L’Uzbekistan punta sui BRICS in cerca di una sua identità
Il viaggio di Business24 e di eToro oggi incontra l’Uzbekistan e il suo sogno di trovare un’identità di primo piano nel panorama delle repubbliche post sovietiche. Gabriel Debach, market analyst di eToro scatta una fotografia dell’economia della nazione dell’Asia centrale. Dal primo gennaio l’Uzbekistan è partner dei BRICS, quali saranno i principali vantaggi che la seconda economia dell’Asia centrale potrà trarre da questa alleanza? «La partnership con Uzbekistan si aggiunge alla serie di alleanze portate avanti dai BRICS di recente. Un passo che, oltre a presentare tutta la serie di vantaggi tradizionalmente associati all’ingresso nel blocco (l’accesso a nuovi mercati, l’opportunità di attrarre investimenti esteri e la possibilità di rafforzare il proprio peso geopolitico all’interno di un blocco sempre più influente nell’economia globale), anche interrogativi sulle implicazioni strategiche e sugli equilibri internazionali del Paese. In primo luogo, degno di nota è il fatto che la notizia non sia stata annunciata dal governo uzbeko, ma da Yuri Ushakov, consigliere del presidente russo. Questo dettaglio ha suscitato riflessioni sulla reale direzione strategica del Paese e sul suo posizionamento a livello internazionale: se, infatti, tale partnership si pone l’obiettivo di offrire piattaforma per dialogare su temi globali e consolidare legami con economie emergenti di rilievo, non bisogna dimenticare come il blocco sia spesso percepito come un contrappeso all’influenza degli Stati Uniti e al dominio del dollaro. L’ingresso nei BRICS, dunque, potrebbe influenzare significativamente la storica partnership strategica dell’Uzbekistan con gli Stati Uniti. In parallelo a tale alleanza, inoltre, il Paese sta perseguendo l’ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (in inglese World Trade Organization, WTO), di cui fanno già parte da alcune delle principali economie occidentali. Questa adesione rappresenterebbe un’altra opportunità di grande portata, soprattutto in termini economici, dal momento che cooperare con i 166 Paesi membri offrirebbe un contesto favorevole per la crescita del commercio e dell’economia uzbeka. Tuttavia, un coinvolgimento più profondo con i BRICS potrebbe rallentare il processo di adesione alla WTO. La partecipazione attiva nel blocco potrebbe infatti complicare i negoziati con le potenze occidentali, rendendo più difficile bilanciare gli interessi economici e geopolitici in uno scenario internazionale sempre più competitivo. Di fronte a queste dinamiche, quindi, l’Uzbekistan dovrà gestire con attenzione le sue priorità strategiche, cercando di massimizzare i vantaggi economici senza compromettere le relazioni con i partner storici». Report & analisi 18 Gennaio 2025 La svolta del Kazakistan arriverà con i BRICS? Quella kazaka è un'economia che potrebbe trovare il punto di svolta proprio nella sua alleanza con i BRICS 18 Gennaio 2025 grano brics Gabriel Debach analisi etoro kazhakistan cotone Guarda ora Quali sono i pilastri dell’economia uzbeka e quali le strategie adottate dal governo per potenziarli? «L’economia del Paese si basa su tre pilastri principali: l’agricoltura, in particolare per la produzione di cotone, l’industria tessile e l’industria mineraria, che sfrutta le ricche risorse minerarie della regione. Da queste fondamenta, il governo ha cercato di lavorare sull’efficientamento di infrastrutture e operatività per ottenere una maggiore diversificazione e aumentare il valore aggiunto
Il viaggio di Business24 e di eToro oggi incontra l’Uzbekistan e il suo sogno di trovare un’identità di primo piano nel panorama delle repubbliche post sovietiche. Gabriel Debach, market analyst di eToro scatta una fotografia dell’economia della nazione dell’Asia centrale.
Dal primo gennaio l’Uzbekistan è partner dei BRICS, quali saranno i principali vantaggi che la seconda economia dell’Asia centrale potrà trarre da questa alleanza?
