Il Globo si conquista passo dopo passo: intervista a Ele A

Intervista a Ele A: un giro da "Globo EP" alla sua visione artistica, costruendo il proprio percorso tassello su tassello L'articolo Il Globo si conquista passo dopo passo: intervista a Ele A proviene da Boh Magazine.

Gen 26, 2025 - 13:13
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Il Globo si conquista passo dopo passo: intervista a Ele A

Il 2023 ha regalato nuova musica e nuovi nomi da tenere d’occhio e senza dubbio Ele A è uno di questi. Classe 2002, da Lugano ha riportato sotto l’attenzione di tutti le radici che hanno fatto innamorare il pubblico di questo genere, firmandolo con rime e stile a pacchi in un modo tutto suo.

In occasione del suo live del 2 luglio al Flowers Festival, in apertura ai Coma Cose, ho intervistato Ele A, parlando della crescita del suo percorso, della sua visione della musica e di molto altro.

Il ritratto che ne esce è di impatto e solido, come la sua musica e la sua visione di crescita senza scorciatoie e compromessi: della serie, Ele A non si piega come un Galaxy Z Flip, preferisce spaccare tutto come un Nokia 3310.
Dalla data dell’intervista ha già compiuto passi avanti: una collaborazione che sa di consacrazione con due mostri sacri come DJ Shocca e Guè, seguita dal singolo Tennis Club.

Allaccia la cintura e mettiti comodo: buona lettura.

Prima di cominciare: Biografia e discografia di Ele A

Stasera suonerai al Flowers Festival e sarà la tua prima data a Torino, come ti senti?

Sono molto in hype perché il contesto mi piace molto. Il mio produttore, Disse, che sarà il mio dj stasera, ci è già stato qualche anno fa come pubblico e ha detto che la vibe era veramente stilosa, sono curiosa.

Che valenza ha per te la dimensione live?

La massima, è completare il cerchio. Adesso tutti i brani che faccio penso sempre come saranno dal vivo, mi è capitato di vedere live in cui non conoscevo neanche l’artista e diventare fan. È importante che sia un bel momento, come pubblico per me è una delle cose più belle vedere un concerto, è un momento di freedom totale. Per questo ci tengo a dare un’esperienza per cui valga la pena.

C’è stato qualche live in particolare che ti ha segnata?

Al Mi Ami è stata una delle prime volte dove il pubblico sapeva le canzoni. Uno dei live più fighi è stato in un paesino sperduto nelle montagne nella parte della Svizzera romanda. Non c’era niente, eravamo in cima a una montagna, su questo palco di legno. Il pubblico non capiva l’italiano ma saltava, erano tutti presi benissimo e dopo un po’ hanno imparato i ritornelli.

Anche a La Prima Estate Festival, al Lido di Camaiore, in apertura di Metro Boomin, i pronostici erano brutti perché i commenti sotto l’apertura erano tipo che vergogna aprire un mostro sacro. In realtà sono stati molto carini e c’erano diverse persone che sapevano tutti i pezzi, sono cose che mi fanno super piacere.

Foto di Ele A in concerto per il suo Globo Tour
Ele A con Disse in concerto al Flowers Festival (foto di Nicolas Salsotto)

Il live è anche un modo per andare a testare la solidità della propria base, immagine che hai dato diverse volte all’interno di Globo EP

Ho visto tanti giovani esplodere durante il Covid, partivi da 100, dai palchi giganti e nessuno riesce a reggere quella cosa lì. Io sono molto fan dei percorsi che partono dai posti più scrausi per costruire tassello su tassello: richiede più tempo e più pazienza, ma nel lungo termine ripaga.

Come mai hai questa visione?

Forse perché ho paura di non essere all’altezza, sicuramente partendo dal basso basso è meno facile cadere di faccia. Ho iniziato pochissimo tempo fa a rappare, seriamente 3 anni fa, ho tantissimo da imparare e non voglio fare il passo più lungo della gamba perché non credo di avere ora le capacità per farlo e reggere il peso di quello che poi c’è dopo. Andare con calma cercando di non schiantarsi.

Io ho suonato nei peggiori bar come le migliori star
Perché puoi andare più su se la base è solida Ele A, Disse – Record Deals

Hai suonato anche al Sziget Festival, come è successo e come è stato?

Assurdo che siamo riusciti a combinare, è stata una delle prime date che abbiamo chiuso. Andrea, il mio manager, l’ho conosciuto ad aprile 2022 e mi aveva detto che c’era la possibilità di fare delle date. A me andava bene tutto e lui dopo una settimana mi dice della possibilità di suonare allo Sziget, ho visto tutti sti nomi colossali e ho detto “che c’entro qui dentro?”. Sono stata l’unica artista svizzera e vedere anche solo il mio nome sulla locandina è stata incredibile. È stata un’esperienza figa anche assistere al festival.

