto consente di praticare lo sci da discesa. La Foresta degli Abeti Soprani, che digrada verso Pescopennataro e i suoi torrioni rocciosi, consente piacevoli escursioni con le ciaspole. Si può fare lo stesso anche più a nord, nella Riserva naturale di Rosello, che si estende a cavallo del confine con l’Abruzzo.
Su vari libri di storia si legge che l’odierno borgo di Capracotta è stato fondato prima del Mille dai Longobardi. Le chiese e i palazzi del centro, in parte danneggiati dalle battaglie di ottantuno anni fa sulla Linea Gustav, testimoniano che l’Alto Molise, come gli altopiani dell’Abruzzo, si sia arricchito per secoli con la pastorizia transumante. Un’usanza che si è diffusa più di duemila anni fa sull’Appennino grazie ai Sanniti e agli altri popoli italici.
A Pietrabbondante, qualche chilometro a sud di Capracotta, due templi e un elegantissimo teatro italico si affacciano da 1000 metri di quota sulla Valle del Trigno e le colline tra Campobasso e Larino. In estate il sito ospita rappresentazioni all’aperto, Nei pressi di Vastogirardi, ai piedi del Monte Capraro, un altro sito archeologico tutela i resti di un piccolo tempio sannita.
Cuore dell’Alto Molise, insieme a Capracotta, è Agnone, la storica “Atene del Sannio”, con il suo centro elegante e le chiese medievali di San Francesco e Sant’Emidio. Da non perdere la Fonderia Marinelli, che ha iniziato a produrre campane nel Medioevo e continua a farlo ai nostri giorni.
Secondo i registri parrocchiali e aziendali, dai tempi del “campanarius” Nicodemo Marinelli, in attività dal 1339, la famiglia è arrivata alla ventisettesima generazione di maestri fonditori. Al piano rialzato, un piccolo museo storico racconta al visitatore l’evoluzione nei secoli di questa specialissima arte.
Insieme alla neve, ai panorami, alle campane e ai Sanniti, l’identità di Capracotta e delle altre “terre alte” del Molise è affidata ai sapori. Pane di grano duro, pasta fatta in casa, legumi coltivati sui magri campi intorno ai mille metri di quota. E poi caciocavalli, scamorze, formaggi stagionati e stracchino prodotti dagli ottimi caseifici locali, da Pallotta di Capracotta fino a Di Nucci di Agnone.
L’ultimo elemento che rende uniche e speciali queste alture è l’abete bianco, una specie arrivata fin qui con le glaciazioni del passato, e che i tagli indiscriminati tra l’Otto e il Novecento hanno fatto diventate molto più rara che in passato.
“Qualche secolo fa le foreste di abete bianco dell’Appennino erano molto più diffuse di oggi. Rivestivano il Pollino, il Sirino, alcune valli della Maiella, i Monti della Laga e il versante settentrionale del Gran Sasso. A portarle a un passo dall’estinzione è stata l’ottima qualità del loro legname” spiegano al CISDAM, il Centro di Studi e Documentazione sugli Abeti Mediterranei, che ha sede a Rosello e al quale aderiscono ricercatori greci, turchi, marocchini e spagnoli.
Per immergersi tra questi alberi straordinari, ben diversi dagli abeti rossi delle Alpi, si può passeggiare nella Riserva (e Oasi WWF) di Rosello, o nella Riserva naturale dello Stato di Colle Meluccio, nei pressi dello storico tratturo Celano-Foggia. Il bosco, raso al suolo tra il 1915 e il 1918 per fornire legname all’esercito impegnato sulle Dolomiti e sul Piave, è ricresciuto grazie alle cure del Corpo Forestale dello Stato, ed è oggi affidato ai Carabinieri Forestali.
Oggi gli ambientalisti chiedono la tutela delle abetine di Monte Castelbarone in territorio di Agnone, dell’abetina di Selvagrande in agro di Castiglione Messer Marino e di altri appezzamenti forestali tra Rosello e Borrello. Uno dei percorsi più belli, è offerto dalla strada che sale a tornanti da Pescopennataro, traversando il magnifico Bosco degli Abeti Soprani, che ospita il lupo, il gufo reale e il capriolo.
In estate, dei sentieri segnati consentono di partire dall’eremo di San Luca, addossato a una parete rocciosa, o da Prato Gentile, e permettono di addentrarsi nel folto. Quando si sbuca sull’altopiano del Monte Campo, e il panorama si apre, si scopre ancora una volta Capracotta.
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