«La partnership con Uzbekistan si aggiunge alla serie di alleanze portate avanti dai BRICS di recente. Un passo che, oltre a presentare tutta la serie di vantaggi tradizionalmente associati all’ingresso nel blocco (l’accesso a nuovi mercati, l’opportunità di attrarre investimenti esteri e la possibilità di rafforzare il proprio peso geopolitico all’interno di un blocco sempre più influente nell’economia globale), anche interrogativi sulle implicazioni strategiche e sugli equilibri internazionali del Paese. In primo luogo, degno di nota è il fatto che la notizia non sia stata annunciata dal governo uzbeko, ma da Yuri Ushakov, consigliere del presidente russo. Questo dettaglio ha suscitato riflessioni sulla reale direzione strategica del Paese e sul suo posizionamento a livello internazionale: se, infatti, tale partnership si pone l’obiettivo di offrire piattaforma per dialogare su temi globali e consolidare legami con economie emergenti di rilievo, non bisogna dimenticare come il blocco sia spesso percepito come un contrappeso all’influenza degli Stati Uniti e al dominio del dollaro. L’ingresso nei BRICS, dunque, potrebbe influenzare significativamente la storica partnership strategica dell’Uzbekistan con gli Stati Uniti. In parallelo a tale alleanza, inoltre, il Paese sta perseguendo l’ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (in inglese World Trade Organization, WTO), di cui fanno già parte da alcune delle principali economie occidentali. Questa adesione rappresenterebbe un’altra opportunità di grande portata, soprattutto in termini economici, dal momento che cooperare con i 166 Paesi membri offrirebbe un contesto favorevole per la crescita del commercio e dell’economia uzbeka. Tuttavia, un coinvolgimento più profondo con i BRICS potrebbe rallentare il processo di adesione alla WTO. La partecipazione attiva nel blocco potrebbe infatti complicare i negoziati con le potenze occidentali, rendendo più difficile bilanciare gli interessi economici e geopolitici in uno scenario internazionale sempre più competitivo. Di fronte a queste dinamiche, quindi, l’Uzbekistan dovrà gestire con attenzione le sue priorità strategiche, cercando di massimizzare i vantaggi economici senza compromettere le relazioni con i partner storici».
Quali sono i pilastri dell’economia uzbeka e quali le strategie adottate dal governo per potenziarli?
«L’economia del Paese si basa su tre pilastri principali: l’agricoltura, in particolare per la produzione di cotone, l’industria tessile e l’industria mineraria, che sfrutta le ricche risorse minerarie della regione. Da queste fondamenta, il governo ha cercato di lavorare sull’efficientamento di infrastrutture e operatività per ottenere una maggiore diversificazione e aumentare il valore aggiunto del prodotto finale. La coltivazione del cotone è fondamentale per l’Uzbekistan, che è il secondo produttore mondiale dopo gli Stati Uniti. La dipendenza da questa coltura, e le decisioni prese per garantirne l’irrigazione, hanno avuto però ripercussioni ambientali importanti, come la salinizzazione del suolo e la scarsità di acqua, con conseguenti impatti economici. Un esempio eclatante è il caso della desertificazione del Lago d’Aral, ora Mare d’Aral Settentrionale (situato in Kazakistan) e Mare d’Aral Meridionale (situato in Uzbekistan). Il governo ha avviato quindi politiche per diversificare le colture agricole, promuovendo prodotti come il grano, frutta, verdura e piante medicinali, modernizzare le tecnologie e incentivare l’impiego di metodi di coltivazione più sostenibili ed efficienti, così da ridurre l’impatto ambientale del settore. Questo aiuta a ridurre la dipendenza dal cotone e a migliorare la sicurezza alimentare. Molto importante per il Paese è anche l’industria tessile, correlata al cotone. L’industria cotoniera dell’Uzbekistan, un tempo sinonimo di lavoro forzato, è stata a lungo bandita dal mercato internazionale. Marchi e produttori occidentali come Levi’s, H&M e Adidas hanno evitato il settore cotoniero del Paese a causa delle continue pressioni esercitate dai gruppi per i diritti umani, che hanno portato a un boicottaggio internazionale del cotone uzbeko. Dal 2017, il governo ha attuato riforme radicali per modernizzare l’industria. Nel 2018 sono state introdotte ispezioni più severe sul lavoro e il sistema dei cluster del cotone – aziende integrate verticalmente che gestiscono l’intera catena produttiva, dall’agricoltura alla produzione di filati, tessuti e indumenti – ha iniziato a prendere forma. Nel 2020 sono state abolite le quote per il cotone e il salario minimo è stato stabilito dal governo in collaborazione con i sindacati e i datori di lavoro. Nello stesso anno, l’ILO ha riferito che il lavoro minorile sistematico era stato sradicato e non costituiva più un problema significativo. Da qui la revoca del boicottaggio nel 2022. Parallelamente, anche l’industria mineraria è un’area cruciale per l’economia di Tashkent: il Paese è l’ottavo produttore mondiale di oro e ospita la miniera a cielo aperto di Muruntau, una delle più grandi al mondo. Inoltre, l’Uzbekistan dispone di riserve significative di carbone, gas naturale, petrolio, uranio e metalli rari. La produzione di gas naturale, tuttavia, è in calo da alcuni anni, costringendo il Paese a ripiegare sul carbone per soddisfare il fabbisogno energetico interno, nonostante le preoccupazioni ambientali e sanitarie correlate. Nell’ambito estrattivo, sono stati quindi avviati progetti per modernizzare le infrastrutture, migliorare l’efficienza nella produzione e distribuzione di energia e ridurre le perdite nel settore del gas. L’Uzbekistan sta cercando, inoltre, di sviluppare fonti energetiche alternative, come l’energia solare e eolica, per diversificare le sue fonti di energia e ridurre la dipendenza da combustibili fossili, così come di attirare investimenti esteri nell’estrazione e lavorazione di risorse come oro, uranio e rame».