Ho fatto altre date e mi sono resa conto che lo standard è abbastanza basso per il rap, non ci si aspetta chissà cosa, ma per il mio standard non ero preparata a sufficienza. Quest’anno voglio allenarmi di più per dare un’esperienza dove riguardo i video e dico “ci sta”. Mi è successo di vedere dei video di miei live dove non mi piacevo a livello di fiato – sono stata anche asmatica e non aiuta – e di intonazione, come era strutturato il live e anche presenza scenica.

Che tipo di live vuoi portare adesso e che tipo vorresti arrivare a portare?

Che voglio portare ora, sicuramente con un controllo del fiato migliore. Il live quest’anno è strutturato come un continuo crescendo, vorrei prendermi il mio tempo perché nei live dell’anno scorso pensavo sempre ad intrattenere il pubblico, quest’anno vorrei prendermi i miei momenti per respirare.

Vorrei fare una performance clean, senza sbavature, cercando di avere energia per trasmetterla agli altri. Anche se il pubblico non è super caloroso vorrei fare il mio show, senza badare alle energie che mi restituisce il pubblico. Questo l’anno scorso mi ha bloccata. Il live che vorrei portare idealmente è con la band, che porta un’energia diversa. Mi piace tantissimo suonare in compagnia, ho suonato anche io in orchestra il violoncello. Sono anche molto fan delle grafiche stilose, luci che sono super importanti.

Ad aprile è uscito il tuo EP Globo che ha attratto l’attenzione sia del pubblico, sia di grandi artisti italiani: come hai vissuto questo periodo?

Faccio fatica a realizzarlo, non ho incontrato molte persone dal vivo. Ad esempio Tananai al Love Mi mi ha beccato e mi ha fatto i complimenti. Sono più messaggi e io faccio fatica a concretizzarlo nella mia testa, è una cosa piatta. Gli altri me lo dicono sempre ma per me è come se non fosse mai successo. Le persone che ascolto da quando sono piccola, che mi hanno fatto conoscere il rap e che mi hanno fatto iniziare a scrivere non sto realizzando che mi stanno scrivendo grande, hai spaccato.

L’ho vissuta bene, non mi sono sentita pressioni addosso, cosa che credo sia un bene. Spesso sotto pressione si fanno cose che non si vorrebbero fare, non ci si prende i propri tempi. Sento la pressione con me, mi capita spesso di deludere le mie stesse aspettative, procrastino molto, sono molto pigra e ho paura di fare un prossimo progetto che a me non soddisfa e non piacerebbe nemmeno agli altri a quel punto.

Che rapporto hai con i social?

Di odio totale. Riconosco che senza i social sarei ancora nella mia cameretta, però sono troppo inquinanti per me. C’è chi li sa gestire e non conosco molte persone che sanno farlo, è difficile trovare un limite, credo che ti tolgano più di quanto ti danno. Anche chi lavora dietro le quinte, se lavori con il telefono e te lo porti a casa non finisci mai di lavorare. Cambi posto ma sei sempre al lavoro.

I commenti poi sono così decisivi, i like cosi decisivi è molto dannoso per l’arte perché si fa tutto in funzione di quello. Se stai cercando di emergere, chiaramente ci pensi a quelle cose. Mi fanno stare male, adesso ho comprato un Nokia che ha WhatsApp che uso per lavoro e Instagram entro solo di sera e rispondo a tutti. Ci perdo tantissimo tempo, è una dipendenza.

L’anno scorso stavamo discutendo con Andrea di bannare i telefoni in futuro ai live. È una roba peso perché alla fine è tutta pubblicità, rischi di tirarti la zappa sui piedi. Vedere la gente che non si gode il concerto, questa marea di telefoni, video che servono solo da far vedere agli altri. Sono fan di fare i video ma tutto il tempo così non riesci a goderti il concerto. Ero stata a un concerto e ho guardato tutto il live tramite il telefono di un’altra persona. Un’altra cosa è che non vedo i messaggi, se entro la sera c’è una sfilza di messaggi e molti li perdo. Mi è capitato di ghostare persone che non dovevo.

Nel progetto è risaltata l’attitudine old school ma non c’è solo quello, penso magari a Uno9999. Quali sono le tue influenze artistiche?

