Garlasco, respinto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo il ricorso di Alberto Stasi
L'uomo è stato condannata a 16 anni per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi, massacrata a Garlasco (Pavia) il 13 agosto del 2007 L'articolo Garlasco, respinto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo il ricorso di Alberto Stasi proviene da Il Fatto Quotidiano.
Si chiude un altro, forse l’ultimo capitolo “giudiziario” nell’ambito del processo per l’omicidio di Chiara Poggi. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha dichiarato irricevibile il ricorso con cui si chiedeva di annullare la condanna definitiva a 16 anni di reclusione presentato da Alberto Stasi, l’ex studente della Bocconi che sta espiando la pena con l’accusa di aver ucciso la fidanzata a Garlasco (Pavia) il 13 agosto del 2007.
Nel ricorso Stasi lamentava la violazione dei suoi diritti in quanto nel secondo giudizio di appello non sarebbero stati sentiti un paio testimoni su alcuni argomenti richiesti dalla sua difesa. Sul punto la Cassazione nel 2018 aveva già rigettato un ricorso straordinario ribadendo che non c’erano stati errori. Stasi, che già da tempo lavora all’esterno del carcere di Bollate, dovrebbe chiudere il suoi debito con la giustizia, scontando la pena, tra circa tre anni e mezzo. Nel marzo del 2021 era stata respinta anche una richiesta di revisione.
“Spero che questa decisione ponga una volta per tutte la parola fine a questa vicenda giudiziaria”, ha il commentato l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia di Chiara Poggi. Nel dichiarare irricevibile, in quanto manifestamente infondato, il ricorso la Cedu, tra l’altro, ha considerato “che la decisione della Corte d’assise d’appello di rinvio di non sentire nuovamente B. non abbia compromesso l’equità del procedimento penale a carico del ricorrente, considerata nel suo complesso”.
Dopo due assoluzioni in primo e secondo grado, per Stasi era arrivata la condanna a 16 anni. Era il 13 agosto 2007 quando il giovane, all’epoca studente della Bocconi, chiamò il 118 per denunciare la morte della fidanzata, 26 anni, massacrata nella villetta di Garlasco, dove la ragazza viveva con la famiglia. “Un’ambulanza in via Giovanni Pascoli a Garlasco”, “credo abbiano ucciso una persona. Ma forse è viva… non lo so”, disse all’operatore. Quando i soccorsi arrivarono il cadavere era riverso sulle scale della cantina con il cranio fracassato.
Due giorni dopo il funerale, il 20 agosto, Alberto Stasi aveva ricevuto un avviso di garanzia: il reato contestato era quello di omicidio volontario. Poi la perquisizione della casa, i sequestri delle sue tre auto e due biciclette, il cambio degli avvocati e il ritrovamento di tracce del Dna compatibile con quello di Chiara che portarono alla firma del fermo per omicidio volontario da parte del pm Rosa Muscio, non convalidato dal gip, Giulia Pravon, in mancanza di prove. Infine gli appelli, che sembravano non finire più. L’assoluzione in primo e secondo grado in abbreviato: nel 2009 per “mancanza di prove”, confermata nel 2011, annullata nel 2013 e rovesciata il 17 dicembre 2014 con la condanna a 16 anni.
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