Terremoto su Telegram, arrestato in Francia Pavel Durov
Avete probabilmente già saputo dell’arresto di Pavel Durov, fondatore e CEO di Telegram, sabato scorso all’aeroporto francese di Le Bourget dove era atterrato con il suo jet privato. La notizia, riportata da quasi tutti i media del mondo, si basa su informazioni dell’emittente francese TF1, secondo la quale l’arresto sarebbe legato alla mancanza di moderazione di Telegram e all’assenza di collaborazione con le forze dell’ordine di qualunque paese, che renderebbe Durov complice dello spaccio di stupefacenti, del riciclaggio di denaro e della condivisione di immagini di abusi sessuali su minori che avvengono su Telegram. Su X, Telegram (l’azienda) ha dichiarato di essere “in attesa di una pronta risoluzione di questa situazione” e che “è assurdo affermare che una piattaforma o il suo proprietario sono responsabili per gli abusi di quella piattaforma”. Gli abusi in questione avvengono anche su altri social network, anche sotto la protezione di una crittografia end-to-end che Telegram, va ricordato, non ha nelle chat normali ma solo nelle chat segrete; la differenza rispetto a Telegram è che gli altri social network almeno formalmente collaborano con le richieste delle forze di polizia (anche se io e altri abbiamo segnalato ripetutamente, per esempio a Instagram, la pubblicazione di immagini illegali di minori e siamo stati rassicurati che le immagini erano “conformi agli standard della comunità”). Moderare 900 milioni di utenti, almeno nelle chat normali che può leggere o in quelle segrete che potrebbero essergli segnalate da terzi, sarebbe possibile ma richiederebbe un numero di addetti che Telegram non ha. Durov ha dichiarato, in un’intervista recente a Tucker Carlson, di avere in tutto “circa 30 ingegneri [software]” alle sue dirette dipendenze. E comunque Telegram dichiara apertamente nelle sue FAQ di non aver nessuna intenzione di fare da moderatore: “Tutte le chat e i gruppi di Telegram sono territorio privato dei loro rispettivi partecipanti. Non eseguiamo alcuna richiesta [di eliminazione di contenuti illegali] relativa ad esse [...] Ad oggi, abbiamo divulgato 0 byte di dati a terzi, inclusi i governi [...] Mentre blocchiamo bot e canali legati al terrorismo (ad esempio legati all' ISIS), non bloccheremo nessuno che esprime pacificamente altre opinioni.” Va ricordato che Telegram è, per i cittadini russi, uno dei pochissimi canali attraverso i quali possono ricevere informazioni non filtrate dalla censura governativa, e questo è possibile grazie alla struttura tecnica e legale (una serie di scatole cinesi di aziende sparse per il mondo) di Telegram. Durov ha lasciato la Russia proprio per non dover cedere al governo i dati dei cittadini raccolti dalla sua piattaforma precedente, Vkontakte, una sorta di Facebook nazionale, e censurarla. A modo suo, ha dei princìpi molto saldi: non collaborare con nessuna autorità, perché chi per un certo governo è un sovversivo per un altro governo è un dissidente, e chi è considerato terrorista da una parte è visto come combattente per la libertà dall’altra. Ne ho parlato brevemente al Telegiornale della RSI ieri sera (link diretto): preciso che “i radar” sono gli autovelox in italiano ticinese. Fonti aggiuntive: RSI, TechCrunch, TechCrunch, Ars Technica, ANSA. Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.
Avete probabilmente già saputo dell’arresto di Pavel Durov, fondatore e CEO di Telegram, sabato scorso all’aeroporto francese di Le Bourget dove era atterrato con il suo jet privato. La notizia, riportata da quasi tutti i media del mondo, si basa su informazioni dell’emittente francese TF1, secondo la quale l’arresto sarebbe legato alla mancanza di moderazione di Telegram e all’assenza di collaborazione con le forze dell’ordine di qualunque paese, che renderebbe Durov complice dello spaccio di stupefacenti, del riciclaggio di denaro e della condivisione di immagini di abusi sessuali su minori che avvengono su Telegram.
Su X, Telegram (l’azienda) ha dichiarato di essere “in attesa di una pronta risoluzione di questa situazione” e che “è assurdo affermare che una piattaforma o il suo proprietario sono responsabili per gli abusi di quella piattaforma”.
Gli abusi in questione avvengono anche su altri social network, anche sotto la protezione di una crittografia end-to-end che Telegram, va ricordato, non ha nelle chat normali ma solo nelle chat segrete; la differenza rispetto a Telegram è che gli altri social network almeno formalmente collaborano con le richieste delle forze di polizia (anche se io e altri abbiamo segnalato ripetutamente, per esempio a Instagram, la pubblicazione di immagini illegali di minori e siamo stati rassicurati che le immagini erano “conformi agli standard della comunità”).
Moderare 900 milioni di utenti, almeno nelle chat normali che può leggere o in quelle segrete che potrebbero essergli segnalate da terzi, sarebbe possibile ma richiederebbe un numero di addetti che Telegram non ha. Durov ha dichiarato, in un’intervista recente a Tucker Carlson, di avere in tutto “circa 30 ingegneri [software]” alle sue dirette dipendenze.
E comunque Telegram dichiara apertamente nelle sue FAQ di non aver nessuna intenzione di fare da moderatore: “Tutte le chat e i gruppi di Telegram sono territorio privato dei loro rispettivi partecipanti. Non eseguiamo alcuna richiesta [di eliminazione di contenuti illegali] relativa ad esse [...] Ad oggi, abbiamo divulgato 0 byte di dati a terzi, inclusi i governi [...] Mentre blocchiamo bot e canali legati al terrorismo (ad esempio legati all' ISIS), non bloccheremo nessuno che esprime pacificamente altre opinioni.”
Va ricordato che Telegram è, per i cittadini russi, uno dei pochissimi canali attraverso i quali possono ricevere informazioni non filtrate dalla censura governativa, e questo è possibile grazie alla struttura tecnica e legale (una serie di scatole cinesi di aziende sparse per il mondo) di Telegram. Durov ha lasciato la Russia proprio per non dover cedere al governo i dati dei cittadini raccolti dalla sua piattaforma precedente, Vkontakte, una sorta di Facebook nazionale, e censurarla. A modo suo, ha dei princìpi molto saldi: non collaborare con nessuna autorità, perché chi per un certo governo è un sovversivo per un altro governo è un dissidente, e chi è considerato terrorista da una parte è visto come combattente per la libertà dall’altra.
Ne ho parlato brevemente al Telegiornale della RSI ieri sera (link diretto): preciso che “i radar” sono gli autovelox in italiano ticinese.
Fonti aggiuntive: RSI, TechCrunch, TechCrunch, Ars Technica, ANSA.