Partendo dalle fondamenta, io vengo proprio dall’hip hop. Ho iniziato ad ascoltare rap con i QVC di Gemitaiz. Questo mio amico di Varese, perché da noi in Ticino non si ascoltava Gemitaiz, mi fece sentire Superman pt.2. Il mio produttore mi dice se mi ricordo una hit ma in realtà la mia generazione non l’ha mai incrociata, anche Mondo Marcio la mia generazione l’ha recuperato dopo. Ho ancora i diari in cui scrivevo tutto il testo di Gemitaiz.

Ho scoperto il rap americano old school, ho ascoltato un sacco Mattak che era tipo il mio idolo e lo è ancora, mega tecnico. Ho scoperto Biggie e mi si è aperto un mondo. Ho avuto la fortuna di incontrare Disse, il mio produttore, che era già molto preso della drum’n’bass, ne sa tanto di jungle e robe così. Grazie a lui ho concretizzato questa idea che avevo. È stata una fusione di idee.

In Record Deals parli dell’industria discografica, trattata raramente in questo modo. Che rapporto hai con questa tematica?

Spero non sia passato il messaggio sbagliato. Se una persona o una label si sente presa in causa dal testo vuol dire che ha la coscienza sporca. Io sono fan delle label: svoltano la vita a persone che non hanno possibilità economica, perché non tutti hanno la possibilità di andare in studio. Un’etichetta discografica ti svolta la carriera e può essere una grande base da cui partire.

Negli ultimi anni è nato il modus operandi della quantità e non qualità che è sempre dannoso per chi ci lavora e per gli artisti. Il pezzo è tratto da tante storie vere, ho visto tanti ragazzi venire scammati.
Spesso non si conosce il mondo delle etichette, io ho guardato tutti i video di Italia Music Lab, i legali, gli avvocati che parlavano. Bisognerebbe fare più informazione in Italia per combattere situazioni in cui l’azienda si approfitti. È colpa anche della narrativa USA, loro che firmano contratti da un milione, è l’unica reference che abbiamo e si pensa che quando firmi hai fatto i soldi.

Ci tengo a fare informazione perché mi spiace vedere potenziale inquinato da queste dinamiche lavorative sbagliate, spesso chi sta dietro non si rende conto che l’artista è una persona sensibile ed è facile buttarla giu. Ho visto tanti ragazzi che hanno smesso di fare musica dopo esperienze brutte con delle etichette ed è un peccato. Io stessa non sapevo nulla, se non mi fossi informata a quest’ora non sarei qui sicuramente.

Fotte il cash del contratto e poi dovrei ridarli
Non hai ancora capito che in ‘sto mondo nulla è gratis
Tantomeno gli avvocati, se capisci la legge, sei sveglio
Sennò occhio alle clausole, devi leggere meglio Ele A, Disse – Record Deals

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Secondo te cosa potremmo fare per andare a migliorare il dibattito musicale a livello social?

È abbastanza utopica come risposta ma la soluzione a tanti problemi è l’educazione. Non tutti riescono a empatizzare e questo è un grande limite del commento che diventa spesso un modo per sfogare le proprie frustrazioni. Non porta nulla sul tavolo come discorso, se commenti la foto di un cantante random a caso dicendo “che schifo” non dai nessun tipo di informazione critica che può essere sfruttata per migliorare. I commenti peggiori sono sotto ai post delle radio, se guardi i commenti sotto la maggior parte sono insulti, vai a vedere i profili e sono tutte persone quasi over 60, quindi non abituati alla dinamica social.

Spero sia un problema di abitudine, è una cosa nuova: tutti possono dire la loro, magari prima era la bar, ora è estremizzato e tutti la vedono. I commenti sotto aiutano l’algoritmo anche se sono negativi ma ti influenzano. L’altra cosa è l’empatia ma non si può insegnare, se non hai avuto un’educazione famigliare che prevede questa cosa è difficile acquisirla, non realizzi che l’altra persona è una persona e ha dei sentimenti che potrebbero essere feriti come i tuoi.

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Conclusioni

Alla luce di quanto è emerso dalla nostra chiacchierata, diventa intuitivo capire come mai Ele A è riuscita a spiccare in questo modo: il successo non è un obiettivo, ma la conseguenza di un lavoro solido.
Nell’intervista viene a galla a più riprese l’attenzione al vissuto dell’artista, un aspetto troppo spesso sottovalutato nel panorama musicale italiano. Sui social è tutto bello, ma dietro c’è molto di più e nella vita di tutti esistono alti e bassi, lati positivi e negativi.

Le premesse per fare bene ci sono tutte e non posso fare a meno di essere curioso di vedere i prossimi tasselli che costruiranno il suo percorso.
In bocca al lupo Eleonora, the world is yours.

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