L’Ops Mps su Mediobanca piace al governo che punta a contare di più nel risiko bancario
Non solo questione d'immagine: il governo Meloni ha interessi concreti nel caso dell'Ops di Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca.
Il governo Meloni ha un interesse diretto nell’operazione Mps-Mediobanca, sia di tipo economico che politico. I potenziali vantaggi dall’Ops di Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca comportano guadagni e implicazioni strategiche per l’esecutivo. Il Governo, tramite il Tesoro, è infatti il principale azionista di Mps.
Innanzitutto, un nuovo grande polo bancario centrato sull’asse Mps-Mediobanca rafforzerebbe la competitività italiana nel settore, aiuterebbe a preservare posti di lavoro e porterebbe a un ampliamento dell’offerta di servizi finanziari.
Ma la maggiore competitività del sistema bancario italiano è solo uno degli aspetti cari al Governo.
Questione d’immagine
L’offerta pubblica di scambio volontaria per acquisire il 100% delle azioni di Mediobanca è valutata in totale 13,3 miliardi di euro, interamente in azioni. Offerta che Mediobanca considera “ostile”.
Nella partita c’entra anche Generali, di cui Mediobanca ha il 13,10%. Al di là delle ricadute finanziarie, ce ne sono anche molte di tipo politico.
La trasformazione di Monte dei Paschi di Siena da preda a predatore, con l’Ops su Mediobanca, segnala che il Governo considera l’istituto senese sufficientemente risanato e pronto per un ruolo di leadership. Questo potrebbe giustificare gli sforzi passati di salvataggio pubblico, migliorando la percezione dell’intervento statale tra i cittadini e nel sistema finanziario.
L’Ops Mps su Mediobanca andrebbe a rafforzare la narrativa relativa alla tutela degli interessi nazionali e alla gestione strategica del sistema bancario, con ricadute positive sul consenso elettorale per il Governo, come attesteranno i futuri sondaggi politici.
Tirando le somme, il Governo punta a dimostrare che il sistema bancario italiano può generare valore e che lo Stato può svolgere un ruolo di primo piano nella sua governance.
L’operazione invia un segnale positivo ai mercati, mostrando che il settore bancario italiano è uscito dalla crisi e ora può generare opportunità di crescita e valore.
Tutto questo, però, al netto delle critiche dell’opposizione che teme l’eccessiva politicizzazione del sistema bancario.
Più controllo sul settore finanziario
Il governo Meloni punta a rafforzare il controllo italiano sul settore bancario e assicurativo, paventando acquisizioni straniere o scenari in cui asset strategici potrebbero finire in mani non italiane. Mediobanca è un attore chiave, essendo il principale azionista di Generali.
La fusione Mps-Mediobanca permetterebbe al Governo di avere un’influenza più marcata sulle decisioni strategiche di Generali, proteggendo interessi nazionali nel campo assicurativo e finanziario.
Come indicato dal Ministro Giorgetti, l’obiettivo di lungo termine resta un’uscita ordinata dello Stato dal capitale di Mps. Rafforzare Mps con un’acquisizione strategica potrebbe aumentarne il valore e rendere più appetibile la cessione delle quote.
L’operazione consente al governo di esercitare un controllo indiretto su partite chiave come il progetto Generali-Natixis e i vari rivoli del risiko bancario in corso.
Consenso interno
Superati gli screzi interni alla maggioranza per la stesura della Manovra 2025, è ora il momento di ricompattare i ranghi: il governo sembra muoversi per mantenere il consenso interno alla coalizione.
L’operazione soddisfa, almeno in parte, le aspettative di Forza Italia, che auspica un’uscita dello Stato da Mps, e della Lega, che vede con favore un rafforzamento degli istituti bancari italiani, sebbene non si realizzi esattamente il piano di un asse Mps-Bpm.