Perché sui salari serve trasparenza | L’analisi di Cathy Desquesses, direttore Risorse Umane di Swiss Re
C’è una cosa che vorrei per i miei figli, ora che si affacciano al mondo del lavoro: un trattamento equo e, soprattutto, le stesse opportunità di fare carriera a prescindere dal genere o dal background socio-familiare. Qualcosa che resta un desiderio inespresso, un’incompiuta, non un risultato raggiunto. Nell’Unione Europea, infatti, permane un divario retributivo del […] L'articolo Perché sui salari serve trasparenza | L’analisi di Cathy Desquesses, direttore Risorse Umane di Swiss Re proviene da Osservatorio Riparte l'Italia.
C’è una cosa che vorrei per i miei figli, ora che si affacciano al mondo del lavoro: un trattamento equo e, soprattutto, le stesse opportunità di fare carriera a prescindere dal genere o dal background socio-familiare. Qualcosa che resta un desiderio inespresso, un’incompiuta, non un risultato raggiunto.
Nell’Unione Europea, infatti, permane un divario retributivo del 13% tra uomini e donne. Per affrontare il tema, l’Ue ha varato la direttiva sulla Trasparenza salariale, che entrerà in vigore nel giugno 2026. Entro tale data, per ogni posizione aperta le aziende dovranno pubblicare quale sarà il range di stipendio, mentre i dipendenti potranno richiedere informazioni ai loro datori di lavoro, come i livelli salariali medi suddivisi per genere: un passo impegnativo per le imprese, ma un passo avanti per una società più giusta.
La trasparenza retributiva è uno strumento per colmare lo squilibrio informativo e per dare ai candidati maggiori informazioni su quanto possono aspettarsi di guadagnare e perché.
Come iniziare? Innanzitutto, sviluppando piani e strumenti che forniscano ai dipendenti dettagli sulla loro retribuzione e sulla fascia salariale relativa al loro ruolo.
In Swiss Re stiamo implementando la direttiva Ue prima del tempo. Negli Usa e in nove delle nostre sedi europee stiamo già condividendo in anticipo i livelli salariali per le posizioni aperte. E stiamo comunicando le fasce di retribuzione ai nostri dipendenti in Italia, Germania, Francia, Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Lussemburgo, Slovacchia e Spagna, mentre per gli uffici che non rientrano nell’Ue si parte nel 2025.
Riteniamo che questo sia un percorso che può generare maggiore impegno da parte dei collaboratori e consentire una misurazione oggettiva di quali sono gli squilibri retributivi in generale e quelli del gender gap in particolare. Inoltre, le aziende che valorizzano l’uguaglianza e la trasparenza possono avere un vantaggio competitivo sul piano delle risorse umane, specie in un mercato del lavoro sempre più complesso ed esigente.
Insomma, la trasparenza salariale non è solo questione etica, ma anche di business.
Ora, questa iniziativa necessita di tempo per essere implementata. E anche di regole e meccanismi per determinare in modo univoco i salari. I dipartimenti di Risorse Umane devono mettersi al lavoro.
E, per essere pronti a rispondere alle difficili domande che arriveranno, devono condurre audit sull’equità retributiva, monitorandone periodicamente il livello nell’organizzazione utilizzando analisi statistiche sia interne che esterne.
E se si tratta di una multinazionale, bisogna anche assicurarsi di essere in linea con le normative locali.
Il fatto è che la segretezza delle retribuzioni perpetua le disuguaglianze e i divari retributivi sia tra uomini e donne che tra etnie.
Al contrario, la trasparenza crea opportunità, non solo per i dipendenti, ma anche per le aziende impegnate a creare un ambiente di lavoro equo.
Non potrei desiderare niente di meglio per i miei figli che iniziano ora la loro carriera professionale.
Ed è qualcosa che deve valere per tutti, e per cui vale la pena lottare.
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