Procedure concorsuali ed esonero contributo addizionale
![CDATA[L’INPS, con il messaggio n. 283 del 24 gennaio 2025, ha precisato che in caso di fallimento o liquidazione giudiziale con autorizzazione all’esercizio provvisorio, l’esonero dal versamento del contributo addizionale (di cui all’art.5 del Dlgs 148/2015) spetta limitatamente alla durata dello stesso. L’intervento dell’INPS fa seguito alle novità introdotte dal Codice della crisi d’impresa e insolvenza che si pongono l’obiettivo del recupero e della conservazione del patrimonio aziendale al fine di rendere più agevoli le possibilità di soddisfare le ragioni dei creditori e le tutele dei lavoratori, preservando i livelli occupazionali delle aziende in crisi. La crisi dell’impresa e, conseguentemente, l’avvio della procedura concorsuale, oggi procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ha inevitabili risvolti anche sul rapporto contributivo e, in particolare, sugli obblighi contributivi delle imprese sottoposte a procedure caratterizzate dalla continuazione dell’esercizio di impresa. Più precisamente, il versamento del contributo addizionale in caso di ricorso alla CIGS, prevede che tale contributo non è dovuto dalle imprese sottoposte a procedura concorsuale con prosecuzione dell’esercizio d’impresa. A tal riguardo è sorta l’esigenza di individuare il termine finale di fruizione del beneficio al fine di evitare che l’apertura di una procedura, con uno spettro temporale anche molto ampio, possa determinare l’effetto di una fruizione prolungata del beneficio, anche in una fase in cui il debitore può e deve ritenersi rientrato in bonis. Questo potrebbe comportare la violazione del principio di parità di trattamento tra aziende che, pur trovandosi in situazione di difficoltà, non accedano a una procedura concorsuale e si attivino per il superamento della crisi attraverso il ricorso agli strumenti degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, venendo gravate quindi del versamento del contributo addizionale, e quelle che, ricorrendo a una procedura concorsuale, potrebbero fruire delle integrazioni salariali straordinarie senza corrispondere la relativa contribuzione. L’INPS ha quindi chiesto al Ministero del lavoro di intervenire sulla questione il quale ha precisato che in via generale, il termine finale non potrà che coincidere con il momento in cui l’impresa può risolvere la propria situazione debitoria e ritornare in bonis. Ne deriva che in caso di concordato preventivo con continuazione dell’attività, l’esonero dal pagamento del contributo addizionale viene meno dal momento in cui interviene il provvedimento di omologa in quanto, per effetto dell’omologazione, il debitore torna in bonis e riacquista la possibilità di disporre del proprio patrimonio e di gestire l’azienda. Invece, in caso di accordi di ristrutturazione, il contributo addizionale torna a essere dovuto una volta intervenuta l’omologa del piano di ristrutturazione, tenuto conto che tale circostanza consente di considerare il debitore rientrato in bonis, analogamente a quanto prospettato per il concordato preventivo; mentre in caso di liquidazione coatta amministrativa, l’esonero dal versamento del contributo addizionale spetta a partire dal provvedimento che la ordina, ferma restando l’autorizzazione alla continuazione dell’esercizio d’impresa, fino alla chiusura della procedura; Infine, in caso di amministrazione straordinaria, l’esonero dal versamento del contributo addizionale è riconosciuto dalla dichiarazione dello stato di insolvenza fino al termine indicato dall’articolo 27, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo n. 270/1999, per la realizzazione, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa, del "programma di cessione dei complessi aziendali" o del “programma di cessione dei complessi di beni e contratti” (non superiore a un anno) o del "programma di ristrutturazione" (non superiore a due anni), fatte salve le eventuali discipline speciali, derogatorie alla disciplina ordinaria.]]
L’INPS, con il messaggio n. 283 del 24 gennaio 2025, ha precisato che in caso di fallimento o liquidazione giudiziale con autorizzazione all’esercizio provvisorio, l’esonero dal versamento del contributo addizionale (di cui all’art.5 del Dlgs 148/2015) spetta limitatamente alla durata dello stesso.
L’intervento dell’INPS fa seguito alle novità introdotte dal Codice della crisi d’impresa e insolvenza che si pongono l’obiettivo del recupero e della conservazione del patrimonio aziendale al fine di rendere più agevoli le possibilità di soddisfare le ragioni dei creditori e le tutele dei lavoratori, preservando i livelli occupazionali delle aziende in crisi.
La crisi dell’impresa e, conseguentemente, l’avvio della procedura concorsuale, oggi procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ha inevitabili risvolti anche sul rapporto contributivo e, in particolare, sugli obblighi contributivi delle imprese sottoposte a procedure caratterizzate dalla continuazione dell’esercizio di impresa.
Più precisamente, il versamento del contributo addizionale in caso di ricorso alla CIGS, prevede che tale contributo non è dovuto dalle imprese sottoposte a procedura concorsuale con prosecuzione dell’esercizio d’impresa.
A tal riguardo è sorta l’esigenza di individuare il termine finale di fruizione del beneficio al fine di evitare che l’apertura di una procedura, con uno spettro temporale anche molto ampio, possa determinare l’effetto di una fruizione prolungata del beneficio, anche in una fase in cui il debitore può e deve ritenersi rientrato in bonis.
Questo potrebbe comportare la violazione del principio di parità di trattamento tra aziende che, pur trovandosi in situazione di difficoltà, non accedano a una procedura concorsuale e si attivino per il superamento della crisi attraverso il ricorso agli strumenti degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, venendo gravate quindi del versamento del contributo addizionale, e quelle che, ricorrendo a una procedura concorsuale, potrebbero fruire delle integrazioni salariali straordinarie senza corrispondere la relativa contribuzione.
L’INPS ha quindi chiesto al Ministero del lavoro di intervenire sulla questione il quale ha precisato che in via generale, il termine finale non potrà che coincidere con il momento in cui l’impresa può risolvere la propria situazione debitoria e ritornare in bonis.
Ne deriva che in caso di concordato preventivo con continuazione dell’attività, l’esonero dal pagamento del contributo addizionale viene meno dal momento in cui interviene il provvedimento di omologa in quanto, per effetto dell’omologazione, il debitore torna in bonis e riacquista la possibilità di disporre del proprio patrimonio e di gestire l’azienda.
Invece, in caso di accordi di ristrutturazione, il contributo addizionale torna a essere dovuto una volta intervenuta l’omologa del piano di ristrutturazione, tenuto conto che tale circostanza consente di considerare il debitore rientrato in bonis, analogamente a quanto prospettato per il concordato preventivo; mentre in caso di liquidazione coatta amministrativa, l’esonero dal versamento del contributo addizionale spetta a partire dal provvedimento che la ordina, ferma restando l’autorizzazione alla continuazione dell’esercizio d’impresa, fino alla chiusura della procedura;
Infine, in caso di amministrazione straordinaria, l’esonero dal versamento del contributo addizionale è riconosciuto dalla dichiarazione dello stato di insolvenza fino al termine indicato dall’articolo 27, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo n. 270/1999, per la realizzazione, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa, del "programma di cessione dei complessi aziendali" o del “programma di cessione dei complessi di beni e contratti” (non superiore a un anno) o del "programma di ristrutturazione" (non superiore a due anni), fatte salve le eventuali discipline speciali, derogatorie alla disciplina ordinaria.]]