Ops Mps, cosa faranno i soci di Mediobanca (che sbrocca contro Caltagirone e Delfin)
Ecco come i vertici di Mediobanca hanno giudicato l'Ops di Mps.
Ecco come i vertici di Mediobanca hanno giudicato l’Ops di Mps.
“Mediobanca, cda contrario a Mps ma in Borsa il titolo cade del 4,4%”: con questo titolo oggi il quotidiano Il Gazzettino (uno dei giornali del gruppo Caltagirone) esulta per il flop borsisitico dell’istituto di Piazzetta Cuccia dopo che ieri il vertice di Mediobanca ha diffuso un ruvido e lungo comunicato di critica serrata verso l’Ops di Mps.
Ecco che cosa ha messo per iscritto la banca d’affari guidata dall’ad, Alberto Nagel (nella foto), come si muoverà l’istituto fondato da Enrico Cuccia e cosa sta succedendo ai soci che fanno parte del patto di consultazione che governa la banca milanese.
CHE COSA HA SCRITTO MEDIOBANCA DELL’OPS DI MPS
«L’offerta non è stata concordata ed è da ritenersi ostile e contraria agli interessi di Mediobanca»: questo uno dei passi salienti e tosti del comunicato di Piazzetta Cuccia emesso subito dopo il cda chiamato a un primo esame dell’operazione. Il comunicato – che spiega perché il consiglio giudica l’offerta «priva di razionale industriale e finanziario» – è stato approvato da 13 consiglieri su 15 (tutti indipendenti tranne il presidente Renato Pagliaro, l’ad Alberto Nagel e il direttore generale Saverio Vinci, rimarca il Sole 24 ore), «con l’astensione dei consiglieri Sandro Panizza e Sabrina Pucci», precisa la nota. Entrambi gli astenuti sono tratti dalla lista Delfin, presentata all’ultimo rinnovo del board nel 2023 con cinque nomi, e Pucci è anche uno dei due vice-presidenti dell’istituto (l’altro vice-presidente è Vittorio Pignatti).
ECCO I MOTIVI DEL NO DI NAGEL A LOVAGLIO
Mediobanca ha stimmatizzato la mossa di Mps, che ha avuto il beneplacito degli azionisti Mef, Delfin e Caltagirone, sostenendo che non ha valenza industriale, distrugge valore per gli azionisti di Mediobanca ma anche di Mps ed è «negativamente caratterizzata dalla difficoltà a determinare il valore intrinseco dell’azione della Banca Mps che presenta un patrimonio netto che fronteggia rilevanti attività fiscali, attività deteriorate e rischi di contenzioso legale (3,3 miliardi), indicatori di rischio peggiori rispetto alle altre banche italiane, rilevanti perdite pregresse, una marcata concentrazione geografica (70% filiali al centro-sud Italia) e di clientela (piccole e medie imprese), mancanza di fabbriche-prodotto». Ne deriverebbe, secondo i vertici di Piazzetta Cuccia, un indebolimento del modello di business dell’istituto focalizzato su attività specializzate quali il wealth management e l’investment banking.
«L’operazione – sottolinea la nota – non porterebbe nessun beneficio in questi segmenti, bensì un loro cospicuo deterioramento» e «comporterebbe un’immediata perdita della clientela bancaria e finanziaria e di parte di quella large corporate che migrerebbe verso boutique specializzate o banche estere», con ricadute in termini di perdite di ricavi e di risorse umane del gruppo.
I PIZZICOTTI DI MEDIOBANCA A MPS
Inoltre, secondo i vertici della banca milanese, l’operazione manca pure di razionale finanziario, in quanto recherebbe «un forte pregiudizio al profilo reddituale di Mediobanca, i cui utili su base stand alone sono previsti in crescita», come da piano in corso, «mentre il consensus vede per Mps un calo degli utili per la riduzione del margine d’interesse e il progressivo venir meno dei benefici fiscali». E comporterebbe «una diluizione dei multipli valutativi di Mediobanca per il venir meno della prevista crescita di ricavi e utili e dell’elevata redditività, doppia di quella futuribile di Mps al netto di un tax rate normalizzato».
LE CRITICHE A CALTAGIRONE E DELFIN
Il comunicato si conclude – secondo un approfondimento del Sole 24 ore firmato da Antonella Olivieri – puntando il dito sui «rilevanti intrecci azionari di Delfin e Caltagirone». In Mediobanca, segnala il comunicato arrotondando le partecipazioni «al decimale superiore», la holding della famiglia Del Vecchio detiene il 20%, Caltagirone il 7% («sulla base dello stacco del dividendo di novembre 2024»). In Mps, prosegue la nota, Delfin è il primo azionista privato con il 10%, mentre Caltagirone detiene il 5% (oltre a detenere il 5% di Anima holding, che a sua volta possiede il 4% di Mps). In Generali (di cui Mediobanca ha in portafoglio il 13%, ndr) Delfin ha il 10% e Caltagirone il 7%. E ancora: «La presenza degli stessi azionisti in Mps, Mediobanca e Generali nell’ambito di un’offerta esclusivamente in azioni configura una potenziale disomogeneità negli interessi rispetto al resto della compagine azionaria».
COSA SUCCEDE TRA I SOCI DI MEDIOBANCA E IL REBUS MEDIOLANUM
Ma che cosa succede al patto di consultazione che governa Mediobanca? Insomma che cosa faranno rispetto all’Ops di Mps i soci forti che sostengono l’attuale vertice di Piazzetta Cuccia? Alle dichiarazioni di Romano Minozzi, industriale delle ceramiche di Sassuolo, che si schiera apertamente con Siena, si sono aggiunte le notizie sulla vendita di una parte del pacchetto di azioni Mediobanca in mano a Beniamino Gavio, uno dei più grandi concessionari autostradali italiani, sottolinea Giovanni Pons del quotidiano Repubblica: “Mentre non è da associare all’offerta Mps la notizia che Mediolanum, la banca della famiglia Doris co-fondata con Silvio Berlusconi negli anni ‘80, avrebbe comprato azioni Mediobanca per lo 0,23% apportandole al patto di consultazione. Secondo la ricostruzione di Repubblica quelli di Mediolanum sono acquisti fatti durante il 2024 e comunicati solo adesso. La partecipazione di Mediolanum in Mediobanca è stata già trasformata da strategica a finanziaria ed è questa la logica entro la quale si muove ora la famiglia”. Tutta da verificare e chiarire la posizione di Mediolanum: gli analisti finanziari hanno anche compulsato le reazioni dei vertici di Forza Italia, con il leader Antonio Tajani che nella seconda dichiarazione sull’Ops ha attenuato gli ardori positivi, hanno osservato alcuni analisti finanziari contattati da Startmag.
Ha concluso Pons di Repubblica: “In ogni caso senza Minozzi ma con più Mediolanum il patto Mediobanca complessivamente sale all’11,62%, ma essendo solo di consultazione ognuno degli aderenti sarà libero di muoversi come meglio crede quando partirà l’Ops. Dietro le quinte è comunque già partita la caccia alle azioni dei fondi, che se apportassero un 15% all’Ops del Monte ne determinerebbero il successo, visto che un 35% tra Delfin, Caltagirone, Poste e Enpam è già in casa”.