Giornata della protezione dei dati, il 26% degli italiani non si preoccupa della privacy altrui. I risultati dell’Osservatorio di Fondazione per la Sostenibilità Digitale

Secondo il sondaggio "Sustainable Privacy and Security", assistiamo ancora a un divario di digitalizzazione tra piccoli e grandi centri. I più digital e attenti alla sostenibilità si dimostrano i più scrupolosi: il 40% verifica sempre l’impatto delle proprie azioni, e il 46% lo fa con regolarità

Gen 28, 2025 - 10:28
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Giornata della protezione dei dati, il 26% degli italiani non si preoccupa della privacy altrui. I risultati dell’Osservatorio di Fondazione per la Sostenibilità Digitale

Nella Giornata europea della protezione dei dati, quanto gli italiani si preoccupano della propria sicurezza online? E quanto del rispetto della privacy altrui? Ancora incombe nel nostro Paese il fenomeno del “digital divide”? E in che misura? A queste domande risponde una ricerca della Fondazione per la Sostenibilità Digitale “Sustainable Privacy and Security”, che fotografa il comportamento degli italiani che vivono nei grandi centri urbani e nei piccoli comuni rispetto ai temi della privacy e della sicurezza in rete.

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Esiste ancora il digital divide?

I risultati che emergono dalla ricerca confermano che esistono palesi differenze tra grandi centri urbani e piccoli comuni: nelle città si presta maggiore attenzione alla privacy, mentre nei piccoli centri, a causa di un digital divide culturale e di una minore consapevolezza dei rischi, il tema è meno toccante. In termini di sviluppo tecnologico, privacy e percezione degli italiani, l’Osservatorio rivela che un italiano su quattro (25%) ritiene indispensabile ripensare la privacy nell’era digitale, mentre il 24% non condivide questa necessità. Nei grandi centri, il 30% della popolazione è convinto dell’importanza di ridefinire il concetto di privacy, contro un 20% che si non lo ritiene necessario. Percentuali invertite nei piccoli centri dove, invece, il 29% degli abitanti non ritiene necessario un cambiamento, mentre il 19% lo considera importante.

Sono gli effetti del digital divide culturale: i grandi centri, più esposti alle sfide tecnologiche e ai temi legati alla privacy, percepiscono la questione come più urgente, mentre nei piccoli centri appare meno rilevante. I cittadini digitalizzati e sensibili alla sostenibilità mostrano maggiore fiducia nel cambiamento (36% convinti contro 16% scettici) mentre chi non utilizza il digitale ma è attento alla sostenibilità riconosce il potenziale impatto delle tecnologie, pur manifestando maggiore cautela. Preoccupante è la posizione di coloro che non sono digitalizzati né sostenibili: il 40% degli intervistati, ovvero 4 italiani su 10, appare ignaro o indifferente al problema.

Social network, si riconoscono i rischi?

I social network come Facebook, Google, TikTok e Snapchat sono percepiti da molti italiani come strumenti con un potere eccessivo nel condizionare i comportamenti. Complessivamente, il 52% degli intervistati ritiene che questa influenza sia significativa, il 23% la considera molto elevata, mentre il 25% la giudica irrilevante.

Nei grandi centri urbani, la preoccupazione è più marcata: il 31% degli intervistati ritiene che i social esercitino un forte potere, rispetto al 15% dei paesi, dove il 32% considera l’influenza delle piattaforme poco o per nulla rilevante. Le opinioni sono simili tra i diversi gruppi analizzati (concordano sull’influenza dei social tra il 52% e il 59%), ma la fascia dei meno digitalizzati e meno sensibili alla sostenibilità, soprattutto nei piccoli centri, mostra una consapevolezza molto ridotta: solo il 5% di loro riconosce un elevato potere alle piattaforme. Questo dato evidenzia una vera e propria disconnessione culturale e una limitata esposizione a tali dinamiche.

Per quanto riguarda la regolamentazione, emerge una situazione di incertezza e incoerenza: il 22% degli italiani richiede interventi governativi più rigidi, percentuale che aumenta al 29% nei grandi centri e scende al 16% nei piccoli centri. Complessivamente, circa il 50% degli intervistati concorda sulla necessità di una regolamentazione più severa. Tuttavia, nei paesi, il 62% ritiene che le regole interne alle piattaforme siano sufficienti, nonostante il 68% degli stessi intervistati avesse precedentemente richiesto norme più rigide.

Nelle città prevale una visione più coerente e consapevole: il 50% degli intervistati si oppone alla sola autoregolamentazione delle piattaforme, rispetto al 38% dei piccoli centri.

Attenzione alla privacy

Il Rapporto evidenzia che solo il 24% degli italiani presta sempre molta attenzione alla privacy altrui quando pubblica contenuti online, mentre il 50% dichiara di farlo “abbastanza” e il 26% non se ne preoccupa affatto. Nelle grandi città, la percentuale di chi verifica sempre l’impatto sulla privacy degli altri sale al 31%, ma scende al 17% nei paesi, dove il 32% non presta alcuna attenzione (contro il 20% dei grandi centri).

Le persone digitalizzate e attente alla sostenibilità si dimostrano le più scrupolose: il 40% verifica sempre l’impatto delle proprie azioni, e il 46% lo fa con regolarità. Anche gli utenti non digitalizzati, ma sensibili alla sostenibilità, pur avendo meno competenze digitali, mostrano una discreta attenzione alla privacy altrui quando pubblicano sui social.

La protezione della privacy è percepita come una priorità per il 34% degli intervistati, mentre il 20% non la considera tale. Questa percezione varia significativamente tra grandi e piccoli centri: nei primi, il 45% concorda sull’importanza della privacy e solo il 14% è in disaccordo; nei secondi, invece, appena il 22% considera la privacy una priorità, mentre il 27% la giudica poco importante.

Spostando l’attenzione sul rapporto tra privacy e personalizzazione dei servizi digitali, emerge una certa ambivalenza: il 45% degli italiani ritiene che la privacy sia “poco o per nulla” sacrificabile rispetto alla personalizzazione, ma nei piccoli centri questa percentuale scende al 39%, con il 50% che si rifugia nella risposta intermedia, “abbastanza”. Questo dato evidenzia un’incertezza culturale e una difficoltà nel comprendere le implicazioni delle tecnologie di personalizzazione sulla tutela dei dati personali. Nelle grandi città, invece, le opinioni appaiono più definite: il 52% respinge fermamente l’idea che la personalizzazione debba prevalere sulla privacy, segno di una maggiore consapevolezza dei rischi legati alla manipolazione dei dati personali.

In generale, i dati rivelano che, sebbene la privacy sia riconosciuta come una priorità, nei piccoli centri questo tema non sembra ancora radicato. Qui, l’attenzione alla protezione dei dati appare percepita come una questione astratta o lontana, a differenza delle grandi citttà,dove l’importanza della privacy è più consolidata.

Nei grandi centri, inoltre, il 56% degli intervistati ritiene che la responsabilità dei contenuti sui social debba ricadere sugli utenti che li producono: una posizione decisamente più diffusa rispetto ai piccoli centri, dove la percentuale scende al 41%. Al contrario, nei paesi, il 23% attribuisce allo Stato il compito di controllare i contenuti, contro appena il 10% nei grandi centri. In entrambi i contesti, circa un terzo degli intervistati considera le piattaforme social corresponsabili nella moderazione dei contenuti. Questa differenza di vedute riflette una maggiore fiducia nelle istituzioni nei piccoli centri, mentre nelle grandi città prevale una visione più decentralizzata, probabilmente legata a una maggiore alfabetizzazione digitale e consapevolezza delle dinamiche online.