Il successo di Emilia Perez si sta disintegrando, le 13 nomination all’Oscar seppellite da critiche e polemiche
“Su Internet Movie Database (IMDb) è il candidato al premio come miglior film con il punteggio più basso dal 1935" scrive l'Economist L'articolo Il successo di Emilia Perez si sta disintegrando, le 13 nomination all’Oscar seppellite da critiche e polemiche proviene da Il Fatto Quotidiano.
Emilia Perez, si salvi chi può. La quantità di polemiche che sono piovute negli ultimi due mesi sul film di Jacques Audiard non hanno egualEmilia Perez, si salvi chi può. La quantità di polemiche che sono piovute negli ultimi due mesi sul film di Jacques Audiard non hanno eguali nella storia di Hollywood. Iniziamo da ciò che sta accadendo in queste ore dal momento che la campagna di promozione del film agli Oscar – 13 nomination (14 ne ebbero Titanic, Eva contro Eva e La La land) – si sta letteralmente disintegrando.
Ricorderete tutti il “Gascon gate” ovvero i tweet “razzisti” del 2020 e 2021 che la protagonista del film, l’attrice transgender Karla Sofia Gascon, ha frettolosamente cancellato dopo che una giornalista li aveva recuperati pubblicamente dal web. Gascon se la prendeva con l’islamizzazione della Spagna, su come gli uomini musulmani rendono schiave le donne in pubblico (e non solo) e ironizzava in modo conclamato sui luoghi comuni riguardante la popolazione cinese. Nel mirino dell’attrice spagnola erano finiti anche George Floyd (trattato non proprio con umana pietà) e anche tutto il politicamente corretto sorto ad Hollywood negli ultimi anni compresa la “miserabile” notte degli Oscar del 2021. Insomma l’effetto paradossale, per la prima attrice trans gender nominata all’Oscar come miglior attrice, era quello di avere posizioni ultraconservatrici quando lei è stata tra le prime a beneficiare del nuovo corso pro minoranze dell’Academy.
Ebbene, nel breve volgere di 48 ore Gascon aveva prima tolto dal web i suoi canali social e poi aveva chiesto scusa, ma tutto ciò non sembra essere bastato alla produzione Netflix tanto che l’attrice è scomparsa dagli appuntamenti ufficiali dell’ultimo mese per l’avvicinamento agli Oscar, dove peraltro Gascon è candidata – e fino allo scandalo dei tweet era pure semplicemente la favorita – come miglior attrice protagonista. Secondo Variety, addirittura, Netflix non solo non parla più direttamente con la Gascon ma non coprirà, e non copre già più, le sue spese di viaggio, vitto, alloggio, abbigliamento e trucco dove l’attrice si presenterà a ritirare premi o effettuare discorsi per la sua interpretazione in Emilia Perez. Questi, insomma, i fatti delle ultime ore che diventano paradossalmente quisquilie di fronte alle polemiche sollevate dall’uscita del film in Messico.
Il plot del film vede un violento boss del narcotraffico messicano (la Gascon) che con l’aiuto forzato di un’avvocatessa (Zoe Saldana) ingaggia un medico che la operi per diventare donna. Emilia Perez è un film a produzione totalmente francese, con un’ambientazione messicana ricostruita interamente in teatri di posa francesi, ma soprattutto con attori perlopiù non messicani quindi spagnoli come la Gascon o americani che parlano male il messicano. Non una cosina da nulla per un paese da 130 milioni di abitanti che, infatti, non sembrano aver apprezzato per nulla il Messico e le messicanate reinventate da Audiard&Co. tanto da averlo reso oggetto di sbertucciamenti e parodie online come di severe critiche etiche. Sul celebre quotidiano spagnolo El Pais vengono sottolineati diversi pareri critici (simili al nostro) dove si segnala che Emilia Perez “soffre di un’esecuzione goffa e di una regia poco brillante”, ma anche velenosamente che “la rappresentazione di un boss violento che cerca di trasformarsi in una donna benevola sembra una progressione naturale nella carriera di Audiard”.
Rodrigo Prieto, affermato direttore della fotografia di tre quarti della filmografia di Iñarritu (Amores Perros, giusto per rimanere in Messico), Barbie e Killers of the Flower Moon ha criticato duramente il film. Sebbene abbia elogiato l’aspetto musicale e non abbia espresso alcuna opposizione al fatto che registi stranieri raccontino storie sul Messico ma ha affermato che “non assumere uno scenografo o uno stilista messicano, o almeno alcuni consulenti locali”, ha reso la storia “in autentica”. L’attivista trans dominicana, Mikaelah Drullard, ha invece spiegato che l’utilizzo del musical sia stata una scelta di genere di cattivo gusto. “Non ce li vedo i genitori dei 43 studenti scomparsi nel 2014 ad Ayotzinapa cantare a un tavolo ‘Dove sono i miei figli che l’esercito ha fatto sparire?’ insieme alla glorificazione della vaginoplastica utilizzata come forma di redenzione per il carnefice”.
Sull’Economist è stato pubblicato invece un articolo al vetriolo sul film di Audiard che, ricordiamo, nasce durante il Covid sottoforma di libretto d’opera e solo successivamente si trasforma in film. “Hollywood ne è infatuata, ma il pubblico no. Le recensioni degli spettatori sono state feroci”, è scritto sul blasonato foglio inglese. “Su Internet Movie Database (IMDb) è il candidato al premio come miglior film con il punteggio più basso dal 1935, con un punteggio di sei su dieci. Su Rotten Tomatoes, che aggrega le opinioni di critici e pubblico, il punteggio di approvazione del pubblico è solo del 23%. Gli altri nove candidati al premio come miglior film ottengono un punteggio compreso tra il 75% e il 99%. Il punteggio del film su Rotten Tomatoes è sceso dal 75% di dicembre, prima dell’uscita in Messico, dove gli spettatori non ne erano rimasti impressionati”, è scritto sull’Economist. “Parte di questo calo è spiegato dal “review bombing”. Ciò può accadere quando i film affrontano argomenti scottanti. The Promise (2016), sul genocidio armeno, ha visto la sua pagina IMDb invasa da migliaia di valutazioni di uno su dieci da parte di utenti in Turchia; in risposta, la maggior parte degli armeni gli ha dato il punteggio pieno, con un punteggio complessivo mediocre”.
Insomma, Emilia Perez non solo si candida ad essere il film più divisivo tra pubblico e critica, ma divisivo perfino in casa propria dove oramai produzione e attrice protagonista nemmeno più si tollerano. Bel viatico per un Oscar – almeno quello per la miglior attrice e il miglior film – che si allontana minuto dopo minuto sempre di più.
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