Strage al campus svedese, l’enigma del killer: “Era freddo e ha scelto le sue vittime”
L’uomo che ha ucciso dieci persone a Orebro e poi si è tolto la vita si chiamava Rickard Andersson. Deteneva legalmente quattro fucili, uno dei quali utilizzato per la mattanza. I testimoni: “Sembrava calmo”
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Orebro (Svezia), 5 febbraio 2025 – Oggi a Orebro, città di 150mila abitanti a ovest di Stoccolma, è stato il giorno della memoria e del dolore. E mentre si accumulavano fiori e candele davanti al campus Risbersgka, si è tenuta nella chiesa luterana di San Nicola una cerimonia religiosa per le vittime. “Una città scioccata, un intero Paese sotto shock”, ha detto il pastore iniziando l’omelia. In prima fila ad assistere alla funzione c’erano i reali, il premier Ulf Kristersson e gli esponenti di governo. Sulla vicenda “ci sono ancora molte domande, ma poche risposte”, ha ribadito il primo ministro, che però ha chiesto riserbo e rispetto per i morti. “Il tempo delle risposte arriverà”, ha promesso a un Paese incredulo, con le bandiere a mezz’asta ovunque.
L’identificazione delle vittime è ancora in corso, al lavoro c’è un team di 30 persone e le autorità hanno affermato di poter concludere gli esami entro 48 ore. Troppo però per i famigliari, angosciati. “La polizia non ci conferma nulla, ma lei non si fa sentire da ieri”, ha raccontato Ibrahim Haaj il cugino di una donna che “certamente ieri si trovava nella struttura perché aveva lezione”. “Secondo alcuni testimoni – prosegue – è stata tra le prime a essere uccise, ma non sappiamo nulla, nessuno ha dormito ieri notte soprattutto i suoi bambini”.
L’identità del killer è stata svelata dai media nel corso della giornata: si tratta di Rickard Andersson, un 35enne che era nato però Jonas Simon, nome che aveva deciso di cambiare circa 8 anni fa per motivi non chiari. I familiari lo descrivono come una persona “schiva, forse con problemi mentali”. Difficoltà iniziate fin da bambino visto che non aveva mai concluso gli studi elementari, come riferisce il quotidiano svedese Aftonbladet, e per questo l’esercito lo aveva rifiutato. Da ragazzo lo chiamavano ‘The Hood’ (il cappuccio’, forse paragonandolo al cattivo dei Marvel, perché girava spesso con il cappuccio della felpa in testa nascondendosi il viso con la mano. “In molti lo prendevano in giro”, ricorda oggi un suo ex compagno. Avrebbe compiuto la strage con un fucile da caccia: aveva una regolare licenza e possedeva almeno 4 armi, secondo quanto riportato dai media locali. Per detenere un fucile in Svezia è necessario superare un esame di idoneità, che evidentemente aveva passato.
Andersson, secondo quanto ricostruito, è entrato nella scuola intorno a mezzogiorno, nascondendo l’arma in una custodia per chitarra. Poi è andato in bagno, si è cambiato d’abito indossando una tuta mimetica verde e ha iniziato a sparare. Alcuni studenti apparentemente “sono stati risparmiati”, hanno raccontato i testimoni. Secondo quanto è stato raccontato, il killer “camminava con calma” forse scegliendo le sue vittime. Nel frattempo, seguendo le procedure di emergenza, gli studenti che avevano realizzato cosa stava succedendo avevano chiuso a chiave le porte e si erano rannicchiati nelle aule. Alcuni hanno raccontato di aver sentito l’attentatore passare davanti alla loro porta. In tutto Andersson avrebbe sparato circa una trentina di colpi. Quando la polizia è arrivata sul posto, gli agenti “lo hanno individuato a qualche decina di metri”. L’uomo ha lanciato una granata fumogena e poi si è sparato. Ma il movente della strage – la polizia ha escluso la “matrice ideologica” – rimane ancora un mistero.