Sempre più fusioni la nuova partita del risparmio gestito

Le masse amministrate crescono in fretta Ma gli anglosassoni, con l’eccezione di Amundi, occupano la top ten: ecco perché arriverà il consolidamento. I dati di Kpmg «So benissimo che Natixis da sola non può essere un campione globale nel lungo termine. Ma questo vale per quasi tutti i protagonisti dell’asset management. Ecco perché c’è una […] L'articolo Sempre più fusioni la nuova partita del risparmio gestito proviene da Iusletter.

Gen 27, 2025 - 15:29
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Sempre più fusioni la nuova partita del risparmio gestito

Le masse amministrate crescono in fretta Ma gli anglosassoni, con l’eccezione di Amundi, occupano la top ten: ecco perché arriverà il consolidamento. I dati di Kpmg

«So benissimo che Natixis da sola non può essere un campione globale nel lungo termine. Ma questo vale per quasi tutti i protagonisti dell’asset management. Ecco perché c’è una tendenza al consolidamento». Quando martedì scorso il numero uno di Bpce Nicolas Namias ha presentato assieme a Philippe Donnet la joint-venture tra i gestori del risparmio francesi e le Generali, ha espresso così la sostanza dell’intesa. E, al di là delle polemiche sulla forma che l’alleanza prenderà e dello scontro tra azionisti che venerdì si è allargato anche a Mediobanca, è indubbio che — come sta accadendo nell’industria finanziaria in generale — anche il risparmio gestito si muova sempre più su una strada che porta alla creazione di grandi gruppi.

I dati analizzati in esclusiva perAffari&Finanza da Kpmg mostrano come nel terzo trimestre del 2024 — ultimo risultato disponibile — le prime dieci società almondo per masse di risparmio gestito (Asset under Management o AuM) siano tutte statunitensi o anglostatunitensi, con l’eccezione della francese Amundi, controllata dal Crédit Agricole. Una fusione tra le attività di Generali e Natixis porterebbe il nuovo conglomerato in questa classifica, al nono posto, raddoppiando la presenza europea e scalzando Pimco dai primi dieci.

Ma quello che è interessante notare sono anche i mutamenti nel periodo 2017-2024: sette anni fa i primi cinque gestori globali controllavano il 21% del totale delle masse; oggi i primi cinque sono al 27,6% del mercato. Se si allarga lo sguardo ai primi dieci operatori, nel 2017 avevano il 31,8% del mercato e oggi il 37,6%. Il primo in classifica durante tutto questo periodo, il colosso BlackRock, aveva 5.313 miliardi di euro di masse gestite nel 2017 e ne ha 10.250 miliardi nel 2024. Lo tallona Vanguard, che gestiva 4.090 miliardi nel 2017 e 9.021 adesso. Anche gli altri tre gestori meglio piazzati, ossia Fidelity, State Street e Jp Morgan, hanno praticamente raddoppiato le masse nello stesso lasso di tempo. Segno, insomma, che non solo in questa industria essere grandi è meglio, ma che essendo grandi si cresce anche più in fretta.

Se dal mondo si passa all’Europa, la prima cosa che salta all’occhio è che i tassi di crescita degli operatori nostrani sono inferiori a quelli dei gestori anglosassoni. Anche nel 2024 primo nella classifica continentale è stato Amundi, con 2.192 miliardi di masse, ma la crescita rispetto ai 1.426 miliardi del 2017 si è limitata a circa il 30%. E in termini assoluti il primo dei gestori europei, appunto Amundi, ha asset pari a poco più di un quinto di BlackRock. Anche nella classifica europea l’operazione Generali—Natixis consentirebbe alla nuova entità di scalare posizioni, arrivano al secondo posto con circa 1.900 miliardi di masse.

Perché il consolidamento può servire? «Per una serie di motivi — spiega Giulio Dell’Amico, partner di Kpmg Head of Asset Management — che sono in primo luogo la possibilità di fare economie di scala sulle spese legate alla compliance e ai temi regolatori e su quelle per le tecnologie e l’acquisizione di dati». E non si tratta solo di sinergie di costo, spiega ancora Dell’Amico: «Ci sono anche economie di scopo, ad esempio il fatto che i soggetti che attuano una fusione possono ampliare le asset class su cui operano direttamente». Ed in effetti oggi, oltre ai classici investimenti sul mercato mobiliare — azioni e obbligazioni — i grandi gestori sono sempre più a caccia di opzioni di investimento alternative che vanno dall’immobiliare alle infrastrutture passando per il cosiddetto “private debt”, ossia i prestiti alle imprese. Opzioni che diversificano il profilo di rischio degli investimenti e hanno una ciclicità diversa da quella del mercato azionario e obbligazionario.

Il settore continua a essere redditizio per le banche e si è spesso rimarcato come, in una fase di costo del denaro calante, l’asset management con le sue commissioni sarà in grado di sostituire i proventi che il settore del credito ha ottenuto in questi anni proprio sfruttando lo spread tra tassi attivi e tassi passivi. È vero, ma anche in questo settore ci sono fattori che spingono i profitti verso il basso. Un rapporto di Boston Consulting Group dedicato al settore, ad esempio, mostra come tra il 2022 e il 2023 i risultati netti dei primi ottanta operatori dell’asset management (che rappresentano circa il 70% delle masse gestite in totale) siano rimasti immutati a livello assoluto, ma se rapportati appunto alle masse gestite, che in quel periodo sono cresciute, passa da 22 a 21,7 punti base, mentre i costi, sempre rapportati alle masse, sono saliti dal 14,9 a 15,3 punti.

In Europa il consolidamento è già passato per la Svizzera, dove due anni fa il salvataggio di Credit Suisse da parte di Ubs ha datovita a un gruppo che tra asset e wealth management, quest’ultimo classica specialità elvetica, raccoglie masse per oltre 5 mila miliardi. In Francia, lo scorso agosto, Bnp-Paribas ha comprato Axa Investment management, con 800 miliardi di masse gestite, creando così un gruppo da 1.500 miliardi. A fine 2024, invece, è saltata un’operazione che avrebbe messo insieme l’asset management della compagnia assicurativa tedesca Allianz, con quelli di Amundi, rafforzando così la prima posizione in Europa del gestore francese. Problemi di governance, con gli assicuratori tedeschi che non accettavano una posizione di azionisti di minoranza. Problemi di governance come potrebbero adesso sorgere per l’alleanza tra Generali e Natixis, specie dopo che la posizione di Francesco Gaetano Caltagirone e del gruppo Del Vecchio, azionisti “dissidenti” del Leone, si salda con il loro ruolo in Mps, che con l’offerta su Mediobanca punta a rafforzare la posizione in Generali.

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