L’Ue dichiara guerra agli e-commerce (solo cinesi?)

Stop all'esenzione dei dazi per le spedizioni sotto i 150 euro e via libera a una tassa su tali importazioni in arrivo da Paesi extra-Ue. Ecco come la Commissione europea vuole frenare la marea di acquisti effettuati sugli e-commerce. Fatti, numeri e commenti

Feb 6, 2025 - 15:57
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L’Ue dichiara guerra agli e-commerce (solo cinesi?)

Stop all’esenzione dei dazi per le spedizioni sotto i 150 euro e via libera a una tassa su tali importazioni in arrivo da Paesi extra-Ue. Ecco come la Commissione europea vuole frenare la marea di acquisti effettuati sugli e-commerce. Fatti, numeri e commenti

 

Prodotti contraffatti o non conformi alla legislazione europea, concorrenza sleale e inquinamento ambientale. La Commissione europea ha proposto nuove misure per contrastare i rischi derivanti dalle importazioni di basso valore vendute attraverso rivenditori online e marketplace che ospitano commercianti extra-Ue.

Ma chi risentirà davvero di queste iniziative?

LA RIFORMA DELLE DOGANE

Ieri la Commissione europea ha fatto sapere che sta adottando delle azioni per rendere le importazioni degli e-commerce sicure e sostenibili. La riforma delle dogane, presentata nel 2023, è il punto di partenza. In particolare, tra le nuove norme è prevista “l’eliminazione dell’esenzione dai dazi per i pacchi di valore inferiore a 150 euro e il rafforzamento delle capacità di controllo, come una migliore condivisione dei dati e la valutazione dei rischi”.

L’eliminazione dell’esenzione dovrebbe portare alle autorità doganali 1 miliardo di euro in più all’anno. Non è invece ancora chiaro a quanto ammonterebbe la nuova tassa di gestione e come funzionerà.

“La Commissione – si legge – invita inoltre i colegislatori a prendere in considerazione ulteriori misure, come una tassa di movimentazione non discriminatoria sugli articoli di commercio elettronico importati nell’Ue direttamente ai consumatori, per far fronte ai costi crescenti della supervisione della conformità di miliardi di tali spedizioni alle norme dell’Ue”.

MAGGIORI CONTROLLI

La Commissione Ue incoraggia poi misure mirate per le merci importate, tra cui l’avvio di controlli coordinati tra le autorità doganali e di sorveglianza del mercato, nonché azioni coordinate sulla sicurezza dei prodotti.

L’intenzione è quella di proteggere i consumatori e far rispettare il Digital Services Act (Dsa), così come il Digital Markets Act (Dma) e tutti quei regolamenti che si rivolgono ai commercianti.

Bruxelles chiede anche un maggior utilizzo di strumenti digitali “attraverso il Passaporto digitale dei prodotti e nuovi strumenti di intelligenza artificiale per l’individuazione di prodotti potenzialmente non conformi”.

COSA VUOLE DAVVERO L’UE

Come affermano varie testate, tra cui Politico, si scrive “rivenditori online e marketplace che ospitano commercianti extra-Ue” ma si legge “e-commerce cinesi” come Temu, Shein e AliExpress.

I dati condivisi dalla Commissione mostrano infatti che l’anno scorso, circa 4,6 miliardi di spedizioni di valore inferiore ai 150 euro sono entrate nel mercato dell’Ue per un totale di 12 milioni di pacchi al giorno. Si tratta del doppio rispetto al 2023 e del triplo rispetto al 2022. Secondo Bruxelles, molte di queste merci sono risultate non conformi alla legislazione europea, sollevando preoccupazioni sulla pericolosità dei prodotti, le pratiche sleali, la contraffazione e l’impatto ambientale che hanno.

Politico aggiunge che il 91% di questi pacchi proviene dalla Cina.

SULLA SCIA DI TRUMP

L’idea della Commissione Ue ricalca quanto già fatto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il quale ha imposto ulteriori dazi a Pechino e messo fine all’esenzione de minimis prevista per le spedizioni di valore inferiore a 800 dollari.

Negli Stati Uniti, come in Europa, la decisione potrebbe favorire Amazon che, nonostante sia il più grande rivenditore e-commerce al mondo, non è stato immune all’avvento di Temu e simili, infatti, un rapporto del giugno 2023 ha stimato che i rivenditori cinesi rappresentavano oltre il 30% di tutti i pacchi esenti da dazi spediti negli Stati Uniti ogni giorno. E stando ai dati del Customs and Border Protection, nel 2024 sono entrate negli Usa circa 1,36 miliardi di spedizioni con la clausola de minimis, il 36% in più rispetto al 2023.

L’ESCAMOTAGE PER AGGIRARE I DAZI

Tuttavia, per ovviare il problema, gli e-commerce cinesi hanno in piccola parte adottato la stessa strategia messa in pratica da Amazon, ovvero spedire in massa dalla Cina le merci nei magazzini oltreoceano anziché recapitarle direttamente a casa dei clienti.

Già lo scorso marzo, ricorda Reuters, circa il 20% delle vendite di Temu negli Stati Uniti è stato spedito da venditori locali anziché dalla Cina e due venditori cinesi dell’e-commerce hanno riferito che alla fine dell’anno scorso la metà dei prodotti che vendevano negli Usa veniva inviata prima ai magazzini presenti nel Paese. Inoltre, stanno iniziando anche a diversificare la propria catena di approvvigionamento, aggiungendo fornitori in Brasile e Turchia.

Gli analisti di Nomura citati dall’agenzia di stampa, infatti, nonostante prevedano che il volume delle spedizioni de minimis verso gli Stati Uniti potrebbe crollare del 60%, ritengono che “Shein e Temu siano in grado di adattarsi rapidamente, data l’agilità delle aziende cinesi di e-commerce e delle loro catene di fornitura”. I due e-commerce, intanto, sono in attesa di sapere se saranno inseriti nella lista del dipartimento di Sicurezza nazionale di coloro accusati di “lavoro forzato”.

“Penso che ci sarà un impatto reale, soprattutto nel breve termine, ma non sarà catastrofico”, ha detto l’analista tecnologico Rui Ma. “La Cina ha gli operatori di e-commerce più competitivi e la catena di fornitura più avanzata. A meno di un divieto totale o di qualcosa di simile, credo che saranno in grado di risolvere la situazione”.

CHI NE FARÀ DAVVERO LE SPESE

Chi, invece, pagherà per l’abolizione dell’esenzione de minimis saranno le piccole imprese che importano componenti, parti o forniture in lotti inferiori a 800 dollari negli Stati Uniti e a 150 euro nell’Unione europea. Ecco perché per il professore di studi sulla moda e l’abbigliamento presso l’Università del Delaware, Sheng Lu, a soffrire saranno i piccoli e medi rivenditori online che si riforniscono dalla Cina, che hanno meno risorse per assorbire l’aumento dei costi e adattare la loro catena di approvvigionamento.