Legge 104, per Cassazione lo Smart Working è diritto incontestabile
lentepubblica.it Una sentenza che rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei diritti dei lavoratori con disabilità: la Cassazione conferma che per i dipendenti che fruiscono della Legge 104 esiste un diritto incontestabile alla modalità di organizzazione tramite Smart Working. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 605 del 10 gennaio 2025, ha infatti stabilito […] The post Legge 104, per Cassazione lo Smart Working è diritto incontestabile appeared first on lentepubblica.it.
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Una sentenza che rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei diritti dei lavoratori con disabilità: la Cassazione conferma che per i dipendenti che fruiscono della Legge 104 esiste un diritto incontestabile alla modalità di organizzazione tramite Smart Working.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 605 del 10 gennaio 2025, ha infatti stabilito che il lavoro agile può costituire un “ragionevole accomodamento” per i lavoratori con disabilità, confermando il diritto di questi ultimi a vedersi garantite condizioni lavorative che evitino discriminazioni.
La vicenda trae origine dal ricorso di un dipendente con gravi deficit visivi, impiegato presso un’azienda del settore customer care. Dopo un primo rigetto da parte del Tribunale di Nola, la Corte d’Appello di Napoli ha accolto la richiesta del lavoratore, ordinando all’azienda di consentirgli di svolgere la propria mansione in modalità agile o presso una sede più vicina alla sua residenza.
La decisione si è basata sul principio di parità di trattamento, sancito dal decreto legislativo n. 216/2003, che impone al datore di lavoro di adottare misure adeguate per garantire l’inclusione dei dipendenti con disabilità.
Legge 104, per Cassazione lo Smart Working è diritto incontestabile
Secondo la Cassazione, l’obbligo di adottare accomodamenti ragionevoli implica una valutazione concreta della fattibilità del lavoro da remoto, tenendo conto dei costi per l’azienda, come l’acquisto di strumenti idonei e la formazione del personale. Tuttavia, tali oneri non devono risultare sproporzionati rispetto ai benefici per il lavoratore.
Nel caso specifico, l’esperienza maturata durante l’emergenza sanitaria ha dimostrato che la prestazione lavorativa poteva essere efficacemente svolta in smart working, rendendo tale soluzione praticabile e conforme alla normativa vigente. La Corte ha sottolineato che l’adozione di strumenti tecnologici, come software di lettura vocale e adattamenti ergonomici della postazione di lavoro, non comportano costi eccessivi per l’azienda rispetto al beneficio di garantire l’autonomia del dipendente.
Ha anche evidenziato che la continuità operativa dell’azienda non risulterebbe compromessa, poiché il lavoratore ha già dimostrato di poter adempiere ai propri compiti in modalità agile con successo.
L’azienda ha impugnato la sentenza, sostenendo che l’assegnazione alla sede più vicina alla residenza del dipendente fosse una decisione arbitraria, che le impediva di definire autonomamente le modalità di lavoro agile.
Inoltre, ha contestato l’assenza di un accordo individuale per l’attivazione dello smart working, come previsto dalla legge n. 81/2017, e la mancata possibilità di esercitare il diritto di recesso.
Le conclusioni dei giudici
La Cassazione ha respinto tali argomentazioni, ribadendo che la normativa europea e internazionale, tra cui la direttiva 2000/78/CE e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, impone l’adozione di soluzioni che favoriscano l’autonomia e l’integrazione lavorativa dei soggetti disabili.
La Corte ha chiarito che, in materia di discriminazione, l’onere della prova si configura in maniera specifica: il lavoratore deve dimostrare la disparità di trattamento, mentre spetta al datore di lavoro provare l’impossibilità di adottare misure alternative. Ha inoltre sottolineato che la previsione di un accordo individuale non può essere utilizzata come strumento per negare un accomodamento ragionevole, qualora le condizioni operative e organizzative consentano l’attivazione dello smart working senza pregiudizio per l’attività produttiva.
Questa sentenza rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei diritti dei lavoratori con disabilità, affermando il principio che le esigenze aziendali devono bilanciarsi con il diritto all’inclusione e alla parità di opportunità nel contesto lavorativo. Tale pronunciamento consolida un orientamento volto a garantire una maggiore equità nel mondo del lavoro, promuovendo l’accesso a soluzioni flessibili e inclusive.
Il testo della sentenza
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