L’Uzbekistan è un Paese la cui politica è caratterizzata da una lunga storia di protezionismo e interventismo dello Stato in tutti i settori economici. Si tratta di una strategia che i vertici hanno intenzione di portare avanti oppure all’orizzonte si delinea un cambio di rotta?
«L’Uzbekistan, dalla sua indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991, ha mantenuto un elevato controllo sul mercato interno, limitando la concorrenza estera, proteggendo le industrie nazionali e gestendo direttamente molte risorse naturali e settori chiave dell’economia, come l’agricoltura, l’energia e le miniere. Tuttavia, a partire dal 2016, con l’arrivo del presidente Shavkat Mirziyoyev, c’è stato un segnale di cambiamento nelle politiche economiche. Mirziyoyev ha intrapreso, infatti, una serie di riforme per modernizzare l’economia, promuovere una maggiore apertura al mercato e, soprattutto, attrarre investimenti esteri. In una recente intervista a Global Finance, il Ministro degli investimenti, dell’industria e del commercio dell’Uzbekistan, Laziz Kudratov, ha ripercorso i cambiamenti che il governo ha introdotto, come la riduzione dell’IVA dal 20% al 12%, la creazione di zone economiche speciali, l’unificazione del tasso di cambio e la liberalizzazione del mercato forex. Tutto questo ha creato un ambiente più semplice per i partner internazionali accedere al Paese. Secondo il ministro, sono in programma ulteriori riforme legali volte a consolidare i diritti degli investitori, a rafforzare la trasparenza e a migliorare l’efficienza delle imprese. Integrandosi maggiormente con l’economia globale, in particolare attraverso l’adesione all’OMC, l’Uzbekistan mira a diventare una forza economica dinamica a livello regionale e globale. Un segnale dell’apertura dell’economia uzbeka si può trovare nei rapporti con l’Italia. Nel 2023 il volume degli investimenti italiani nel Paese è quadruplicato, complice la visita di Mirziyoyev in Italia in quell’anno, durante la quale sono stati firmati accordi per l’implementazione di nuovi progetti in campo energetico, agricolo e industriale. Nonostante i passi avanti e le forti ambizioni del Paese, ci sono ancora molte sfide che Tashkent deve affrontare, in particolare l’allentamento del massiccio controllo statale su elementi chiave dell’economia come la produzione del cotone e delle risorse naturali».
Anche grazie alla sua posizione geografica che lo ha reso una tappa centrale nella cosiddetta Via della Seta, l’Uzbekistan ha vissuto un notevole sviluppo economico negli ultimi decenni. Si può parlare di una rivoluzione economica?
«L’Uzbekistan si trova in una posizione strategica, all’incrocio delle principali rotte commerciali globali: collega l’Asia in espansione, l’Europa consolidata e il Golfo ricco di capitali. Questo vantaggio geografico rende l’Uzbekistan un hub naturale per facilitare il commercio est-ovest e naturalmente uno snodo importante nella Nuova Via della Seta. Tuttavia, sebbene l’Uzbekistan stia vivendo una fase di modernizzazione e crescita economica significativa, parlare di una “rivoluzione economica” potrebbe non essere ancora completamente giustificato. Il Paese sta sicuramente attraversando un’importante trasformazione, ma le sfide strutturali, le resistenze interne e il grado di interventismo statale indicano che il cambiamento è ancora in una fase di sviluppo»
Se queste tendenze di riforma e crescita continueranno, l’Uzbekistan potrebbe avviarsi verso un periodo di modernizzazione economica e sociale profonda nei prossimi anni conclude Debach, aggiungendo “diciamo che il potenziale non è stato ancora sfruttato a pieno”.
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